Pubblicato il 12/11/2015, 13:32 | Scritto da La Redazione
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Tonfo di Mediaset. A Piazza Affari non piacciono i conti – Dirigenti pagati per non lavorare. Rai beffata: li dovrà risarcire

Rassegna stampa: La Stampa, pagina 18, di R.E.

Tonfo di Mediaset. A Piazza Affari non piacciono i conti

Deludono costi e raccolta pubblicitaria.

Mediaset paga cara l’esclusiva della Champions League anche a Piazza Affari. I maggiori ammortamenti sui diritti televisivi e l’incremento dei costi operativi fanno scivolare pesantemente il titolo del Biscione in Borsa, che chiude in calo del 9,45% a 4,27 euro. A deludere sono soprattutto i costi operativi e di ammortamento dei diritti televisivi oltre le attese, con il rischio che incidano sulle previsioni di utile già molto ridotte per quest’anno e per il 2016. Per il Biscione sono in calo le spese per il personale, all’interno di un programma di contenimento dei costi che ha avuto risultati superiori alle previsioni e apprezzato dal mercato, ma sono in aumento i costi operativi (nei primi nove mesi dell’anno passati da 699 a 769 milioni) e anche gli ammortamenti dei diritti televisivi (da 538 a 558 milioni). Quello che non è piaciuto agli analisti, oltre alla perdita netta tra luglio e settembre di 60 milioni contro una stima di 51, è che questa base di aumento costi fa crescere di 40 milioni a 2,55 miliardi la stima della società sulle spese operative per l’intero anno.

Ecco allora una raffica di report al ribasso sul titolo con Hsbc, la stessa Equita e Goldman Sachs che hanno tolto il giudizio «buy» (comprare) sul titolo Mediaset. «Nonostante il calo – commenta il direttore finanziario del gruppo – Marco Giordani le azioni restano in crescita del 25% da inizio anno, a fronte di una Borsa salita del 18%, e siamo tornati ai livelli di un mese fa. Da un lato prosegue il manager c’è stata sicuramente una sorta di “sell-on-news” viste le aspettative prima dei conti e l’andamento in Borsa (+9% circa nell’ultimo mese, ndr), dall’altra ci sta che il mercato reagisca a un trimestre, quello in corso, che potrebbe vedere la crescita del mercato pubblicitario italiano inferiore rispetto alle aspettative precedenti e che quindi in qualche modo potrà deludere. La pubblicità sta timidamente ripartendo (in ottobre la raccolta è cresciuta oltre il 2% con il quarto trimestre che nel complesso dovrebbe aumentare «a una cifra»), ma è comunque in Italia che il gruppo fatica.

Anche perché Premium per ora sta raccogliendo frutti modesti (ricavi +0,89%) dall’investimento per i diritti in esclusiva della Champions league, con le stime di 200mila nuovi abbonati entro fine anno che sono comunque confermate. Per ora va detto che i 630 milioni in 3 anni investiti per la Champions league su Premium non hanno portato risultati eclatanti. I ricavi nei primi 9 mesi dell’anno sono arrivati a quota 406 milioni contro i 402 dello stesso periodo 2014 quando l’esclusiva per la principale competizione calcistica europea non c’era. A dare soddisfazioni al Biscione in questa fase sono le attività in Spagna. Il risultato prima degli oneri finanziari (Ebit) nei primi nove mesi è infatti sceso a 83 milioni rispetto ai 107 milioni del 2014: in Italia è negativo per 47 milioni rispetto al dato positivo di 23 milioni dell’anno scorso, mentre in Spagna cresce a 131 milioni rispetto agli 84 milioni precedenti.

 

Rassegna stampa: QN, pagina 10, di Elena G. Polidori.

Dirigenti pagati per non lavorare. Rai beffata: li dovrà pure risarcire

Sentenza su un condirettore parcheggiato 10 anni a 11mila euro al mese.

Una volta era semplice «demansionamento». Ora è di più. Molto di più. A sorpresa, la Corte di Cassazione ha stabilito un risarcimento per «danno professionale» a quei giornalisti Rai che (spesso) per effetto del frenetico spoil system politico interno, prima si sono visti nominare in ruoli apicali e poi demansionati al cambio del «colore» politico del governo. La sentenza, che riguarda un contenzioso aperto da Sandro Testi, nominato condirettore di Rai International, ma poi parcheggiato «senza mansioni» per diverso tempo, è durata quasi 10 anni. Il giornalista, in verità, era stato licenziato dall’azienda perché «non si riusciva a farlo lavorare in nessun modo sostengono in Rai ma lui ha fatto ricorso, nonostante l’azienda abbia dimostrato che si metteva in servizio surrettiziamente determinando così il modo per chiedere ulteriori risarcimenti». Parole al vento per i giudici che, alla fine, hanno condannato la Rai a pagare 170mila euro, più interessi e rivalutazione, in virtù del risarcimento per «protratta inattività».

Il danno è stato calcolato nella misura del 30% dello stipendio di Sandro Testi (pari a circa i 1 mila euro al mese), per ogni mese di «parcheggio». Non solo; secondo gli ‘ermellini’, il danno alla professionalità di Testi si è verificato anche a causa del «comportamento aziendale che, prima, ha attribuito qualifica e mansioni e poi si è sottratta a tale impegno, lasciando inattivo il dipendente». Un guaio. Perché ora la «causa Testi» rischia di diventare «pilota» per altri giornalisti che, nel tempo, si sono ritrovati parcheggiati, talvolta per anni, in quello che a viale Mazzini chiamano «lo stanzino delle scope». Luogo dove è bene rispolverare un po’ di storia sono passate, per qualche tempo, anche grandi firme del giornalismo televisivo pubblico colpevoli ‘solo’ di appartenere ad una precisa area politica come, d’altra parte, è qualunque giornalista apicale Rai. Quindi, a fasi alterne, i vicedirettori e direttori ‘esodati’ nella «stanza delle scope» sono stati parecchi. Ora, va detto che nell’ultima gestione, quella Gubitosi, per evitare l’ingigantirsi del contenzioso aziendale, già abnorme, abbia ricollocato tutti i dirigenti che si trovavano senza mansione.

Diverso, ancora oggi, il discorso per i «giornalisti dirigenti» della Rai. Per i quali la ricollocazione in altro incarico equipollente è quasi sempre difficile. A volte impossibile. «Sono ingombranti si sostiene in Rai per storia e carriera, le redazioni li rifiutano». Nonostante gli sforzi, l’ufficio personale della Rai sta ancora cercando una soluzione per l’ex dg Alfredo Meocci, così come per l’ex colonna del Tg1 Francesco Pionati (l’inventore del famoso «panino politico» della testata ammiraglia Rai). Stessa sorte per l’ex direttore del Tg2, Mauro Mazza e pure per un volto storico di Raisport come Fabrizio Maffei. Non è finita. Anche Carmen Lasorella versa nella stessa, dolorosa situazione di ‘esodata’, al pari dì Alessandro Casarin, ex direttore Tgr e di Paolo Corsini, ex vice direttore di Antonio Preziosi al Gr Rai. Ma in Rai giurano che per ciascuno di loro, come per altri come loro, «si tenterà ogni strada possibile per trovare una collocazione congrua». Intanto, le cause corrono, però…

 

(Nella foto la sede Mediaset a Cologno Monzese)