Pubblicato il 30/10/2015, 13:32 | Scritto da La Redazione

Legittimi i tetti differenziati agli spot – Su Messina ha ragione Fiorello: stampa in ritardo

Rassegna stampa: Il Sole 24 Ore, pagina 17, di Marco Mele.

Legittimi i tetti differenziati agli spot

La Corte Costituzionale dichiara inammissibile l’incostituzionalità di limiti diversi tra le tv in chiaro e le pay tv.

Gli indici di affollamento pubblicitari differenziati tra tv in chiaro e tv a pagamento non si toccano. La Corte Costituzionale, con la sentenza 210, relatore Giuliano Amato, dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale, sollevata dai Tar Lazio, del Testo unico sui servizi media audiovisivi. Dove si prevede, per le pay tv, un limite alla trasmissione di spot pari al 16% orario nel 2010, al 14% nel 2011 e al 12% orario dal 2012 in poi. Le tv commerciali in chiaro hanno un “tetto” orario del 18% di spot e del 15% giornaliero. La Rai del 12% orario e del 4% settimanale. Non vi è stata, per la Consulta, al contrario di quanto sostenuto dal Tar Lazio, alcuna violazione della legge delega da parte del Governo nel dare attuazione alla direttiva comunitaria 65 del 2007.

All’interno dei limiti tracciati dall’Unione europea sono consentite disposizioni nazionali più rigorose sulla pubblicità televisiva, di cui si è avvalso il legislatore nello stabilire limiti differenziati per le tv a pagamento. Ne è stato violato l’articolo 41 della Costituzione, perché la libertà di iniziativa economica può essere «ragionevolmente limitata», se esistano interessi costituzionalmente rilevanti: la protezione dei consumatori oltre che «la tutela della concorrenza e del pluralismo televisivo». Su questo, la Consulta non va oltre. È interessante notare come il Tar faccia propria la tesi di Sky del “mercato unico” televisivo, per cui la differenziazione dei limiti di affollamento sarebbe ingiustificata. Per Sky l’unicità del mercato della raccolta pubblicitaria sul mezzo televisivo «rappresenta un dato acquisito nella prassi» nazionale ed europea: limiti differenziati consolidano «i vincoli all’ingresso o alla crescita dei concorrenti nel mercato italiano».

Per Mediaset, invece, assoggettando tutte le emittenti allo stesso limite si farebbe «un trattamento uguale di situazioni diverse». Tesi fatta propria dalla Consulta: le pay tv si pongono «in una situazione oggettivamente diversa» dalle tv in chiaro, per la diversa incidenza economica dell’affollamento pubblicitario sul rispettivo finanziamento. È quanto sostenuto anche dall’Avvocatura di Stato, intervenuta in rappresentanza del Presidente del Consiglio. Non c’è violazione del principio della parità di trattamento. Per l’Avvocatura, Sky e Mediaset operano in mercati diversi. La Consulta fa sua questa posizione, rigettando l’ordinanza con la quale il Tar sosteneva, invece, l’unicità del mercato televisivo.

 

Rassegna stampa: Corriere della sera, pagina 23, di Fabio Cutri.

Caro Fiorello, hai proprio ragione. Ci siamo mossi un po’ in ritardo

«Cinque giorni senz’acqua: inaccettabile». L’indignazione con cui Fiorello commentava ieri in Rete la notizia di Messina è sacrosanta. Una notizia, aggiungeva amareggiato, letta soltanto sui social network, perché nella stampa nazionale non ce n’era traccia. Che dire, caro Fiorello? Hai ragione. Ci siamo mossi troppo tardi. Cinque giorni (e oggi fanno sei!) con i rubinetti a secco sono più che sufficienti perché un giornale si domandi che cosa stia succedendo. Se fosse accaduto a Roma ti domandi sarebbe stato lo stesso? Forse no. I tempi di reazione su una città più a nord sarebbero stati probabilmente diversi. Il tuo non è affatto lo sfogo «di un meridionale vittimista». Anzi. I cittadini di Messina, come quelli di qualsiasi altro comune d’Italia, meritano di più. L’intervento accorato di un uomo pubblico come te è stato più che mai opportuno. Bravo Fiore. Con l’augurio che la prossima volta saremo più veloci di te.

 

(Nella foto Fiorello)