Pubblicato il 27/10/2015, 15:34 | Scritto da Andrea Amato
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Auditel, tornati i dati. Bilancio del blackout: siamo un popolo di mariuoli

Auditel, tornati i dati. Bilancio del blackout: siamo un popolo di mariuoli
Doveva essere un momento di riflessione e invece è stata la solita farsa, con i dati (che dovevano rimanere super segreti) e che invece circolavano come e più di prima. Il fatto, però, rimane: il metodo va riformato.

Oggi si riunisce il consiglio d’amministrazione di Auditel e domani, così avevano annunciato due settimane fa, dovrebbe tornare a essere pubblica la diffusione dei dati d’ascolto. Cosa resterà di questi giorni di digiuno? Dipende dai punti di vista. Dal nostro e dai colleghi giornalisti che si occupano di televisione, sicuramente, rimane un vuoto di informazione. Dal punto di vista di chi investe in pubblicità (ricordiamo che ogni anno si parla di 4 miliardi di euro), invece, si tratta del buio totale. Investimenti alla cieca. Per gli editori è cambiato poco, visto che le direzioni generali hanno avuto accesso comunque ai dati in queste settimane, ma per i loro talent si è trattato inizialmente di un’astinenza e poi di un rilassamento, senza lo stress delle 10 del mattino con il giudizio incontrovertibile del pubblico.

Ecco, questo potrebbe essere l’attacco di un pezzo sul blackout di Auditel se vivessimo in un Paese civile e invece siamo in Italia e noi italiani abbiamo l’abitudine a fregarcene delle regole, anzi, ci proviamo proprio gusto, perché pensiamo di essere più furbi di tutti. Quello che doveva essere un momento di riflessione per tutto il circo che ruota intorno alla televisione, in realtà è stata una patetica messa in scena. I dati, come detto, dovevano finire esclusivamente nelle mani dei vertici degli editori, ma invece in pochi minuti ogni giorno finivano nelle mani di chiunque: dalla star al personale delle reception, dal macchinista di studio allo stagista di redazione. E questo più o meno in tutti i broadcaster.

Volendo, però, fare finta di non essere un popolo di mariuoli, ma di gente per bene, va fatta un’analisi sulla necessità di un metodo di rilevamento più moderno e scientifico, che tenga conto dei cambi di abitudine dell’audience. Rimane altresì la consapevolezza che i social network non possono essere sostitutivi a una ricerca specifica, perché la frammentazione degli ascolti e il target del popolo della Rete non rappresentano a pieno un campione rappresentativo, ma solo una piccola parte, seppur molto influente. Rimane, sicuramente, la convinzione che il vecchio metodo debba essere letteralmente cestinato e rifondato, come gli equilibri interni ad Auditel, ancora oggi troppo sbilanciati. Tutto questo per sperare di diventare, almeno nell’industria televisiva, un Paese civile e non di mariuoli.

 

twitter@AndreaAAmato

 

(Nell’immagine il logo di Auditel)