Pubblicato il 26/10/2015, 11:32 | Scritto da La Redazione

Sanremo e 36 appalti sospetti. La Finanza prende i dossier – In attesa del ciclone Renzi in Rai è guerra tra le lobby

Sanremo e 36 appalti sospetti. La Finanza prende i dossier – In attesa del ciclone Renzi in Rai è guerra tra le lobby
Nelle carte in mano ai pm le tracce di tangenti e assunzioni pilotate. E poi agenti gay, mogli, figli famosi, orfani di Curzi. Tutti contro tutti. Spettro esuberi per le All News. E le tribù mandano lettere anonime.

Rassegna stampa: Corriere della sera, pagina 19, di Florenza Sarzanini.

Sanremo e 36 appalti sospetti. La Finanza prende i dossier Rai

Nelle carte in mano ai pm le tracce di tangenti e assunzioni pilotate.

L’ordine di esibizione è stato eseguito dalla Guardia di Finanza venti giorni fa. Riguarda 37 dossier relativi alle indagini interne condotte negli ultimi due anni. Ed è proprio questo che adesso fa tremare funzionari e dirigenti della Rai. Perché quelle relazioni riportano gli esiti degli audit su appalti e acquisti, contratti con società esterne costate all’azienda pubblica radiotelevisiva centinaia di milioni di euro. E perché finora la loro esistenza era stata negata dagli stessi responsabili degli uffici. Può avere esiti clamorosi l’indagine condotta dal pubblico ministero Paolo lelo e affidata al Nucleo Tributario guidato dal colonnello Cosimo Di Gesù. Il primo esame dei fascicoli avrebbe già fatto emergere numerose irregolarità, soprattutto per quanto riguarda la scelta delle ditte alle quali affidare lavori e commesse. Il resto lo sta facendo un testimone che ormai da tempo collabora con gli inquirenti e ha svelato i retroscena degli accordi siglati negli ultimi due anni.

Si è concentrato sulle trasmissioni di punta della Rai, primo fra tutti il Festival di Sanremo. E ha fornito agli investigatori anche il codice per leggere i file criptati sui soldi delle «mazzette» versate per aggiudicarsi gli appalti truccando le gare. Nell’elenco ci sono alcune trasmissioni di approfondimento giornalistico, altre di intrattenimento, svariate fiction. Le verifiche cominciano qualche mese fa e arrivano a una svolta nel giugno scorso quando scattano una cinquantina di perquisizioni per corruzione e turbativa d’asta. In cima alla lista degli indagati ci sono i fratelli David e Danilo Biancifiori titolari delle società Diand lighting and Truck e DibiTechnology che nel corso degli ultimi anni hanno ottenuto il monopolio delle forniture tecniche. E ciò, dice l’accusa, sarebbe stato possibile anche grazie ad appoggi e contatti governativi quando a palazzo Chigi c’era Silvio Berlusconi; il suo responsabile dell’immagine Roberto Gasparotti li avrebbe agevolati per avere un contratto da 9 milioni di euro, tanto che poi è finito pure lui nell’elenco degli indagati.

I due imprenditori hanno rapporti con Mediaset, La7, con Infront. Pagano e rimangono in cima alla lista delle società con le quali fare affari nel campo degli appalti radiotelevisivi. Nel corso del blitz vengono trovati i contratti di assunzione che i fratelli Biancifiori hanno siglato con amici e parenti dei funzionari Rai e dei dirigenti degli altri gruppi del settore televisivo che li avrebbero aiutati ad ottenere le commesse. Ma anche documenti che sembrano provare il passaggio dei soldi. Viene chiesto ai responsabili dei vari uffici competenti dell’azienda di Stato se siano mai emerse anomalie, ma tutti negano l’esistenza di indagini interne. Basta poco per scoprire che mentono. Anche perché tra le carte sequestrate ci sono quelle su un audit del settembre 2013 che riguarda proprio le società dei due fratelli Biancifiori. Si decide allora di sentire come persona informata dei fatti il responsabile dell’internal Auditing, Gianfranco Cariola e gli viene notificato il decreto di esibizione di tutti i dossier realizzati dalla Rai negli ultimi tre anni. Il 7 ottobre le 37 relazioni sono nella mani dei finanzieri. È l’inizio di un’indagine che può portare ai piani alti della Rai proprio perché negli atti analizzati dai finanzieri ci sono dati che, incrociati con quelli contenuti nei file criptati, consentono di ricostruire il percorso dei soldi, compreso il trasferimento di fondi all’estero proprio per soddisfare le richieste di alcuni dirigenti.

Le società dei Biancifiori hanno un ruolo dominante nell’aggiudicazione dei lavori per il montaggio delle apparecchiature tecniche, ma i controlli ordinati dalla magistratura riguardano ormai tutte le ditte che nei diversi settori risultano privilegiate rispetto alle altre, quelle che almeno a leggere i documenti contabili potrebbero aver creato «fondi neri» proprio per destinarli al pagamento delle tangenti. E dunque si intrecciano con il ruolo ricoperto dai vari funzionari e dirigenti che se ne sono occupati.

 

Rassegna stampa: Il Tempo, pagina 10, di Luigi Bisignani.

In attesa del ciclone Renzi in Rai è guerra tra le lobby

Agenti gay, mogli, figli famosi, orfani di Curzi. Tutti contro tutti. Spettro esuberi per le All News. E le tribù mandano lettere anonime.

I numeri degli esuberi Rai, dopo la riforma che il Parlamento sta per approvare e l’introduzione delle All news, sono terrificanti. Una simulazione commissionata dai precedenti vertici stimava che l’uscita di circa 300 giornalisti e 1.200 tra dirigenti e funzionari potrebbe portare, assieme alla razionalizzazione delle testate, un risparmio di circa 70 milioni di euro l’anno. Per questo tsunami è già scattato l’allarme rosso dei sindacati e dell’Istituto di previdenza dei giornalisti, che ha riservatamente fatto sapere di non essere in grado di assorbire un numero così alto di richieste, tale da mettere a rischio l’intero sistema pensionistico dei giornalisti italiani. Con ricadute sullo stesso Governo. La neo Presidente della Rai, Monica Maggioni, ha gettato acqua sul fuoco, spingendosi a dire che nessuno ha mai parlato di licenziamenti e che le All news hanno ancora una lunga gestazione.

Con una mossa clamorosa, su proposta di Arturo Diaconale, gli attuali consiglieri di amministrazione stanno organizzando per novembre un convegno sul futuro della nuova Rai, a cui la Presidente, il direttore generale Antonio Campo Dall’Orto e i membri della Commissione parlamentare di vigilanza sono stati invitati in qualità di semplici ospiti. La parola verrà data questa volta a quelli che la Rai la fanno davvero: giornalisti, autori, produttori. E si cercherà di dare risposte a domande che evidentemente non vengono ancora affrontate nei lunghi e noiosi consigli di amministrazione, allietati solo da una deliziosa ciotolina di pasta al pomodoro. Quale deve essere la missione della nuova Rai? Quante saranno le redazioni delle All news, due o tre? In che modo deve essere interpretato il servizio pubblico con un uomo solo al comando? Il convitato di pietra sarà certamente Matteo Renzi, che vuole i super poteri per il suo bell’Antonio come regalo della Befana.

Del resto, in Rai, tutto o quasi è finalizzato a non dispiacere il premier. Ad esempio, Carlo Paris, traballante direttore di Rai Sport, ieri ha mandato inutilmente a Firenze cinque inviati per seguire la Fiorentina, squadra del cuore del Premier, che ha perso però contro la Roma. Il bravo Paris cerca così di far passare sotto silenzio una sua mail, inviata anche al capo del personale, in cui inconsapevolmente si «autodenuncia» di aver commissionato ai suoi collaboratori – in tempi di spending review oltre 1500 trasferte, molte di più del suo predecessore, portando a casa però pochi risultati. D’altronde lo share di Rai sport, con la sola eccezione di 90° minuto, è insoddisfacente, sia per la costosissima Domenica Sportiva che per il Processo del Lunedì, finito nel disastro della Rai 3 diretta da Andrea Vianello.

Altro flop della Rete è stato Parallelo Italia di Gianni Riotta un altro esterno, amato dal Premier e candidato a tutto. L’ex dg Luigi Gubitosi pare si sia pentito di aver tanto «sponsorizzato» Vianello almeno a sentire le chiacchiere di quegli intimi che l’hanno accompagnato a una melanconica cena a Firenze in onore di James Murdoch. Il «Richelieu dell’editoria», Andrea Ceccherini, che l’ha organizzata non l’ha neppure messo al tavolo d’onore, dove sedevano il direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana, l’ad del Sole 24 Ore Donatella Treu, Andrea Riffeser Monti e Andrea Bocelli, che non ha cantato perché la serata è stata rallegrata da un’arpa. Ma com’è la Rai che ha lasciato Gubitosi e com’è quella che ha trovato Campo Dall’Orto? Una specie di Libia. Con tante tribù in guerra tra loro, al punto che il dg preferisce fare riunioni in accampamenti protetti, lontani dal quartier generale. Anni fa, Bruno Vespa scandalizzò i finti moralisti dicendo che la DC era l’azionista di maggioranza e gli altri partiti quelli di minoranza.

Con l’avvento dei «puri» Mario Monti e Enrico Letta, e in attesa dell’uomo solo, non sono più i partiti a comandare ma dei centri di potere ben identificati. Si va dagli ex alunni del Liceo Pontano di Napoli, che ha visto sui suoi banchi anche il giovane Gubitosi, il capo dell’Usigrai Vittorio di Trapani, e altri cinque super dirigenti. Su di loro da sempre ha un ruolo fondamentale un uomo pio e divertente, Pippo Corigliano, già portavoce dell’Opus Dei, che fa proseliti, sussurra fiction e vola sempre alto, a differenza del suo successore Bruno Mastroianni, che bazzica di rimessa. Tra i capolavori del Pontano, il cui slogan sul web è «il nostro impegno per un cammino solido per il tuo futuro», c’è la direzione di Rai Vaticano al compaesano Massimo Milone, un bravo Cristo che è stato addirittura biasimato in passato per aver citato troppe volte, pare 1500 in pochi mesi, il suo amico cardinal Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, e che oggi si vede bombardato dai probabili nuovi droni di Rai Giubileo senza che neppure un radar l’avesse avvertito. Gli ex alunni, si trovano però ora a dover fronteggiare l’agguerrita lobby delle mogli, potentissime in Rai, distribuite tra reti e Tg, sempre connesse a internet per condizionare i mariti influenti per poi sedersi attorno ai tavoli di burraco. Finalmente appagate, hanno preso il sopravvento sulle «favorite di turno» che impazzavano, come in un Circo Barnum, ai tempi di Forza Italia e AN ma che si comportavano come amazzoni solitarie.

Le «mogliettine» sono in competizione, visti i nuovi tempi, con la potente e molto in ascesa lobby gay, che esprime alcuni dei più noti volti televisivi. Per non parlare, perché tutti teniamo famiglia, della lobby dei figli dei soliti noti, che si mitragliano a colpi di programmi e fiction. Un caso a parte, ma sempre ben inserita, è la lobby degli orfani dei mitici Cesare Curzi e Angelo Guglielmi, creatori di Rai 3, che si sentono unti dal Signore e depositari di tutte le verità, contro le trame di ogni tipo, e sognano di schierarsi presto dietro le insegne at un nuovo guerriero proveniente dalla legione straniera di Fandango. Dovrebbe essere una sorta di ritorno del figliol prodigo in Rai quella di Andrea Salerno, autore preferito dei fratelli Guzzanti, cresciuto nell’antiberlusconismo, all’ombra dell’illuminato Walter Veltroni. Le tribù si combattono a colpi di tweet e lettere anonime. In ciascuna di queste, però, si annidano nell’ombra quelli che vengono soprannominati «lupi grigi»: invisibili giornalisti e capi struttura legati alle istituzioni più sensibili, pronti a controllare, ed eventualmente a riferire.

Mentre altre «etnie», armatissime, si sono accampate nei dintorni di viale Mazzini: barricate in sontuosi uffici dove spadroneggiano spavaldamente i super agenti delle star e delle starlette; riescono a condizionare i palinsesti, imporre i conduttori, le società di produzione e perfino le scalette con gli ospiti rigorosamente della propria scuderia e addirittura a far licenziare dipendenti non collaborazionisti. Un miracolo che non riuscirebbe più a nessun direttore di rete e neanche al glorioso partito dei «fu burocrati Rai».

 

(Nella foto la statua equestre di Viale Mazzini)