Pubblicato il 18/10/2015, 16:35 | Scritto da Tiziana Leone

Al MIA si parla di “Alta infedeltà”: ovvero di come un programma sul tradimento può avere successo

Al MIA si parla di “Alta infedeltà”: ovvero di come un programma sul tradimento può avere successo
Al mercato internazionale dell'audiovisivo Alessandra Sogliani di Discovery e Annalisa Giaccari della Stand by me raccontano come si costruisce il successo di una trasmissione basata fondamentalmente sulle corna.

Prima una campagna promozionale geniale fatta di due struggenti lettere pubblicate dal tradito Renzo e dalla traditrice Lucia a tutta pagina sul Corriere della Sera, diventate in due giorni il pane del web e le più gettonate dai social. Poi, dopo la messa in onda, l’annosa questione: ma i tradimenti che racconta saranno veri tradimenti? Il format della Stand by me Alta infedeltà, in onda ogni giorno alle 20.10 su Real Time, ha acceso talmente tanti dubbi, da decretarne il successo ancor prima di nascere. Invitate al MIA, il mercato internazionale dell’audiovisivo, Alessandra Sogliani executive producer di Discovery e Annalisa Giaccari capo progetto del programma per la Stand by me, società di Simona Ercolani, hanno svelato il dietro le quinte del programma. «L’idea di questo programma è nato da una considerazione – ha ricordato la Sogliani – Sui nostri canali lo script ed reality funzionavano, programmi come Non sapevo di essere incinta andavano bene, quindi volevamo produrre il primo scripted reality italiano, ma ci mancava l’idea forte per una lunghissima serialità. Abbiamo chiesto alla Ercolani grande esperta dello storytelling e dopo un po’ ci ha proposto un programma sulle corna, ma parlare di tradimento ci sembrava difficile: è un tema largo perché nessuno è esente dalle corna, tutti si tradiscono, ma nessuno ama parlarne».

L’idea è nata alla sede della Stand by me ragionando intorno a un tavolo: due gruppi divisi, da una parte i traditi, dall’altra i traditori, nel mezzo tanti discorsi come una sorta di seduta di analisi di gruppo. «La Ercolani moderava – ha raccontato la Giaccari – La trasmissione è nata dalle nostre esperienze personali, ci siamo resi conto che la parte più interessante verteva sui sospetti, tipo come sei stato scoperto, che stupidaggini hai fatto. Nella scrittura abbiamo capito che il tono più giusto doveva essere quello del crime, non volevamo essere moralisti, ma trattare il tema in maniera fredda e coinvolgente». Decisi fin da subito a evitare commenti da parte di psicologi o esperti del “settore”, gli autori hanno puntato al racconto visto dal buco della serratura, anche se «abbiamo dovuto eliminare alcune storie perché erano talmente assurde da non risultare credibili».

Quanto alla veridicità, in molti hanno sollevato dubbi. Ma Giaccari giura che nonostante l’aiuto di sceneggiatori nella scrittura e di attori nella recitazione, le storie di ogni puntata sono assolutamente reali. «L’uso di attori diversi tra la ricostruzione e il racconto serviva a garantire l’effetto realtà – ha aggiunto la Giaccari – Ovvio che il dubbio che potesse essere rigettato dal pubblico italiano ci è venuto, abbiamo aperto un call center per trovare spunti di storie vere da passare agli sceneggiatori che lavorano per creare un prodotto di fiction, la redazione ne ha sentite di tutti i colori. Tutte le 49 puntate della prima stagione si basano su storie vere». Poi è arrivata la scelta da parte di Discovery di tentare la carta dell’access prime time, una fascia oraria decisamente rischiosa. «In seconda serata ci saremmo garantiti gli ascolti – ha ricordato la Sogliani – ma abbiamo deciso di mandarlo in acces prime time, una fascia critica, con grande competizione, e la scelta è stata vincente. Gli ascolti sono cresciuti dell’83% in quello slot orario rispetto a prima».

 

Tiziana Leone

 

(Nell’immagine la locandina del MIA)