Pubblicato il 09/10/2015, 11:31 | Scritto da La Redazione

Antonio Campo Dall’Orto: “Una Rai libera, creativa e per un vasto pubblico” – Santoro visto in viale Mazzini

Rassegna stampa: Il Sole 24 Ore, pagina 33, di Antonio Campo Dall’Orto.

Una Rai libera, creativa e per un vasto pubblico

Pubblichiamo un ampio stralcio dell’intervento che farà oggi a Capri il direttore generale della Rai, Antonio Campo Dall’Orto, al Convegno “Digitale x la crescita. Facciamo il punto, Verifichiamo la Rotta”

«Tecnologia digitale» è un’espressione che può evocare freddezza e lontananza. Soprattutto in un Paese come il nostro, che sta costruendo un nuovo rapporto con il futuro, il primo passo da fare è cercare un modo migliore di raccontare cosa sia l’«alfabetizzazione digitale». Quando le modalità di attivazione dei processi di conoscenza cambiano è necessario dotarsi di strumenti adeguati – che oggi possono essere quasi «trasparenti» rispetto ai contenuti – per non rimanere indietro. Libertà creativa. Raggiungimento di una platea universale. Fiducia e consenso. Sono le parole chiave della Rai. Se la missione di Google è quella di organizzare il flusso di informazione, la nostra sarà quella di comprendere e rendere questo flusso comprensibile per un pubblico più ampio possibile. Per la Rai non si tratta di cambiare la missione di informare, educare, divertire, proporre esperienze. Ma a questi pilastri ne dobbiamo aggiungere uno nuovo: mettere tutti – dai cittadini agli operatori del mercato – nelle condizioni di vivere la Rai come un partner. L’accordo con Netflix per la serie Suburra è un esempio.

Oggi tecnologia digitale vuol dire contatto e non isolamento, connessione e non distacco, vuol dire far parte del mondo e non esserne esclusi. Essa è parte integrante della vita quotidiana grazie alla spinta propulsiva di chi la usa e all’ubiquità dell’accesso in mobilità. La tecnologia è uno strumento eccezionale di relazione. E solo grazie alle relazioni si formano vicinanza e prossimità. Noi siamo la somma delle esperienze che abbiamo fatto. Ogni esperienza è un filo. L’insieme dei fili forma un tessuto. Quel tessuto siamo noi. L’alfabetizzazione digitale velocizza la creazione di un tessuto più ampio e inclusivo, oltre a legare le nostre storie a quelle degli altri in maniera più diretta e veloce. Il supertessuto digitale la somma dei nostri scambi digitali deve essere un sostegno per quei fili meno spessi, logorati o che non hanno avuto la possibilità di rafforzarsi, stando ai margini. Questo è uno dei nostri compiti principali: portare innovazione al fine di includere e non escludere. Dare possibilità e non toglierle.

L’alfabetizzazione digitale è una potentissima leva di crescita sociale, oltre che economica, che parte dal concetto di sviluppo inclusivo di tutte le parti della nostra società. Il cammino sarà lungo. L’Italia ha uno dei tassi di analfabetismo digitale più alti in Europa (38%). L’obiettivo dell’Agenda digitale europea è di ridurlo entro il 2020 al 15%. Per colmare il divario è necessario che la Rai assuma un ruolo guida che coinvolga tutti gli stakeholder istituzionali, editoriali e industriali in un quadro di iniziative dedicate alla formazione digitale dei cittadini. È necessario seguire le nuove esigenze del pubblico nella fruizione e condivisione dei contenuti e rafforzare il ruolo di Editore di Servizio Pubblico che genera contenuto rilevante e lo distribuisce su tutte le piattaforme nel percorso di trasformazione verso il modello Media Company, che deve essere l’obiettivo strategico finale. Se la produzione rimane importante è vero però che ogni Media Company è un selezionatore, un dj, un curatore di contenuti da assorbire e proporre ad un pubblico il più ampio possibile. Rai deve avere il valore di brand di riferimento; deve aggiungere rilevanza con la sola presenza del logo e delle scelte dei contenuti. Un contenuto scelto dalla Rai deve avere lo stesso valore di qualità di un contenuto prodotto dalla Rai.

La rete – il supertessuto – ci spinge a interessarci agli altri. La storia dell’altro diventa nostra, in uno scambio continuo e spontaneo. Siamo passati dal modello informativo univoco da punto a massa a quello in rete, da punto a punto. Le storie si intrecciano, ognuno può far sentire la sua voce. Una rivoluzione radicale che è già storia. L’onda è alta e viaggia veloce. A noi la scelta se esserne travolti o salirci sopra e guardare più lontano. L’alfabetizzazione digitale è il passo decisivo per smettere di avere paura del futuro e al contrario aver voglia di partecipare alla sua costruzione. La Rai è un soggetto fondamentale per lo sviluppo culturale del paese. Il suo scopo, da quando è nata creando di fatto la nostra cultura popolare, è stato anche quello di alfabetizzare gli italiani. Ma oggi la tv non basta più e nemmeno un desueto approccio didattico univoco, dall’alto verso il basso. Il dominio è passato dagli “apparecchi” all’immaterialità dell’informazione. Tutto è contenuto e relazione. Per questo occorre tornare sullo sviluppo delle piattaforme di condivisione dei contenuti. La creazione di una piattaforma di alto livello e usabilità e l’aumento della diffusione dei contenuti che da ciò deriverebbe rappresenterebbero uno scatto decisivo nel percorso che abbiamo intrapreso; un vero e proprio motore di alfabetizzazione digitale.

La anytime, anywhere tv non è un fenomeno limitato ai giovani. L’esigenza di librarsi della rigidità della tv tradizionale è diffusa; è una trasformazione delle abitudini di consumo degli utenti che ha comportato una frammentazione del settore e una forte crescita dei video online. Nel futuro immediato dovremo raggiungere un duplice obiettivo: conquistare la fiducia di chi già usa prevalentemente la rete e il mobile e non dimenticare i cittadini che si trovano a loro agio con una fruizione tradizionale. Per far ciò sarà necessario comprendere il fascino di queste nuove modalità di consumo e di capitalizzare su di esse, sviluppando i propri contenuti non lineari armonizzandoli con la programmazione principale. Tutto ciò passa innanzitutto dai contenuti. È necessario puntare sulla distintività attraverso l’innovazione di format, linguaggi e modelli narrativi in grado di generare contenuto rilevante indifferentemente dalle modalità distributive. La Rai deve giocare un ruolo centrale in un panorama ormai cambiato; ma non ha alcun senso andare avanti se non lo facciamo insieme a tutto il Paese. Fallirebbe il nostro primo e specifico compito, tradiremmo ciò che la tecnologia, la comunicazione devono essere: unione, forza, vicinanza. Se riusciremo a vincere la sfida torneremo a disegnare il futuro e comporremo le disuguaglianze – il digital divide – che spezzano il Paese in due. Se esiste una risorsa nel nostro Paese che può riuscirci, insieme a tutti gli italiani, quella risorsa è la Rai.

 

Rassegna stampa: Libero, pagina 7, di F.Spe.

L’eterno ritorno di Santoro: pronto rientro in Rai

A volte ritornano, o possono tornare. Michele Santoro è stato avvistato ieri a Viale Mazzini, zona Rai; e, all’impazzata, hanno ripreso a circolare le voci di un suo imminente rientro non si capisce se di sottecchi o alla grande nella tv di Stato. Le ultime notizie professionali sull’anchorman sono note. Il giornalista non ha rinnovato il suo contratto con La7, dati i non eccelsi risultati d’ascolto (era sceso in modo costante al 5% medio di share, e i costi risultavano eccessivi per il patron Urbano Cairo); ed è quindi sul mercato. A dire il vero già a giugno erano circolate voci di una trattativa con Rai 2 per una collana di docufiction monografiche che dovrebbero riguardare, a quanto si mormora nell’ambiente televisivo, «grandi eventi e personaggi dell’attualità politica e non solo». Dunque la rete diretta da Angelo Teodoli (a Giancarlo Leone, direttore di Rai 1, la cosa non interessava) si sarebbe imbarcata volentieri nel famoso progetto Portella della Ginestra, dal nome della prima docufiction che da anni si presenta come il vero pallino e il primo titolo di una corposa (almeno nel progetto) produzione di Santoro divulgatore storico. Un tipo di programma in linea con il desiderio più volte esplicitato da Santoro di dare una svolta alla propria carriera televisiva, non apparendo più in veste di conduttore di talk show.

Realisticamente, secondo alcuni rumours, il rientro «potrebbe concretizzarsi nella seconda parte della stagione, sempre che le parti trovino un accordo economico ed editoriale». Insomma, soprattutto secondo le agenzie di stampa, potrebbe esserci «un clamoroso rientro in viale Mazzini da parte del conduttore che dopo l’esperienza di Annozero era passato a La7 con Servizio Pubblico. Dopo aver lasciato il timone a Giulia Innocenzi con lo spin-off di Anno Uno, Santoro ha preferito chiudere la sua parentesi con la rete di Cairo. Ora il «teletribuno» potrebbe rientrare in Rai. Ma il condizionale in questi casi è d’obbligo». Molto d’obbligo, in verità. Gli accordi sotterranei di Santoro con la Rai ci sono certamente stati; ma sarebbero avvenuti nell’era del dg Lugi Gubitosi, chez il vicedirettore generale Antonio Marano, vecchio direttore del giornalista e intestatario per certi versi del suo rilancio dopo l’ineffabile parentesi come europarlamentare. Marano è oggi responsabile del Coordinamento dell’Offerta Radiotelevisiva; e, in questa veste, si era detto interessato al progetto produttivo. Ma da allora sono passati pochi mesi sembra trascorso un secolo. In Rai sta cambiando tutto, a cominciare dalla nomina del nuovo cda, del presidente e del direttore generale. Appunto secondo voci di dirigenti vicini all’attuale deus ex machina della Rai, sembrerebbe che Antonio Campo Dall’Orto abbia un’idea diversa di televisione del futuro; roba che comprenda l’espansione digitale, l’internazionalizzazione dei prodotti e, possibilmente, dei budget contenuti. C’è da dire che Santoro, con le sue produzioni tutte di successo, Il raggio verde, Samarcanda, Rosso e Nero, Temporeale è stato, per la Rai, uno degli ultimi grandi rivoluzionari. Ma forse oggi si parla di rivoluzioni diverse…

 

(Nella foto Antonio Campo Dall’Orto)