Pubblicato il 07/09/2015, 20:02 | Scritto da Gabriele Gambini
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Chef Rubio: “Riparto con ‘Unti e Bisunti’ e sogno di assistere a un concerto di Richard Benson”

Chef Rubio: “Riparto con ‘Unti e Bisunti’ e sogno di assistere a un concerto di Richard Benson”
Dallo street food ad Haruki Murakami, da Expo ai viaggi, dai social alla perdita della privacy. Ecco a voi Gabriele Rubini a 360 gradi, in attesa della nuova edizione del format Dmax, in onda domani alle 21.10.

Adesso, caro Chef Rubio, so’ cazzi tua. Lo chef rugbysta sfrutta l’armamentario mediatico del sistema per essere anti-sistema, ma deve dimostrare di non essere stato fagocitato dalle regole dello showbiz. Su Facebook, dove spesso dice la sua sulle tematiche sociali di stretta contingenza, ci riesce bene, accalappiando un seguito nutrito e leale. In tv, con Unti e Bisunti (la terza edizione, prodotta da Pesci Combattenti, da domani alle 21.10 su Dmax) riproporrà lo street food come cibo outsider per destabilizzare la dittatura fighetta della gastronomia in tv. Con un upgrade: nelle puntate di quest’anno, che lo hanno visto sconfinare in Francia, Spagna e Germania, dovrà confrontarsi con un nemico misterioso, un’entità non ben definita che gli renderà la vita più difficile. Una specie di Moriarty di Sherlock Holmes? Non si sa. Di certo, con i dovuti distinguo accademici, Rubio sta alla cucina come il logico-matematico Piergiorgio Odifreddi sta ai dibattiti sul trascendente: quando si cerca un’opinione controcorrente ma ben strutturata, si pensa a lui.

Rubio, verifichiamo subito se si è imborghesito. Si è fidanzato?

Ma no.

Si è sposato, magari. Con una starlette della tv!

Ma non ci penso nemmeno.

Quindi lo stuolo di ammiratrici che la tempesta può star tranquillo?

Non mi ci vedo, sposato. Neanche convivente. Affinché una relazione sia autentica e viva, credo sia opportuno sviscerare la passione al 100%, dando tutto per la persona che ti interessa. Poi, quando la passione finisce, si fa un inchino e si esce di scena con dignità.

La passione per lo street-food in tv non è affatto finita.

Con Discovery le cose vanno alla grande perché mi viene consentito di essere me stesso in tutto e per tutto. All’interno di un percorso narrativo coerente. Finché mi danno l’opportunità di partecipare ai loro progetti senza snaturare la mia identità, continuo a divertirmi.

Unti e Bisunti quest’anno varca i confini nazionali. “Franza o Spagna, purché se magna”?

Le difficoltà maggiori le abbiamo riscontrate in Germania. Ma soltanto per ragioni di organizzazione burocratica. Quanto ai piatti locali, la sfida è stata difficilissima. Ci siamo confrontati con lingue e tradizioni inedite. Una scommessa vinta. L’approccio non è cambiato.

La nomea sui tedeschi rigorosi e precisi non è solo un luogo comune, dunque.

No, non lo è (ride, nda). La puntata girata in Germania vi appassionerà.

Che cosa è cambiato nel suo approccio al girato?

La produzione di Unti e Bisunti quest’anno è stata ancora più fluida. Forti delle edizioni precedenti, siamo riusciti a concentrarci maggiormente sul livello qualitativo delle interpretazioni davanti alla telecamera. Abbiamo dato il giusto peso all’espressività, mia e degli altri protagonisti, senza perdere in naturalezza. In tutte le regioni visitate, sarà più palbabile la tensione della sfida. In questo modo, aumenterà il risalto dato alle tradizioni locali, che è poi uno dei capisaldi del programma.

Sa che, grazie a lei, lo street food è diventato una moda alla stregua della ristorazione fighetta?

Se si tratta di un’occasione aperta a tutti per mangiare e approfondire le tradizioni dei territori senza specularci su, ben venga.

Ho letto da qualche parte che in questa edizione di Unti e Bisunti dovrà fare i conti con un nemico misterioso e ricorrente.

Non chiedermi niente sull’argomento, nemmeno io ho ancora ben capito di che cosa si tratti. Una presenza o più presenze. Un’entità o più entità. Uno stimolo generico. Un’incombenza temporale. Non necessariamente un avversario in carne e ossa.

Non si tratterà per caso di Richard Benson, l’Ozzy Osbourne italiano? In un filmato su Facebook, ho visto che ha partecipato a un suo delirante showcase.

Ma no! (ride, nda). Il filmato in cui sono assieme a Richard Benson ha una genesi semplice: mi trovavo alla stazione Termini, a Roma, e sapevo che nelle vicinanze, Benson, “Il Maestro”, avrebbe presentato un suo disco. Sono corso da lui e me lo sono fatto autografare. Non vedevo l’ora di assistere al suo concerto. Poi, purtroppo, è stato annullato.

Nella tradizione dei concerti di Benson, i fan sono soliti tirare oggetti strani sul palco.

Non vedo l’ora di andare a un suo concerto e tirargli qualcosa anch’io, per assecondare la tradizione. Un pollo, magari. O dello yogurt.

Con Unti e Bisunti ha la possibilità di essere costantemente in viaggio.

Viaggiare per me è un’esigenza vitale.

Dove è stato in vacanza quest’estate?

In Islanda, in Bosnia e in Croazia. Viaggi impegnativi ed emozionanti. Sarajevo mi ha impressionato. I suoi abitanti portano ancora le cicatrici visibili della guerra degli anni ’90. Sono segni tangibili che non si rimarginano velocemente. Nonostante questo, o forse proprio per questo, l’ho trovata una città incredibile e vitale. Gli eventi per i giovani, i festival, la partecipazione condivisa. In Italia, dovremmo imparare da loro.

Come sono cambiati i suoi viaggi, lavorativi e non, da quando è diventato un personaggio popolare?

Sono diventato uno scalpo vivente. L’invisibilità è andata a farsi benedire. Mi fermano spesso per salutarmi o per fare dei selfie. Tutto bellissimo, sia chiaro. Ma a volte mi manca il potermi godere un panorama da solo.

Apriamo il suo zaino di viaggio. Non mancherà di certo un libro, conoscendo la sua passione per la letteratura.

Se lo apri adesso, trovi La ragazza dello Sputnik, di Haruki Murakami.

Murakami, ancora. Il Giappone lo porta sempre con sé.

Murakami è uno di quegli autori da struprare fino in fondo, prima di assimilarlo per bene. Me lo sto godendo con la giusta cadenza. Quanto al Giappone, confermo, è uno dei luoghi a cui sono più legato, anche per le sue tradizioni gastronomiche.

Allora, dato che, al contrario di lei, sono uno scribacchino imborghesito, le faccio una domanda alla Marzullo: se La ragazza dello Sputnik fosse un piatto, che piatto sarebbe?

Una crema fresca con zucchine, menta, pane croccante e limone. Rispecchierebbe al meglio il contrasto tra i protagonisti.

È stato a Expo?

Ci sono stato in occasione dell’inaugurazione, per una breve collaborazione col padiglione Etihad.

E…?

L’ho trovata una fantastica fiera delle vanità. 7000 tornelli, 7000 agenti di sicurezza, tante trovate di entertainment, molto business, poco spazio al cibo per come lo intendo io, cioè affrancato dal peso eccessivo del marketing.

Ce l’ha ancora il suo leggendario taccuino? L’ultima volta era un nugolo di fogli denso di appunti, disegni, considerazioni, con una scrittura fitta-fitta, da codice cuneiforme babilonese.

Ma scherzi? Non potrei mai uscire senza.

Sa che, a proposito di business, se mettesse in vendita quel taccuino su Ebay, si farebbe dei bei soldini?

Bravo. E io poi come campo? In quel taccuino c’è la mia vita. Se lo perdessi, mi toccherebbe cambiar lavoro. Anzi, dovrei resettare tutto e inventare un altro me stesso. Ma per il momento mi piaccio così.

Gabriele Gambini
(Nella foto Chef Rubio)