Pubblicato il 07/09/2015, 17:34 | Scritto da Gabriele Gambini

“Pechino Express” e “Monte Bianco”: parla Leopoldo Gasparotto, head of content di Magnolia

“Pechino Express” e “Monte Bianco”: parla Leopoldo Gasparotto, head of content di Magnolia
"Rimanere in Asia era un'ipotesi plausibile, ma avrebbe limitato uno dei punti del format: il gusto per l'inedito, per il capovolgimento di fronte che mette alla prova i concorrenti e garantisce un ricco percorso di immedesimazione allo spettatore, ingrediente principe di un adventure reality vincente".

«Rimanere in Asia era un’ipotesi plausibile, ma avrebbe limitato uno dei punti di forza di Pechino Express: il gusto per l’inedito, per il capovolgimento di fronte che mette alla prova i concorrenti e garantisce un ricco percorso di immedesimazione allo spettatore, ingrediente principe di un adventure reality vincente». A parlare è Leopoldo Gasparotto, head of content di Magnolia, nell’imminenza della partenza della quarta stagione del format di Rai 2 (da stasera, lunedì 7 settembre alle 21.10, con il secondo appuntamento fissato per mercoledì 9 alla stessa ora e, dal 14 settembre, ogni lunedì, sempre in prima serata).

Così avete optato per il Sud America.

Una decisione concordata con la Rai, che ci ha garantito un cambio totale di prospettiva, all’interno di un modulo produttivo ben rodato.

Ecuador, Perù e Brasile. Come viene scelto e organizzato il percorso di gara?

Attraverso numerosi sopralluoghi effettuati dalla produzione prima di cominciare col girato. Una delle incognite maggiori, quest’anno, riguardava la sicurezza di determinati luoghi. Abbiamo puntato su un giusto bilanciamento tra gli aspetti suggestivi dei territori esplorati e la garanzia di totale incolumità per le coppie partecipanti.

La troupe è la stessa delle precedenti edizioni?

Eccezion fatta per qualche innesto, sì. Ogni coppia ha una mini troupe che si occupa di seguirla e filmarla per tutta la giornata, a parte qualche ora notturna. Il buon esito della dinamica televisiva lo fa il montato, che conferisce ritmo e un livello, come si dice oggi, cinematografico alle riprese, per tener desta l’attenzione di chi segue da casa.

Quanto tempo effettivo occorre per confezionare una singola puntata?

Difficile dirlo. Apriamo varie puntate contemporanemente, è un lavoro di grossa rielaborazione che coinvolge un elevato numero di persone, specie perché ogni prima serata ha un costo produttivo preciso. Le ultime puntate le abbiamo consegnate quasi a ridosso della messa in onda. Ciò è dovuto anche alle numerose sorprese non pianificate che dobbiamo gestire sul posto, durante le riprese.

Significa che la scrittura del format è influenzata da elementi impossibili da prevedere prima del girato?

La maggior efficacia di un prodotto come Pechino Express nasce da elementi che sfuggono a un controllo preventivo. Noi “scheduliamo” e prepariamo maniacalmente il canovaccio autorale sui cui viene costruito il prodotto. Spesso però la scrittura viene stravolta da aspetti inediti, costituiti dagli incontri imprevisti sul territorio. Personaggi che si aggiungono all’improvviso e forniscono ulteriori elementi di racconto. Oppure gli stessi luoghi esplorati, che possono essere valutati da punti di vista diversi a seconda della coppia che si muove al loro interno. Quest’anno, grosse sorprese dovrete attendervele da subito, in Ecuador.

L’Ecuador sarà il teatro d’azione delle prime quattro puntate.

Si tratta di uno dei Paesi sudamericani meno conosciuti dal pubblico europeo. Un territorio dove il sincretismo di culture anche diametralmente opposte tra loro fornisce spunti molto pittoreschi. Partire dall’Ecuador significa mettere in chiaro fin da subito le novità del programma.

In conferenza si è insistito molto sugli aspetti fisici delle prove di gara. Significa che l’attitudine muscolare è una componente imprescindibile nella formazione di un casting coerente?

A dir la verità, non ci siamo soffermati sulle attitudini fisiche, altrimenti avremmo selezionato un casting di atleti e non era quello il nostro scopo. La buona riuscita di Pechino Express sta nel mettere in luce peculiarità inaspettate dei partecipanti. Qualcosa che non ti potresti mai aspettare da questo o quel personaggio. Giocando su ciò, ogni puntata può offrire un capovolgimento di opinione da parte del pubblico, innescando meccanismi identificativi, simpatie o antipatie nei confronti delle coppie in gara. Il resto lo fa l’interazione vicendevole tra i concorrenti.

Le sfaccettature caratteriali dei protagonisti saranno però stati elementi decisivi nelle scelte finali di casting.

Riceviamo costantemente, tutto l’anno, candidature da parte di aspiranti, soprattutto sui social, che per un format come questo sono un veicolo determinante. Il giusto mix di popolarità e sorprese concorre a sviluppare le nostre scelte.

Avete già preso in considerazione territori e personaggi per le prossime edizioni?

Sui personaggi, è presto per dirlo. Sui territori, siamo convinti che il Sud America possa portare una buona dose di freschezza, fornendo materiale per il futuro. Non escludiamo però di tornare in Asia, magari valutando zone del Medio Oriente.

A proposito di adventure-reality, Magnolia è coinvolta anche nella realizzazione di Monte Bianco, che sembra avere criteri di sviluppo affini con Pechino Express.

I punti di contatto ci sono, è indubbio. Si tratta di un adventure show e, inevitabilmente, le prerogative si assomigliano. Con rilevanti differenze, però. Pechino Express è un format itinerante, che ha nel viaggio il suo snodo centrale. Monte Bianco è statico, i concorrenti convivono assieme in un cambo base sulle montagne, in una zona non poi così distante da Milano, benché totalmente nuova per la maggioranza degli spettatori. Lo sviluppo del racconto, inoltre, prevede numerosi elementi di discontinuità tra i due prodotti.

In questo caso, il casting è stato selezionato privilegiando nomi noti.

Essendo la prima edizione, abbiamo cercato di puntare su nomi di buon richiamo, ma coerenti con il meccanismo di racconto. Il senso di Monte Bianco sta nel mettere le persone normali, abituati alla vita cittadina, di fronte al superamento dei propri limiti. Il successo di un adventure reality parte da lì: innescare un processo di immedesimazione col pubblico, che potrebbe domandarsi: “Che cosa farei io, se mi trovassi in quella situazione?”.

Questo ragionamento conforta i teorici del dominio del binomio talent-reality nella programmazione generalista.

Non so dire se i talent o i reality avranno definitivamente l’appalto dei palinsesti generalisti. Di certo, il loro linguaggio prende sempre più piede. Con motivazioni concrete. L’era multi-devices rende difficile il ritorno dei grandi show-varietà realizzati in studio, mentre gli adventure-reality e i talent si rivolgono a un pubblico anagraficamente più giovane, che ha confidenza con quei linguaggi, incline alla partecipazione social, garantendo una pianificazione a lungo termine. Lo svecchiamento del target, anche per Rai2, è stato uno degli elementi su cui impostare la linea editoriale. Sono aspetti che fanno gola, nell’assegnazione degli spazi pubblicitari.

Gabriele Gambini

(Nella foto il cast di Pechino Express 2015)