Pubblicato il 01/09/2015, 17:02 | Scritto da La Redazione
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Rassegna stampa – Se “1992” piace agli americani

Rassegna stampa – Se “1992” piace agli americani
Dopo “Gomorra”, anche la serie tv su Tangentopoli arriva sul mercato Usa, distribuita dalla piattaforma streaming più famosa al mondo.

Rassegna stampa: Wired.it.

Se “1992” piace agli americani

Dopo “Gomorra”, anche la serie tv su Tangentopoli arriva sul mercato Usa, distribuita dalla piattaforma streaming più famosa al mondo.

Dal 15 Agosto scorso, 1992, la serie di Sky andata in onda appena cinque mesi fa, è disponibile per il mercato americano su Netflix: dieci gli episodi sottotitolati in inglese, con l’audio originale, visionabili senza pausa. La critica Usa (da Variety all’Hollywood Reporter al New York Times) ha accolto favorevolmente la serie nata “da un’idea di Stefano Accorsi”, parlando di un prodotto che potrebbe segnare un nuovo trend della tv italiana. E questo ci dice una cosa: finalmente stiamo invertendo quella tendenza che ci vedeva ultimi tra gli ultimi, sempre a comprare, mai a competere, non veramente, non dai tempi di Romanzo Criminale, con gli altri produttori internazionali. Sky, prima ancora di mettere in commercio The Young Pope, la serie di Paolo Sorrentino, è riuscita a imporsi (o, per volare più basso, “a farsi notare”): e dopo Gomorra tocca a 1992. Dopo i camorristi, tocca all’Italia di Mani Pulite, alle guardie e ai ladri, alle soubrette e alle veline, ad Accorsi, alla Falco, a Roja e alla Leone.

1992 è stata venduta in oltre 30 paesi, e Usa a parte a ottobre esordirà anche in Canada. Ora dobbiamo capire come tenere il pubblico incollato allo schermo. Ribadiamo che non è HBO che ha mandato in onda 1992, ma Netflix, il che significa che questa serie può resistere, e ha resistito, anche alla prova “maratona”, cioè tutti e dieci gli episodi visti in una volta sola, quasi 9 ore di girato. Sesso, droga, mala politica e Subsonica (non proprio: la colonna sonora è curata da Davide Dileo, tastierista e co-fondatore della band). Non c’è da adagiarsi sugli allori, è vero: questo è solo un inizio. Ma come disse quel tale, “siamo a buon punto”. Piccolo appunto: nessuno, negli Usa, sembra essersi lamentato per l’interpretazione degli attori. È vero, “quelli sono americani, e che ci vogliono capire?”. Ma è comunque innegabile che la bravura di un attore, o di un’attrice, si vede anche in questo: nel convincere non solo con le parole, ma pure – e forse soprattutto – con i gesti e le espressioni. E il cast di 1992 ci è riuscito. Superata la prova americana, ora si pensa al sequel, 1993. Pure quello, ovviamente, da un’idea di Stefano Accorsi.

 

(Nella foto Stefano Accorsi in una scena di 1992)