Pubblicato il 25/07/2015, 13:33 | Scritto da La Redazione

Video rubati, vogliono arrestare “le Iene” e “Striscia la notizia”

Rassegna stampa: Il Giornale, pagina 8, di Giuseppe Alberto Falci.

Video rubati, vogliono arrestare “le Iene” e “Striscia la notizia”

Renzi approfitta del caso Crocetta per un giro di vite sulle registrazioni abusive: previsto il carcere fino a quattro anni. Poi il passo indietro.

Pene da sei mesi a quattro anni per chi pubblica video rubati. Una norma rischia di mandare in galera le Iene e Striscia la notizia. Ma in serata, il responsabile giustizia del Pd fa marcia indietro. Fino al prossimo bavaglio. Due crocette con una fava. Renzi approfitta della telefonata «fantasma» che ha travolto il governatore siciliano: da un lato prova a sbarazzarsi del pittoresco Crocetta e dall’altro mette una stretta al bavaglio dei giornali. E soprattutto apre le porte del carcere, da sei mesi fino a quattro anni, a chi diffonde le conversazioni e i video registrati di nascosto. Una norma che secondo i critici andrebbe a penalizzare trasmissioni di inchiesta come Le Iene o Striscia la notizia. Ma l’operazione riesce a metà. Perché a sera David Ermini, responsabile Giustizia del Pd, mette una pezza ed evoca un emendamento «Salva Iene». «Per essere ancora più chiari e togliere di mezzo qualunque allarmismo e strumentalizzazione e infondati argomenti di accusa – spiega – presenteremo in aula un emendamento per escludere esplicitamente dalla norma l’esercizio legittimo di attività professionali».

Il caso, che ha scosso per l’intera giornata Montecitorio, è risolto a metà. Anzi, soltanto a parole. Così tra maldestri tentativi di blitz e repentine marce indietro si tiene a fatica il fil rouge che tiene insieme l’affaire Sicilia e la stretta sulle intercettazioni. Ma l’accelerazione resta sul tavolo. D’altro canto il giallo dell’estate siciliana, ricco di veleni e colpi di scena, segue la pubblicazione da parte del Fatto quotidiano delle conversazioni telefoniche, datate gennaio 2014, fra l’allora segretario del Pd Matteo Renzi e il generale della Guardia di finanza Michele Adinolfi. E il governo, dunque, vuole approfittare del contesto per legiferare su un tema che da sempre suscita polemiche e divide il Palazzo. E se fino a qualche giorno fa all’Assemblea nazionale del Nazareno il premier temporeggiava, «interverremo ma con i tempi della legge», ieri a Montecitorio il governo ha deciso di dare una svolta al dossier.

Il blitz si consuma in commissione Giustizia, dove si discute la riforma del processo penale. Protagonista il partito di Angelino Alfano, stampella dell’esecutivo. Alessandro Pagano, abile «emendatore» Ncd, presenta una modifica al testo che scatenale proteste da parte delle opposizioni. L’emendamento approvato punisce infatti «con la reclusione da 6 mesi a 4 anni» chi diffonde «al fine di recare danno alla reputazione dell’immagine altrui, riprese o registrazioni di conversazioni svolte in sua presenza e fraudolentemente effettuati». Il clima si surriscalda. Volano gli stracci. Urlano i parlamentari dell’opposizione per il blitz che pone una stretta sulle intercettazioni. I Cinquestelle mostrano alla presidente della Commissione Giustizia Donatella Ferranti (Pd) cartelli che recitano «No al bavaglio». Anche Sel alza il livello dello scontro e dice che il ddl del governo «è diventato un autobus sgangherato». La maggioranza entra in subbuglio. Il partito di Angelino Alfano non demorde. E per bocca di Maurizio Lupi insiste: «Non c’è nessun bavaglio, anzi una norma che tutela la corretta informazione». Ma il caso, dicevamo, apre una faglia nel governo che costringe il ministro della Giustizia Andrea Orlando a intervenire: «Ho riserve di carattere generale, ho delle perplessità, delle riserve e c’è una riflessione da fare». Nonostante le molteplici proteste il provvedimento supera comunque la prova della Commissione e dalla prossima settimana sarà in Aula. Dove già si prefigura un clima da resa conti. A meno che questa volta alle parole del Nazareno non seguano i fatti.