Pubblicato il 29/06/2015, 17:34 | Scritto da Gabriele Gambini
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Nino Frassica in radio: “Sarà parola pura, surreale e libera. Il giudice in un talent? Lo farei solo perché si guadagna senza fare niente”

Nino Frassica ha un punto di forza. L’eloquio. Che non è solenne. Non è nemmeno turpe, altrimenti sarebbe turpiloquio. È surreale. Nel senso più alto del termine. Ma anche più basso. Davanti a un detto popolare come “O mangi la minestra o salti dalla finestra”, lui salterebbe… nella minestra. Perché la sua arte sta lì. Parte dai luoghi comuni, poi li scardina alla sua maniera. O capisci il gioco o non capisci lui. E se non capisci lui, ti perdi qualcosa. Dai tempi di Quelli della notte – sono passati 30 anni tondi tondi – micidiale caravanserraglio Arboriano, a oggi. Proprio oggi, per festeggiare il tempo trascorso, torna su RaiRadio2 fino al 4 settembre, tutti i giorni dalle 17 alle 18, con Programmone, contenitore radiofonico dove il non-sense prende il sopravvento. Frassica guiderà una ciurma di varia umanità, fatta di “vip” e di “snip”: Mario Marenco, Francesco Scali, Clemente Russo (non il pugile), Barbara Cavalli, Osvaldo Rulla, Pietro Pulcini, Fabrizio Spedale. Tanti ospiti speciali. La logica rimane fuori dalla porta.
Programmone. Possiamo dire che il nome è già…un programma?

Possiamo dire che mi sono prefissato il compito di fare il programma più “grosso” del mondo. Nel corso del programma fallirò e gli ascoltatori si divertiranno a capire perché.
Non sarà solo.

Sarò a capo di banda che avrà un denominatore comune: il gusto per il paradosso e la comicità surreale. L’improvvisazione, il ritorno alla pura parola come mezzo d’intrattenimento. Senza smorfie o trucchi di scena. In radio non funzionano. Mario Marenco interpreterà vari personaggi. Clemente Russo, nel ruolo del professore Clementini, incarnerà un mondo astratto. Francesco Scali sarà la mia spalla, lui cammina al mio fianco da tantissimi anni. Verranno a trovarci tanti amici: Max Tortora, Tony Bonji. Baudo. In ogni puntata cercheremo di avere dei vip. E molti snip.

Che differenza c’è tra un vip e uno snip?

Un vip è una persona “veramente importante”. Uno snip, invece, è una persona senza nessuna importanza.

Lei per chi parteggia?

Per gli snip.

Tony Bonji è reduce dalla partecipazione a Italia’s got talent. Ha una comicità dai tratti affini alla sua.

Ci sono molti giovani capaci di raccogliere l’eredità di quel modello radiofonico e televisivo lanciato da Renzo Arbore e dalla sua rivoluzione applicata agli show d’intrattenimento. Lui è uno di questi. Ma penso anche a Lillo e Greg, che forse non sono più così giovani, ma si difendono bene. O Maccio Capatonda. Mister Forest. Massimo Bagnato. Una setta di adepti del surreale che esistono e resistono.
La rivoluzione di Arbore. Parte tutto da lì. 30 anni fa.

Ha trovato la chiave giusta per creare una comicità dissacrante, nuova, surreale e senza schemi prefissati. Niente sketch, tanta improvvisazione. Ha saputo circondarsi di persone giuste per poterlo fare. La forza di trasmissioni come Quelli della notte o Alto gradimento stava nel non essere vincolate a una contingenza temporale. Erano attuali allora, lo sarebbero adesso, lo saranno tra vent’anni. Quello è il tipo di comicità in cui mi rispecchio. Non potrei mai fare, che so, satira politica, troppo vincolata al presente.

La politica passa, l’uomo, nei secoli, è sempre lo stesso.
Esatto. La nostra comicità è vicina alla poesia. La satira politica, è vicina alla cronaca.
Del suo rapporto con Arbore si parla spesso della mitica telefonata che lei gli fece, lasciando un messaggio in segreteria telefonica. Lui la richiamò e le propose di lavorare assieme.

Sì, è nato tutto così. Ma sarebbe riduttivo dire di essere stato scelto da Arbore grazie a quel messaggio, sembrerebbe quasi di aver avuto a che fare con un sorteggio. In realtà, lui si è incuriosito da subito al mio modo di fare comicità, perché lo ha trovato affine al suo. Sono riuscito a convincerlo perché in pochi secondi ho consendato l’essenza di quel che stava cercando.
Che ricordi ha, di quel periodo?

Le riunioni a casa di Arbore. Prendevo il treno per andarci, facevo il pendolare. Entravo, e mi sembrava di essere catapultato in un’astronave. C’era un team di lavoro molto coeso. La forza di quel gruppo stava lì, nella condivisione di un’idea comune di entertainment.
Quello spirito l’ha conservato?

Come trent’anni fa. Certo, sono migliorato tecnicamente col tempo, ho acquisito trucchi del mestiere, di quelli che si imparano con l’esperienza. Ma lo spirito è lo stesso.
Un ospite che le piacerebbe avere ne Il programmone?

Checco Zalone. L’ho sentito, è impegnato con la lavorazione del suo film, ma riusciremo a oganizzare qualcosa, magari un collegamento telefonico. Il mio obiettivo è avere 25000 ospiti, comunque. Segnatevelo.
Ai tempi di Quelli della notte, si vestiva da frate. Oggi in tv è popolare con la divisa da carabiniere in Don Matteo.
Forse il frate faceva più ridere. Ma il maresciallo Cecchini mi appartiene, è un’estensione della mia personalità. Torneremo con la decima stagione della fiction. Sono contento. Con gli anni, sono riuscito a cucirmelo addosso su misura. Lui ha moltissime mie caratteristiche, non solo fisiche o di gestualità. L’ho creato a mia immagine e somiglianza anche nella mentalità. Forse lui è un po’ più all’antica. Dietro a Don Matteo c’è una collaudata strategia di narrazione, uno studio preciso che intende raccontare anche la vita privata dei protagonisti, andando oltre il loro classico ruolo con addosso la divisa. Per questo il pubblico si è affezionato.
I suoi fan in che ruolo la apprezzano di più?

Ho due categorie di fan. Quelli più affezionati al mio aspetto surreale e alto, con la manipolazion del linguaggio e i paradossi. Per intenderci, quelli che hanno comprato il mio libro La mia autobiografia, 70%vera 80% falsa (Mondadori) e che mi seguono in radio. Poi c’è chi mi apprezza soprattutto per Don Matteo. Un carabiniere incarna valori positivi a tutto tondo. Ha un animo nazionalpopolare.
Qualche rimpianto di carriera?

Mi sento in credito con il cinema. Ma ho compensato con le serie tv, che consentono un approfondimento maggiore sui personaggi, data la loro lunghezza. Ma il cinema un po’ mi manca.
A proposito di serie tv: le guarda, anche?

Sono onnivoro di tv. Guardo anche tante serie americane. Rimango impressionato dalla tecnica e dalla confezione formale del prodotto. Per dire, noi in dieci anni di Don Matteo non abbiamo mai fatto esplodere un’automobile. Sarebbe costato troppo.
Visto che siamo in epoca di talent e reality, le piacerebbe partecipare a qualcuno di essi?

Come concorrente, no. Non mi interessa. Come giudice, lo farei solo perché è un bel modo per guadagnare senza fare niente. Ti siedi e commenti un’esibizione così come la commenteresti sul divano di casa.
Tornando indietro, farebbe scelte di carriera diverse?

All’inizio della mia carriera, ho anche accettato ruoli legati al compenso. Quando sei giovane, accetti un po’ tutto, perché non sai come andrà a finire negli anni successivi. Ma anche quando ho fatto scelte “commerciali”, penso di non aver mai tradito il mio pubblico. Sono solo canzonette, del resto.
Sarà anche conduttore di Stracult. Ci sono novità anche sul piano editoriale?

Marco Giusti e la sua squadra mi piacciono. Sono liberi e non sono snob. Quanto a La mia autobiografia, 70% Vera 80% Falsa, il meccanismo dell’autobiografia era una scusa per ridere di me stesso. Con Mondadori stiamo valutando l’ipotesi di un bis.

Gabriele Gambini
(Nella foto Nino Frassica)