Pubblicato il 24/06/2015, 12:02 | Scritto da La Redazione

Grandi manovre tra Sky e Vivendi che eccitano la Borsa – Gubitosi esalta Rai Pubblicità

Rassegna stampa: Libero, pagina 20, di Ugo Bertone.

Murdoch alza il prezzo di Sky. Vivendi e Vodafone scappano

Il risiko delle Tlc. Il magnate australiano chiede per il 39% della tv via satellite un premio del 73% rispetto al prezzo di Borsa: affare sfumato. Ma il mercato ci crede.

Avanti. C’è posto nell’arena delle tlc europee dove ormai competono in tanti, al di là delle etichette: gestori telecom fisso e mobile, piattaforme digitali, ovvero tutto quel che si muove sotto il segno della banda larga e ultralarga. Un grande territorio che ogni giorno, ormai, riserva novità. Lunedì ad agitare la City inglese è stato lo scoop domenicale del Sunday Telegraph che ha rivelato l’esistenza di due offerte, ormai tramontate, per l’acquisto del 39% di Sky detenuto dalla famiglia Murdoch. A farsi avanti sono state Vivendi, presieduta da Vincent Bolloré, e Vodafone, oggi per la verità concentrata sullo scambio di partecipate con il colosso Liberty Media controllato da Jack Malone. A entrambi, comunque, la famiglia Murdoch ha opposto un prezzo di vendita esorbitante (il 73% in più delle quotazioni). Ma la Borsa annusa aria di novità. Manco il tempo di digerire la notizia ed ecco che a Parigi si accendono altri fuochi di artificio. Patrick Drahi, il finanziere che un anno fa ha sfidato le ire del governo acquistando Sfr dalla stessa Vivendi, continua lo shopping. Ieri la sua Altice ha offerto dieci miliardi per Bouygues Telecom. In questo modo Drahi, che ha invano presentato un’offerta per T-Mobil, la controllata americana di Deutsche Telekom, aumenta la sua presa sul mercato. Ma il suo indebitamento, gestito con la consulenza di Morgan Stanley, sale a 33 miliardi. Più o meno la stessa cifra che grava sui conti di Telecom Italia, eredità che arriva da lontano e che ha limitato (e limita) la capacità di manovra dell’ex incumbent nella delicata partita della banda larga.

Oggi, massimo domani, i riflettori si spostano proprio sua società guidata da Marco Patuano in cui farà il suo ingresso Vivendi, il colosso multimediale presieduto da Vincent Bolloré, che già entro fine settimana potrebbe annunciare di aver raggiunto una quota del 14,9%. Una scommessa curiosa, visto che, più o meno un anno fa, Vivendi ha ceduto il controllo di Sfr, concentrandosi sulla missione di fornitore di contenuti, attraverso Canal Plus e la musica di Universal. La stessa offerta di Bolloré ai Murdoch nasceva da questa visione: dall’integrazione tra le piattaforme di Canal Plus e Sky poteva nascere una pay tv in grado di coprire sette mercati europei, con spalle abbastanza solide per reggere l’impatto con la concorrenza della tv via cavo o delle Telecom più aggressive, tipo Bt che ha strappato l’esclusiva della Premier League a Fox (sempre Murdoch) salvo poi regalarla, brutto colpo per sir Rupert, ai propri abbonati. Insomma, l’affondo di Bolloré in Telecom Italia suscita curiosità, anche perché la società non è ritenuta strategica, da quel che dice l’ad Arnaud de Puyfontaine. Un piccolo mistero anche agli occhi di Palazzo Chigi dove, si sa, cresce la tentazione di schierare la “nuova” Cdp nel capitale in funzione difensiva “dell’italianità”. Il sospetto è che l’azionista Bolloré, concentrato nella creazione di un gruppo concentrato sui contenuti, possa usare Telecom come moneta di scambio in una strategia più vasta.

Andrà così? Nulla si può escludere. Ma lo scenario competitivo è ben più vasto e complesso di quel che non emerga dalle diatribe nostrane su chi dovrà realizzare la banda larga. La realtà è che, come ben illustra il report diffuso ieri da Nomura, in Europa si è aperta una grande sfida alimentata, per la prima volta da dieci anni, dall’attesa di profitti crescenti per i competitore del Vecchio Continente. In parole più povere, il grande ballo delle fusioni è appena cominciato.

 

Rassegna stampa: Il Sole 24 Ore, pagina 14, di Andrea Biondi.

Rai, segni di risveglio dalla pubblicità

Dopo un febbraio pessimo il mercato sembra invertire la rotta. Piscopo: “2016 molto forte grazie a palinsesto solido”. Gubitosi: “La gestione di questi anni è la più indipendente e autonoma di sempre”.

«In questi anni abbiamo fatto la Rai più indipendente e autonoma di sempre». Davanti alla platea degli investitori pubblicitari invitati a Milano alla presentazione dei palinsesti per l’autunno 2015 e la primavera 2016, il direttore generale della Rai Luigi Gubitosi risponde così riferendosi al motivo di maggior orgoglio del suo mandato di dg della Rai: «La Rai ha superato le difficoltà in questi anni (chiuderà con un utile superiore ai 50 milioni, ndr) così come Rai Pubblicità si è rafforzata. E questo – ha aggiunto Gubitosi – capisco che può non fare piacere ai competitor». Di certo per la concessionaria della Rai questo sembra essere un momento da incorniciare. «Il miglioramento dei dati macroeconomici ci ha spinto a invertire la rotta e giugno è stato in overbooking dopo un marzo in pareggio, un aprile a +1% e un maggio a +9% su base annua», ha spiegato Fabrizio Piscopo, amministratore delegato di Rai Pubblicità.

Risultato? Con il miglioramento macroeconomico seguito a un mercato della pubblicità che «ha toccato il fondo lo scorso febbraio con la peggiore performance del settore in generale» il primo semestre «lo abbiamo chiuso in pareggio e quanto alle previsioni per l’anno contiamo di realizzare un +4-5% al netto dei Mondiali di calcio dello scorso anno». A conti fatti si parla di 795 milioni, collezionati grazie a un miglioramento macroeconomico, ma anche, ci tiene a dire Piscopo, «grazie a un’offerta di palinsesto solida» che permette di prevedere, a livello pubblicitario, «un 2016 molto forte» in cui si consoliderà anche un’offerta di branded content a livello pubblicitario che al momento ha portato a due produzioni: per Ferrovie dello Stato e per Yamamay. Si tratta di palinsesti che comunque non sono stati votati all’unanimità in Cda e che vanno a disegnare un’offerta di prodotto per l’emittente pubblica che dovrà scontrarsi con un mercato che già dalla prossima stagione promette di essere diverso visti attori entranti tout court (Netflix) o nell’arena della tv generalista (Discovery sul canale 9 e Sky attesa sul canale 8).

«L’arrivo di Netflix può in teoria non essere un problema per noi che siamo anche content provider», ha replicato il vicedirettore generale Rai, Antonio Marano. Diversa la questione legata all’allargamento della concorrenza sul fronte generalista. «Può essere un problema anche se, come accaduto in precedenza, la linea che ci siamo dati è non smontare l’offerta tipicamente Rai», ha poi aggiunto Marano commentando anche l’intervista di Renzo Arbore al Sole 24 Ore di ieri in cui l’artista aveva invitato la Rai a concentrarsi di più sui contenuti e a inseguire meno l’Auditel. «Sono convinto della qualità dei prodotti che facciamo – ha replicato Marano -, ma aldilà di questo è necessario pensare a programmi che siano visti. Altrimenti a pagare è la stessa qualità del prodotto». Andando nel dettaglio dell’offerta, oltre a molta fiction («le prime dieci fiction più viste la scorsa stagione sono tutte Rai» ha detto Marano) gli annunci di ieri hanno tratteggiato i contorni di una Rai mirata su live e grandi eventi, una Rai 2 che punta alla sperimentazione e, come detto dal suo direttore Angelo Teodoli, «a ringiovanire la sua audience» e una Rai 3 più legata a una tradizione da rivitalizzare in chiave «2.0» (nel 2016 sarà sugli schermi Rischiatutto di bongiorniana memoria, condotto da Fabio Fazio e torna anche Il Processo del lunedì, condotto da Enrico Varriale). Fra le novità annunciate ieri c’è l’arrivo della Gialappa’s a Quelli che il Calcio su Rai 2 ed è anche arrivata la conferma che si attendeva sul Festival di Sanremo: Carlo Conti lo condurrà nel 2016 e sarà direttore artistico fino al 2017.

 

(Nella foto Rupert Murdoch)