Pubblicato il 21/06/2015, 12:07 | Scritto da La Redazione
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“True Detective”: Veri, ma un po’ antichi

“True Detective”: Veri, ma un po’ antichi
Parte la seconda stagione di " True detective": meno mistero, più California (e tante critiche). Volti nuovi. Al posto di Woody Harrelson e Matthew McConaughey, ci sono Colin Farrell e Vince Vaughn. Anche la regia è cambiata.

 

Rassegna Stampa: Il Fatto Quotidiano, pagina 20, di Luca Raimondo

 

Veri, ma un po’ antichi

PARTE LA SECONDA STAGIONE DI ” TRUE DETECTIVE” : MENO MISTERO, PIÙ CALIFORNIA (E TANTE CRITICHE)

VOLTI NUOVI Al posto di Woody Harrelson e Matthew McConaughey, ci sono Colin Farrell e Vince Vaughn. Anche la regia è cambiata

IL LANCIO Sky Atlantic manda in onda la prima in contemporanea con l’America e in lingua originale già stanotte alle 3 del mattino, per poi replicarla alle 22.10 di domani e doppiata in italiano la settimana successiva

 

“Da piccolo volevo diventare un astronauta. Ma ormai gli astronauti non vanno neanche più sulla Luna”. Sono i sogni infranti quelli che angosciano la vita di Ray Velcoro, detective corrotto, che anni prima si è reso schiavo del boss della malavita Frank Semyon, decidendo di farsi giustizia da solo uccidendo l’ uomo che aveva violentato la moglie. Ora il matrimonio è finito e persino il figlio è terrorizzato da lui. L’ uomo che era un tempo non potrà più tornare.

Sono Colin Farrell e Vince Vaughn i due protagonisti della seconda stagione di True Detective, insieme a Rachel McAdams e Taylor Kitsch.

Ma stavolta Nic Pizzolatto, autore della serie, cambia decisamente strada rispetto alla prima acclamatissima stagione con Woody Harrelson e Matthew McConaughey. Se un anno fa il racconto si svolgeva tra le paludi della Louisiana, nel cuore dell’ America profonda e misteriosa, qui siamo proiettati in una California urbana, percorsa da autostrade che s’ intrecciano a perdita d’ occhio e illuminata come in un film di Michael Mann. Allora, il cuore della storia ruotava intorno alla relazione tra i due poliziotti, stavolta gli sbirri sono tre, ma un criminale ha un ruolo altrettanto centrale e, sorprendentemente, è per molti aspetti una vittima.

È QUESTO contesto da giallo tradizionale, rispetto al misticismo della prima stagione, ad aver fatto storcere la bocca a più di un critico negli Stati Uniti, ma le serie vanno giudicate nel loro complesso, ne riparleremo alla fine delle otto puntate. Intanto l’ attesa è tale che – replicando lo schema già riuscito con House of Cards e Il Trono di Spade – Sky Atlantic manderà in onda la prima in contemporanea con l’ America e in lingua originale già stanotte alle 3 del mattino, per poi replicarla alle 22. 10 di domani (lunedì 22 giugno) e doppiata in italiano la settimana successiva alle 21. 10.

Nel primo episodio impariamo a conoscere i personaggi, i segreti, i demoni e il desiderio di autodistruzione che li perseguitano. Scopriamo che Frank Semyon sta facendo di tutto per ripulire la sua immagine e trasformarsi da criminale in rispettato uomo d’ affari. Tutto crollerà quando verrà ucciso brutalmente Ben Caspar, il socio d’ affari attraverso il quale Semyon sta organizzando un business legato alla rete di trasporti dello Stato. I tre poliziotti verranno coinvolti nell’ indagine e Velcoro sarà costretto a fare anche il lavoro sporco per Frank, che rischia di veder crollare il suo impero del crimine come un castello di carte.

Per raccontare la Los Angeles di oggi, Pizzolatto si affida nei primi episodi ad un regista in grande ascesa (il taiwanese Justin Lin, che ha all’ attivo quattro Fast and Furious e il prossimo Star Trek) ma soprattutto alla memoria delle grandi cri-me story del passato, sia letterarie che cinematografiche. Se il racconto è moderno, i riferimenti lo sono meno. C’ è la classicità di Raymond Chandler e Dashiell Hammett, il complesso legame tra malaffare, polizia, politica e perversione sessuale di James Ellroy, echi di cinema noir e una citazione palese di Chinatown : nel capolavoro di Roman Polanski la corruzione ruotava intorno alla costruzione di un bacino idrico, qui ad un sistema di trasporti che potrebbe cambiare il volto della California.

È UN MALE sottile, pervasivo, che non lascia indenne nessuno, quello che domina la scena. Lo si capisce fin dalla stupenda sigla, sulle note di Nevermind, una canzone di Leonard Cohen tratta da Popular Problems, l’ ultimo disco del grande poeta e cantautore canadese : ” Non mi hanno mai catturato / Anche se ci hanno provato in molti / Vivo in mezzo a voi / Ben nascosto … “. E mentre vediamo caricare in macchina il cadavere del povero Ben Caspar, per pochi secondi viene inquadrata accanto al suo corpo una statuetta raffigurante un falcone nero. Come quello che -citando Shakespeare nel finale cinematografico del Falcone Maltese -per John Huston era ” fatto della materia di cui sono fatti i sogni”. Sogni che muoiono nella livida luce di una California che somiglia più al Paradiso Perduto che alla Terra Promessa.