Pubblicato il 18/06/2015, 15:33 | Scritto da Peter Parker
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Se Fabio Fazio avesse avuto più coraggio sarebbe potuto diventare come Renzo Arbore

Visto il grande successo ottenuto da Renzo Arbore nel programma di Fabio Fazio, la domanda sorge spontanea e la poniamo in stile Massimo Catalano: cosa manca a Fazio per essere Arbore? Il dilemma ci potrebbe portare a un confronto noioso tra la tv di qualche decennio fa e quella di oggi. A noi quel confronto serve solo a partire dall’assunto che si tratta di due presentatori di programmi visti da un buon numero di spettatori e generalmente ben trattati dai critici. Come si è evinto anche l’altra sera su Rai 3, Fazio ha assunto Arbore come suo modello di riferimento e, nella migliore delle ipotesi da lui auspicate, aspira a esserne l’erede: la gioia e la partecipazione con le quali ha condotto la puntata di sabato scorso, seduto sul divano di Quelli della notte tra Maurizio Ferrini e Nino Frassica, hanno testimoniato l’evidente identificazione del mondo faziesco nello stile arboriano. Il rimpianto di non essere stato seduto lì anni fa, la certezza che con una macchina del tempo avrebbe avuto le carte in regola per far parte della squadra si percepivano a vista d’occhio. E quindi torniamo al problema: cosa manca a Fazio per essere Arbore?

La risposta è semplice. La scelta. Che implica coraggio. Arbore ha sempre scelto: di fare una televisione diversa, di dar voce a personaggi e messaggi che riteneva moralmente e eticamente importanti, secondo la sua concezione della vita, di condurre trasmissioni controcorrente, accogliere ospiti scomodi che lui amava da anni e sapeva che il suo pubblico avrebbe amato. Ha scelto Roberto Benigni e Catalano, Roberto D’Agostino e Ferrini, Mario Marenco e Giorgio Bracardi, Isabella Rossellini e Andy Luotto. E scelse di lanciare il professor Aristogitone-Marenco e la centralinista interpretata da Simona Marchini, il bravo presentatore Frassica e la presa in giro della tv delle lacrime. Fazio non sceglie: staziona in una linea di tv da salotto, un po’ fighetta, che parla bene, quasi mai si abbassa e difficilmente si sporca le mani. La differenza tra ospitare Massimo Gramellini e Roberto D’Agostino è tutta lì. Soprattutto Fazio “legittima” ed è il vizio della televisione italiana di oggi, con lui ci sono anche Fiorello e Bruno Vespa, Barbara D’Urso e Mara Venier, Daria Bignardi e Massimo Giletti. Legittima Berlusconi come fosse Roberto Saviano, legittima Marco Mengoni come fosse Francesco De Gregori. Legittima tutti quelli che lui ritiene siano degni di sedere nel suo spazio.

Arbore non ha mai legittimato. Ha proposto, inventato, scoperto, osato, sperimentato, anche nelle sue scelte artistiche successive ai suoi programmi tv quando decise, contro tutto e tutti (critici snob compresi che lo hanno sempre colpevolmente sbertucciato), di dedicarsi all’esportazione della canzone napoletana, mettendo legittimamente la sua grande passione a servizio del profitto. Arbore, dicevo, ha scelto. Non con fare guerrigliero o rivoluzionario, intendiamoci, sapendo di non essere Dario Fo, o Daniele Luttazzi o Adriano Celentano, ma con aria sbarazzina e divertita come lo stile di vita che ha sempre portato avanti. Questo ha marcato e marca la vera, grande distanza tra Fazio e Arbore: non di successo (popolarità-potere-soldi), perché quello di cui oggi gode Fazio è anche maggiore di quello che aveva Arbore. Ma di riconoscenza, di arte e di talento. Quella che i romani chiamavano gloria. Per questo motivo Arbore, trent’anni dopo, è ancora ricordato con nostalgia e affetto per i programmi che ha fatto. Ci siamo identificati in Fazio in questi anni? È stata la nostra storia? Ci appartiene? Ci rappresenta? Quando viviamo le nostre anonime giornate di spettatori, ci viene da ispirarci a lui o ai suoi modi di fare programmi? Fazio è furbo, più furbo di Arbore, ma questo non basta per essergli grati. La gratitudine è quella che abbiamo per averci mostrato il gesto della mano di Riccardo Pazzaglia quando voleva dire che il livello era caduto in basso. È più difficile ospitare quel gesto che Roberto Saviano, con tutto il rispetto per Saviano. Quello di Pazzaglia è un gesto controcorrente, che ci vendica e ci consola, che ci viene in mente e che non abbiamo coraggio di fare, ma che vorremmo fare tante volte durante il giorno. Per usare ancora un esempio arboriano, la tv di Fazio è un brodo primordiale, un mischione dove finisce che non capisci la differenza tra Marco Mengoni e Francesco Guccini. Ecco, la differenza è quella lì. Ci sono persone che hanno successo, altre che ci conquistano l’anima.

 

Peter Parker

 

(Nella foto Fabio Fazio e Renzo Arbore)