Pubblicato il 21/02/2014, 20:04 | Scritto da La Redazione

ALESSIO VASSALLO: «”IL GIOVANE MONTALBANO” STA TORNANDO. SONO PRONTO A FARMI RICRESCERE I BAFFI PER INTERPRETARE MIMÌ AUGELLO»

Dalla fiction ispirata ai romanzi di Camilleri, alla trilogia Rai “Gli anni spezzati”, dall’utilizzo di Twitter ai commenti sul Festival di Sanremo, non scordando il calcio, sua grande passione: l’attore siciliano non si è risparmiato e ha amabilmente conversato con TVZOOM, raccontandosi e raccontando.meta name=”news_keywords” content=”<alessio vassallo, mimì augello, il giovane montalbano, gli anni spezzati, madre aiutami, i borgia>”

Mimì Augello tornerà sul set. Il femminaro d’altri tempi, il “Marcello Mastroianni” in versione sbirro immaginato da Camilleri, rispolvererà il baffo tattico, i capelli impomatati, i quintali di profumo, per concupire leggiadre fanciulle isolane.
Alessio Vassallo, che a Mimì dà corpo e anima ne Il giovane Montalbano, ne è ben felice. «Da fan dei romanzi di Camilleri, per me è una delle più belle sfide professionali affrontate fino a oggi», dice.

Dopo le avventure sul set internazionale de I Borgia, dopo il ruolo da cattivo nella fiction Madre, Aiutami e di Roberto Nigro ne Il giudice, all’interno della trilogia Rai Gli anni spezzati, sugli anni di piombo, per Vassallo continua il momento d’oro.
Con Mimì tornerà anche la malìa dell’iterazione di gesti cavallereschi dimenticati, come il baciamano o il cedere il passo alle signore, «Comportamenti quasi preistorici per la generazione Twitter», ridacchia l’attore palermitano.

Lei ha ragione, Alessio, ormai facciamo parte della “generazione Twitter”.
«Sai che Twitter mi mette ansia? Preferisco Facebook, è più democratico. Consente maggior confronto. Con 140 caratteri, tutto diventa claustrofobico e standardizzato. Ognuno si sente custode di una verità assoluta».
Lei ha trent’anni. Non mi dica che non usa Twitter.
«Proprio perché ho trent’anni, sono nella generazione di mezzo. Nato in epoca analogica e cresciuto in quella digitale. Detto questo, certo, ho sia Twitter, sia Facebook. Mi diverto come tutti a dire la mia, a fare commenti, a sparare qualche cattiveria. Fa parte del gioco. Ma mi diverto di più quando c’è un confronto propositivo e non solo sentenze sputate un po’ a caso (ride, nda). Fermo restando che ormai twittano tutti. Anche il Papa».
Tweet a gogò, specie in periodo sanremese.
«Ecco, numerosi tweet su Sanremo mi hanno fatto divertire. Quanto al Festival, lo sto seguendo. Ho trovato le canzoni dei concorrenti non sempre orecchiabili al primo impatto. Mi sta piacendo la Littizzetto, l’ho sempre apprezzata. Ero innamorato di Laetitia Casta e, rivedendola sullo schermo, mi sono innamorato ancora. Ho riso grazie a Pif e alla sua gag sull’importanza di avere i “pass” per entrare all’Ariston. Gag contraddetta dall’avvenimento successivo, quello degli operai aspiranti suicidi. Capisco la crisi e il voler essere ascoltati, ma quando tutto deve essere per forza spettacolarizzato, c’è qualcosa che non quadra».
Lei, grazie ai social, mantiene anche un contatto con i fan?
«Certo, mi capita. Uno dei tweet che più mi ha sorpreso è arrivato dall’Inghilterra. Diceva: “Your’re the young Mimì”, cioè “Sei il giovane Mimì”. Segno che Montalbano, sia la serie principale, sia il prequel, riscuote un successo internazionale, grazie alla distribuzione e agli ottimi riscontri».
Il Giovane Montalbano è infatti sulla rampa di lancio per un ritorno.
«Tra un po’ mi faccio ricrescere i baffi e torno nei panni di Augello. In questo momento, la produzione sta lavorando sulla sceneggiatura. Inizieremo a girare a settembre. Le nuove storie non avranno bisogno della carrellata introduttiva dei protagonisti da giovani. Ormai sono conosciuti al grande pubblico. Quindi si entrerà subito nel cuore delle indagini. Appassionante, soprattutto perché si attinge da un patrimonio letterario come quello di Camilleri. Io sono un suo fan accanito, ho letto tutti i suoi libri».
Ricordo bene quando mi ha raccontato dell’arrivo improvviso di Camilleri sul set. Una bella strizza!
«È arrivato sul set all’improvviso e ci ha chiesto di provare una scena davanti ai suoi occhi. Una paura tremenda, le gambe sembravano pietrificate. Per fortuna tutto è andato alla grande».
L’esportazione a livello europeo, sia del Montalbano di Zingaretti, sia del Giovane Montalbano, è un fiore all’occhiello per le nostre fiction.
«Potrebbe essere la nostra Downton Abbey, per valore riconosciuto. C’è un approfondito studio dietro a ogni personaggio, un’analisi delle complessità svolta con professionalità teatrale. E poi c’è il realismo tipico della commedia, capace di alternare momenti di divertimento a momenti di introspezione malinconica».
Nel realismo non trascurate nessun particolare, giusto? Si dice che Mimì Augello ami buttarsi addosso tonnellate di profumo…
«Infatti le prime volte che sono arrivato sul set, tutti mi schifavano, perché ero stato obbligato a mettermi addosso una valanga di profumo di dubbia qualità (ride, nda). Fa parte del personaggio, Augello tenta di scimmiottare i seduttori d’altri tempi in tutto e per tutto, con tratti spassosi».
Lei è reduce anche dall’esperienza nella trilogia Gli anni spezzati. I tre film hanno suscitato opinoni controverse, le critiche alla ricostruzione non sono mancate. Che ne pensa?
«In realtà, il grosso delle critiche era indirizzato alla puntata dedicata all’omicidio Calabresi. Un argomento spinoso, specie perché la famiglia Calabresi non aveva fornito appoggio alla realizzazione del film. Io ho recitato nella puntata dedicata a Sossi e, in quel caso, abbiamo goduto dell’appoggio delle famiglie Sossi e Coco. Detto questo, ben vengano le critiche, anche feroci, se possono essere utili a alimentare una discussione propositiva. Il progetto Gli anni spezzati è tra i più importanti a cui ho partecipato. Sono nato nell’83, non ho vissuto gli anni di piombo, ho studiato e mi sono documentato per svolgere al meglio il mio ruolo. I riscontri di pubblico sono stati soddisfacenti. Di solito, gli spettatori, puntano sullo splatter, sull’azione serrata. Sono felice abbiano apprezzato un prodotto che induce delle riflessioni».
Poco dopo è arrivata la parte anche in Madre, Aiutami.
«Mi ha divertito. Virna Lisi è una grande attrice. Si è trattato di un prodotto più classico, in linea con le fiction italiane destinate a un target pop».
Don Matteo che risolve i casi, Elena Sofia Ricci e Virna Lisi nei panni di suore, Il tredicesimo apostolo su Canale 5 alle prese con il paranormale. In Italia, le fiction dedicate ai sacerdoti sono tra le più gettonate.
«Per forza, se non le facciamo noi, che abbiamo il Vaticano in casa, chi dovrebbe girare i prodotti con suore e preti? In Italia, la visione cattolica è onnipresente, molto più che in altri popoli. E porta con sé il concetto di peccato, con i suoi condizionamenti culturali, i suoi “pro” e i suoi “contro” inevitabili».
In Italia, nelle fiction, sono tutti un po’ sbirri o un po’ preti, si dice.
«Mi auguro arrivi anche da noi il concetto di serial all’americana, per lo meno nell’impostazione. Non dico di realizzare serie come Breaking Bad, sarebbe impensabile parlare, in prima serata su una generalista, di un professore ammalato di cancro che si mette a spacciare metanfetamine per mantenere la famiglia. Però, in generale, dare a molte delle fiction classiche un taglio dinamico e fluido nella realizzazione, non sarebbe male».
Quali sono i suoi ulteriori progetti in cantiere?
«Nell’imminente futuro sarò di nuovo in onda sulla Rai, nel cast della miniserie A Testa alta, dedicata ai martiri di Fiesole. Ho recitato a fianco di Giorgio Pasotti e Johannes Brandrup. Poi, in uscita nei cinema, c’è la commedia Fino a qui tutto bene, che ho girato quest’estate».
Soddisfatto del percorso fatto fino a oggi? Coltiva qualche sogno nel cassetto?
«Fino a qui tutto bene, appunto (ride, nda). Nel senso che sono appagato dalla mia esperienza televisiva vissuta fino a oggi. Potendo scegliere, mi piacerebbe un’altra avventura internazionale come avvenuto ne I Borgia. E qualche ulteriore progetto per il cinema».
Quest’anno non la vediamo a Quelli che il calcio. Il suo Palermo, infatti, milita in serie B…
«Ci tornerò l’anno prossimo, quando il Palermo tornerà in A e, incrociamo le dita, tenterà di togliersi nuovamente qualche soddisfazione. L’anno scorso, vederlo retrocedere è stata una sofferenza. Spero di non aver portato sfortuna, commentandolo come ospite a Quelli che il calcio (ride, nda). Comunque, un anno di Purgatorio non mi ha tolto la passione per la mia squadra del cuore, anzi. Uno degli obiettivi di quest’anno, è andarmi a vedere la partita Latina-Palermo. Uno sfizio che voglio togliermi, vivendo a Roma».
Io sono milanista. Il suo Presidente, Zamparini, ha esonerato Gattuso come allenatore. Che mi dice?
«Ti dico che è dispiaciuto anche a me, sarebbe stato bello continuare con Gattuso. Sulle prime, ho pensato a una delle tante scelte istintive di Zamparini, poco incline a perdonare gli allenatori. Però, risultati alla mano, con l’arrivo di Iachini siamo risaliti in classifica e siamo pronti ad afferrare la promozione. Sperando, l’anno prossimo, di allestire una squadra competitiva».
E di osservare i vostri rivali del Catania retrocedere, magari!
«Ma no, il Catania è una bella squadra, ha le carte in regola per salvarsi. Certo, un po’ di B, come è capitato a noi, ogni tanto non fa del tutto male, sia chiaro (ride, nda)…».

 

Gabriele Gambini

(Nella foto Alessio Vassallo)