Pubblicato il 18/10/2013, 17:45 | Scritto da La Redazione

LUCA BARBARESCHI SU “OLIVETTI”: «RACCONTIAMO UN PEZZO D’ITALIA CHE NON RINUNCIAVA A SOGNARE»

LUCA BARBARESCHI SU “OLIVETTI”: «RACCONTIAMO UN PEZZO D’ITALIA CHE NON RINUNCIAVA A SOGNARE»
Due prime serate, il 28 e il 29 ottobre, con la fiction che racconta la vicenda umana dell’industriale di Ivrea, inventore della celebre “Lettera 22” e apripista nel pensare a un nuovo modo di intendere il rapporto con i dipendenti.meta name=”news_keywords” content=”olivetti, luca zingaretti, luca barbareschi, rai 1“ Pensi all’Italia di oggi divorata dalla crisi […]

Due prime serate, il 28 e il 29 ottobre, con la fiction che racconta la vicenda umana dell’industriale di Ivrea, inventore della celebre “Lettera 22” e apripista nel pensare a un nuovo modo di intendere il rapporto con i dipendenti.meta name=”news_keywords” content=”olivetti, luca zingaretti, luca barbareschi, rai 1

Pensi all’Italia di oggi divorata dalla crisi e ti viene in mente un luogo comune da brivido: si stava meglio quando si stava peggio? La risposta potrebbe essere: si sta meglio oggi, pensando a quanto si potrebbe star bene domani se si facesse tesoro degli esempi di ieri. La fiction Adriano Olivetti, la forza di un sogno, prodotta da Rai, Telecom, dalla Casanova Multimedia di Luca Barbareschi e diretta da Michele Soavi, nipote dell’imprenditore di Ivrea, punta a questo: mostrare un esempio. Raccontando la vicenda umana dell’industriale attraverso il filtro didascalico del nazionalpopolare, con i contorni biografici che si saldano al mito , con “i buoni”, con “i cattivi” , in una celebrazione conciliante di un intellettuale borghese. «La specialità di Casanova Multimedia, negli ultimi anni, è stata quella di raccontare l’Italia attraverso i personaggi che l’hanno rappresentata al meglio», dice Luca Barbareschi durante la presentazione meneghina.

E allora, spazio a Luca Zingaretti nel ruolo del protagonista, lasciate perdere Montalbano. Olivetti il visionario, che progetta la “Lettera 22”, una rivoluzione in stile i-phone, macchina da scrivere “colorata, snella e leggerissima”, quando le ricerche di mercato impongono un prodotto “solido e robusto”, perché “la gente è per natura conservatrice, bisogna dar loro novità capaci di farla sognare”. Olivetti il lungimirante, che negli anni ’50 pensa a una fabbrica con biblioteche, palestre, cinematografo e servizi sanitari efficienti, perché “il lavoro è un riscatto, non una costrizione, e il riscatto avviene solo laddove coesistono produzione, cultura e bellezza”. Olivetti l’uomo, che vive con sincera passione il suo rapporto con le donne (nel cast spiccano Francesca Cavallin e Stefania Rocca). Olivetti il disegnatore di utopie, osteggiato dal capitalismo tradizionale (emblematica la figura dell’imprenditore Dalmasso, interpretato da Francesco Pannofino) e guardato con sospetto dagli americani, attenti nel monitorarlo in un’ottica da spy story. Olivetti lo sfortunato, che muore d’infarto a 59 anni, portando con sé i contorni sfumati di un’ipotesi quasi di complotto.

La fiction non risolve la complessità del progetto politico dell’industriale, un mix di socialismo comunitarista e etica cattolica del lavoro, rimasto incompiuto e controverso, vero fine ultimo di un’idealista che vedeva nella modernizzazione della sua fabbrica la palestra per sperimentare il progetto di modernizzazione di una Nazione. Cerca però di filtrarne le idee, semplificandole per una prima serata Rai.
«Il nostro scopo è raccontare un pezzo d’Italia che tutti sogniamo, un’Italia con piccole regole vittoriane, capace di conciliare tradizione e innovazione», continua Barbareschi. «Ho scelto volutamente Milano come luogo di presentazione della fiction perché è una città ricca di sensibilità, ha sempre mostrato una forte capacità di reazione ai momenti di crisi. Mi viene in mente un aneddoto: dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale, il sindaco Greppi, come prima cosa, fece restaurare il Teatro alla Scala, sottolineando: “Se la cultura funziona, arriva anche il pane”. Adriano Olivetti la pensava allo stesso modo: lavoro e produttività non possono essere slegati da cultura, bellezza e innovazione».

Intanto, nei nostri giorni, anche la storica azienda Mivar sta per chiudere i battenti. Forse non si stava meglio quando si stava peggio, ma è tempo di darsi una mossa.

 

Gabriele Gambini

(Nella foto Luca Zingaretti nei panni di Adriano Olivetti)