Pubblicato il 10/02/2013, 13:07 | Scritto da La Redazione

NINO FRASSICA TRA RADIO, “DON MATTEO” E “I MIGLIORI ANNI”: «NON MI È MAI INTERESSATO ESSERE CONSIDERATO BRAVO MA RISULTARE ORIGINALE»

NINO FRASSICA TRA RADIO, “DON MATTEO” E “I MIGLIORI ANNI”: «NON MI È MAI INTERESSATO ESSERE CONSIDERATO BRAVO MA RISULTARE ORIGINALE»
Dal suo ruolo ne “I Migliori anni”, alla prossima stagione di “Don Matteo”, dai tempi di Arbore ai rimpianti di carriera: il comico siciliano non si è risparmiato, raccontandosi a TVZOOM.   Ogni sabato su Rai Uno in prima serata, con I Migliori Anni, Nino Frassica è l’elemento destabilizzante. Il surreale è la cifra stilistica […]

Dal suo ruolo ne “I Migliori anni”, alla prossima stagione di “Don Matteo”, dai tempi di Arbore ai rimpianti di carriera: il comico siciliano non si è risparmiato, raccontandosi a TVZOOM.

 

Ogni sabato su Rai Uno in prima serata, con I Migliori Anni, Nino Frassica è l’elemento destabilizzante. Il surreale è la cifra stilistica sulla camicia di forza del suo talento innato e, grazie a un repertorio linguistico paradossale, riesce a tenere banco e nel contempo a sbancarlo, mostrando le pieghe irresistibili di un’attitudine poliedrica.
Forgiato alla scuola di Renzo Arbore – erano i tempi di Quelli della notte e di Indietro Tutta – in trent’anni di carriera si è destreggiato con successo tra varietà, tv, teatro e cinema.

«Ma col cinema mi sento in credito, è forse il settore dove ho avuto fino a oggi minor libertà d’esprimermi», ammette, in attesa di girare la nuova stagione di Don Matteo e di tornare in tv con il film tv La Tempesta.
Il suo ruolo di giudice ne I Migliori Quiz, all’interno de I Migliori anni non smette di divertire.
«Ieri mi sono occupato di ballo. Ballando con il quiz. Oggi i balli moderni hanno centomila nomi, una volta esisteva solo o lo shake o il lento. Con questo presupposto ho impostato un gioco apparentemente serio e misterioso, che è diventato il momento goliardico della sfida tra i concorrenti del Nord e i concorrenti del Sud».
I suoi momenti goliardici hanno un denominatore comune: il gusto per il paradosso, anche linguistico, e la scelta di virare sempre sul surreale per indagare la realtà. Che cosa è invece fuori dalle sue corde?
«Non farei mai ironia su qualcosa che mi addolora, sulle persone più deboli o in difficoltà, come i ciechi o i disabili. Il bello di fare il comico è poter colpire i forti. Che poi, spesso, è anche lo scopo di chi fa satira su attualità o politica».
Ma lei non farebbe mai satira politica, giusto?
«Il limite della satira, specie di quella connessa alla politica, è la sua stretta contingenza temporale. Una battuta su un politico può far ridere se limitata alla giornata in cui quel politico ha fatto una determinata cosa. Ma, a distanza di pochi mesi, già passa nel dimenticatoio, sostituita da nuova satira su nuova attualità. A me non interessa la comicità con tempi d’azione limitati. Voglio proporre qualcosa che possa durare nel tempo, che possa far ridere anche a distanza di anni. E poi, con la politica io sono un ballerino. Nel senso che cambio idea spesso».

Il valore aggiunto della comicità sta nella sua capacità di resistere al tempo?
«Prendiamo Indietro Tutta. Il 90% del programma potrebbe essere riproposto anche oggi, divertendo il pubblico nonostante sia stato inventato trent’anni fa. Oppure la commedia all’italiana. Riesce a divertire a distanza di tempo perché l’uomo, in fondo, a parte piccole differenze, nella sostanza rimane sempre lo stesso».
A proposito di Indietro Tutta e del suo rapporto con Arbore. È vero che lo convinse a farla lavorare con lui grazie a un messaggio lasciato nella sua segreteria telefonica?
«Sì, è nato tutto così. Ma sarebbe riduttivo dire di essere stato scelto da Arbore grazie a quel messaggio, sembrerebbe quasi di aver avuto a che fare con un sorteggio. In realtà, lui si è incuriosito da subito al mio modo di fare comicità, perché lo ha trovato affine al suo. Sono riuscito a convincerlo perché in pochi secondi ho consendato l’essenza di quel che stava cercando. Da lì, sono iniziate le prime collaborazioni in radio con Alto Gradimento. Poi in tv, con Quelli della notte».
Che cosa è cambiato oggi, rispetto a quel modo di fare tv?
«Nella confezione formale, la tv di oggi è nettamente migliore. È migliorato il montaggio, il modo di intendere la regia. Nella sostanza, dipende. Però, guardando format di successo come X Factor, non si può negare che sia un eccellente prodotto. Oppure Italia’s Got Talent, il nostro diretto concorrente, che ha appreso la lezione della Corrida, migliorandola».
Nino Frassica non è solo uomo di varietà televisivo. È attore di fiction, di teatro, negli anni non si è risparmiato, confrontandosi con tutti i ruoli che l’arte rappresentativa gli ha messo a disposizione.
«Cerco di portare con me tutto quello che ho imparato. Quando faccio fiction, metto in campo tutti i trucchi che ho appreso nel varietà. In questo modo, sono certo di lasciare il mio stampo, il mio marchio di fabbrica nell’interpretazione. Ne I Migliori Anni, il mio spazio ha tempi che ricordano in larga misura quelli teatrali. Il gusto per il nonsense invece l’ho coltivato facendo radio». 
La sua ambizione è quella di lasciare la sua impronta, facendo sì che sia considerata unica?
«Non mi interessa essere considerato “bravo”. Di bravi ce ne sono tanti. Mi ha sempre interessato risultare originale, quello sì».
Originale anche quando indossa la divisa di Maresciallo dell’Arma.
«Tra un mese inizieranno le riprese della nuova serie di Don Matteo. Il maresciallo Cecchini ormai mi appartiene a tutto tondo. Lui ha moltissime mie caratteristiche, non solo fisiche o di gestualità. L’ho creato a mia immagine e somiglianza anche nella mentalità. Con la differenza che forse lui è un po’ più retrogado e all’antica di me».
E il pubblico non si stanca mai di lui, così come non si stanca di Don Matteo.
«Dietro a Don Matteo c’è una collaudata strategia di narrazione, uno studio preciso che intende raccontare anche la vita privata dei protagonisti, andando oltre il loro classico ruolo con addosso la divisa. Per questo il pubblico si è affezionato a loro. Vuole entrare nei meandri del loro privato, conoscerli veramente. Nella prossima stagione, il privato dei personaggi avrà ancora maggiore spazio».
Ripercorrendo tutte le tappe che l’hanno condotta a oggi, tra varietà, teatro, fiction e cinema, c’è qualcosa che non rifarebbe o che rifarebbe diversamente?
«Se potessi tornare indietro, riconsidererei le scelte legate al cinema. Non avendo avuto subito delle alternative, ho accettato ruoli che oggi non accetterei più. L’essenziale, per il mio lavoro, è godere di carta bianca creativa. In radio, anche in questo periodo con Meno male che c’è radio 2, ho totale libertà di espressione. La stessa cosa negli spazi all’interno dei varietà televisivi. O nel teatro. Per il cinema è più complicato, avere carta bianca sul grande schermo è un privilegio riservato a chi sa padroneggiare al meglio la regia, la sceneggiatura, oltre che la recitazione. Come Carlo Verdone, per esempio».
Dunque il suo rimpianto è il cinema?
«Diciamo che con il cinema mi sento in credito. Ma non si può avere tutto».
Adesso la sottopongo io a un quiz.  Mi dica nomi di persone che hanno influenzato o ispirato le sue scelte di carriera.
«Arbore e tutta la compagnia di Alto Gradimento. Totò. Eduardo De Filippo. Ma anche Alberto Sordi. E, per l’aspetto surreale del mio essere, Renato Pozzetto».
Chi le piace tra i giovani?
«Maccio Capatonda. A furia di scavare e di cercare, anche tra le nuove leve si scoprono talenti interessanti».
Mi tolga una curiosità: è vero che un giorno lei compilò una schedina destinata a fare 13, ma si dimenticò di giocarla?
«È verissimo. Io di calcio non me ne intendo. L’avevo compilata a casaccio, scegliendo i risultati o per simpatia o per scandire un determinato ritmo tra “1”, “X” e “2”. Alla fine il 13 è uscito ma io non la giocai. Però, direi che nella vita ho vinto al Totocalcio in un’altra maniera».

 

Gabriele Gambini

(nella foto, Nino Frassica)