Pubblicato il 29/01/2013, 14:31 | Scritto da La Redazione

CARLO VANZINI E LA FORMULA UNO TARGATA SKY, TRA EMOZIONI E TECNOLOGIA

TVZOOM ha incontrato il telecronista che racconterà in diretta sensazioni, gioie e dolori del Campionato Mondiale di Formula Uno, in esclusiva per gli abbonati Sky.

I riti di passaggio sono adorabili. Specie quando il passaggio non è obbligato ma scelto, e quando il rito va a braccetto con il ritmo. Il rito della Formula Uno, l’appuntamento pagano con cui lo spettatore appassionato (uomo normale che giustifica con l’eroismo le superiori prodezze di chi gli appare simile eppure irraggiungibile persino nei sogni dell’abbiocco post prandiale domenicale) versa il suo tributo adrenalinico sull’altare della velocità più glamour del pianeta, ha i suoi codici linguistici.
Un esempio? Quando nella vita si arriva a un bivio si dice “sliding doors”. In Formula Uno si dice “variante”. Parola di Carlo Vanzini, telecronista partecipe, che si emoziona e sa emozionare, capace di creare l’effetto domino delle sensazioni a cascata senza… cascare nell’equivoco della mancanza di obiettività narrativa.
Soprattutto quest’anno, con i motori pronti a rombare e con Sky ai blocchi di partenza per garantire una serie di esclusive ai propri abbonati che mai si erano viste in Italia. 
«A cominciare dalla nascita di un canale tematico interamente dedicato alla Formula Uno, 24 ore su 24», sottolinea Vanzini, «Con le dirette dei Gran Premi grazie a una copertura live totale, visibile anche in streaming su smartphone e tablets con il supporto Sky Go».
A lei, Vanzini, il compito di rendere accattivante la narrazione.
«La copertura Sky consente di avere una Formula Uno vista, vissuta e respirata molto più da vicino. Intendiamo essere occhi e orecchie dei nostri abbonati sotto tutti gli aspetti, dal dietro le quinte dei box fino al traguardo, non scordando la patina glamour che caratterizza lo sport più esclusivo del pianeta, con solo 22 partecipanti a contendersi un Campionato del Mondo».
Quali sono gli obiettivi che vi ponete nei confronti del telespettatore?

«Raccontare la figura dell’eroe-pilota in primis. Riscoprirla, valorizzarla, per avvicinare al mondo delle corse anche chi non è necessariamente appassionato, ma sa farsi coinvolgere, magari conoscendo sullo schermo qualche protagonista forte, degno di interesse. E poi, vogliamo attirare i giovani sotto i 40 anni. Oltre a eliminare la classica pennichella di chi si mette sul divano a guardare il Gran Premio e finisce con l’addormentarsi».
E non bisognerebbe mai addormentarsi. L’emozione è dietro l’angolo. E ha i suoi codici, giusto?
«Il sound dei motori, per esempio. Quest’anno particolarmente realistico grazie al Dolby Surround 5.1. che consentirà di avere le monoposto nel proprio salotto di casa, eliminando, e lo dico a mio sfavore, anche il commento del telecronista, se lo si desidera. I colori delle macchine. L’uso di un linguaggio sì tecnico, ma comprensibile anche per chi deve essere educato al mondo delle corse. L’attenzione adrenalinca sulle strategie e la lettura della gara. Lì c’è l’essenza di una corsa. Oltre al glamour degli ospiti di contorno».
Quest’anno sarà sfida vera. Ma il Leviatano porta sempre il nome Red Bull.
«A macchine ferme è difficile pensare di poter ridurre il gap tra le Red Bull e le altre scuderie. Nella scorsa stagione, la Ferrari era riuscita a migliorare tecnicamente, pur avendo bisogno di uno sviluppo diverso. Con modifiche ben studiate in galleria del vento, quest’anno potrà sicuramente progredire. Un problema della Ferrari, l’anno scorso, stava nella difficoltà di mantenere in temperatura le gomme. Poi non dimentichiamo la McLaren: il Mondiale della stagione trascorsa, l’hanno perso loro».
E poi ci sono gli outsider.
«L’ottima Lotus, con Raikkonen. Fermo restando che dal 2014, con il nuovo regolamento, molte cose cambieranno».
Le nuove regole. Pensate magari per arginare proprio lo strapotere Red Bull.
«Come spesso accade, le modifiche inserite ai regolamenti sono utili per compensare la supremazia di un team vincente. Era accaduto anche con la Ferrari, in passato. I team oggi stanno lavorando su un doppio binario, quello del 2013 e quello del 2014. Ci sarà più meccanica e meno aerodinamica».
Per un cronista come lei, le emozioni vissute a livello personale saranno infinite. Me ne racconti una. 
«Salire in postazione commento per la prima volta a Silverstone e rendermi conto di essere uno dei soli quindici telecronisti provenienti da tutto il mondo a raccontare il Gran Premio. Questo a livello strettamente personale».
Mai capitato di trattenere a stento rabbia o gioia durante una battaglia all’ultimo sorpasso?
«Durante il finale di stagione 2007, culminato con la vittoria di Kimi Raikkonen. Uno dei momenti più belli, emozionanti e drammatici di tutto lo sport. Difficile trattenere lacrime e adrenalina nel racconto. E poi, durante l’incidente di Massa a Budapest. In quei momenti la paura è tanta, perché non si sa mai che conseguenze possono scaturire».
Lo confessi: avrà anche lei un suo beniamino, del presente o del passato.
«Nelson Piquet. Soprattutto per come rispondeva alle domande prima di una gara. Sembrava uno che stava per andare a fare la spesa. Era tranquillissimo, nonostante fosse sul punto di imbarcarsi in una sfida pazzesca e rischiosa. Essendo fan di Piquet, non potevo esserlo di Senna, suo connazionale rivale. Ma ho avuto modo di apprezzarne le qualità umane. Lui ora è leggenda».
E tra i piloti di nuova generazione?
«Hamilton e Alonso sono un gradino sopra gli altri. Vettel è straordinario ma ha bisogno di una consacrazione definitiva, magari in un altro team, un team storico, come ha fatto Schumacher in passato. Deve accettare un’altra sfida per chiudere la bocca a chi dice che, pur essendo talentuoso, non ha lo stesso peso di Alonso o di Hamilton nella Storia della corse».
Tanti saluti alle nuove leve italiane. Non ci sono all’orizzonte nuovi Patrese o Alboreto?

«Sarà difficile vedere un pilota italiano in Formula Uno, almeno per un bel po’ di tempo ancora. Abbiamo ottimi piloti, sia chiaro: Mortara nella 24 ore Daytona, Valsecchi come collaudatore Lotus. Ma manca un progetto di crescita globale con finalità di investimento a lungo termine per trovare risorse. La Formula Uno è uno sport costoso, lo stesso Senna ha dovuto portare fondi propri, ai tempi».

I soldi fanno il campione?
«Certo che no. Non pensiate che siano sufficienti i fondi per fare un grande pilota. La super licenza non viene mai regalata».
A parte la Formula Uno, è appassionato di qualche altra Formula in particolare?
«Mi piace molto il mondo Indy. Il fatto che lì le macchine siano tutte allo stesso livello, che conti maggiormente il feeling del pilota. È un mondo per certi versi più aperto, più accessibile al pubblico, meno glamour, con addetti ai lavori più disponibili, per certi versi vicino alla Formula Uno degli anni ’70 e ’80. In fin dei conti…».
Lo faccia dire a me: in fin dei conti, le sensazioni che ti provoca una corsa in pista, sia pur a livello amatoriale, sono quelle che potrebbe darti solo la miglior amante avuta nella vita.

«Quando vedo le 500 Abarth in pista pronte a fare la variante Ascari su una sola ruota, capisco che lo spirito della Formula Uno ti pervade a ogni livello. Vedo gente di 60, 70 anni che scende in pista per passione, per divertimento e che, quando sale in macchina, indipendentemente dal tipo di macchina, ritorna ventenne».

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto Carlo Vanzini)