Pubblicato il 04/11/2012, 14:32 | Scritto da La Redazione

DA “FANTASTICO” ALL’EMERGENZA SPETTACOLO DELLA RAI

Mario Maffucci ricorda l’esperienza del grande varietà Rai degli anni ’80, confrontando quel modo di produrre intrattenimento in Viale Mazzini, rispetto alla crisi di oggi.

Mercoledì 31 ottobre sono stato invitato a Uno mattina rosa come testimone dell’esperienza televisiva di Fantastico (il mitico appuntamento del sabato sera su Rai1 dal 1979 al 1991). La testata fu proposta e realizzata per quattro edizioni di seguito dal regista Enzo Trapani durante il regno di Giovanni Salvi (un grande direttore dello spettacolo). Fantastico ha avuto un’ideazione molto suggestiva: «Miscelava realtà e finzione in un cocktail di suoni e in un caleidoscopio di colori, che evocavano atmosfere contrastanti dalla festa paesana alla corsa di cavalli, dalle sfilate delle majorette al concerto raffinato» (così recitava il dépliant).

L’orchestra era disposta su piani verticali, in modo volutamente irreale. Gli specchi moltiplicavano gli spazi a disposizione, il pubblico attorniava i presentatori e balletti preregistrati accentuavano l’effetto miraggio, scomparendo improvvisamente al momento del quiz. Nel tempo Fantastico fu realizzato in modi diversi, ma il livello di spettacolarità fu mediamente sempre alto. La prima edizione del 1979 ottenne ascolti stellari: 25 milioni di telespettatori a puntata e un indice di gradimento irraggiungibile, pari a 80 su 100 punti. Rappresentò l’affermazione di Loretta Goggi e la consacrazione (guarda un po’ chi c’è) di Beppe Grillo (autore dei monologhi Antonio Ricci), ma anche di Heather Parisi, come soubrette che da quel momento entra trionfalmente nell’immaginario popolare.

Altri tempi, indubbiamente, e un sistema televisivo molto diverso dall’attuale. Ciò nonostante Fantastico registrò clamorosi successi (le edizioni 1,2,3,5,7,8 e 9) e risultati non travolgenti (4,6,10, 11 o 90 e 12). Fu anche battuto: la prima volta fu superato da Premiatissima e ne fece le spese Gigi Proietti con la Parisi e Teresa De Sio: era il 1983. L’ultima volta fu messo in difficoltà da Corrado con l’ennesima edizione de La Corrida: pianse Enrico Montesano, costretto al ritiro, lui che aveva sognato con presunzione un Fantastico Enrico. Comunque un’esperienza che mi ha insegnato molto nella quale hanno avuto ruolo straordinari personaggi che hanno fatto – come si dice – la storia dello spettacolo leggero in Italia, oltre ai già citati: Romina Power, Memo Remigi, Gigi Sabani, Walter Chiari, Claudio Cecchetto, Raffaella Carrà, Renato Zero, Sergio Japino, Franco Miseria, Luca Sabatelli, Roberto Benigni, Pippo Baudo, Lorella Cuccarini, Alessandra Martines, il Trio Lopez, Marchesini e Solenghi, Nino Frassica, Adriano Celentano, Marisa Laurito, Anna Oxa, Massimo Ranieri, Giorgio Faletti, Jovanotti, Johnny Dorelli, tanto per citare i più importanti.

Perché ho raccontato questa vicenda? Sicuramente non per nostalgia (sentimento negativo), ma per rendere più evidenti le grandi differenze strutturali dal sistema attuale e per far capire che lo spettacolo di qualità non s’improvvisa con un colpo di genio (mentalità invece molto diffusa tra chi non è professionalmente maturo). Oggi quel modo di concepire lo show e di produrlo (tutto in diretta, gestione interna della Rai) non c’è più o meglio, a dar credito alle dichiarazioni del direttore generale Luigi Gubitosi, ci sarebbe, almeno in parte, nell’attuale piano delle intenzioni. La Rai, impoverita culturalmente e professionalmente nei centri decisionali che contano (la differenza con gli anni ’80 è enorme) ha fatto una scelta strategica a mio giudizio controversa: ha accettato di diventare cliente dei Sette Samurai (Ballandi, Presta, Bassetti, Iosi, LCM, Caschetto e Magnolia) e della distribuzione del mercato internazionale, cioè d’idee e filosofie pensate al di fuori della capacità creativa del Palazzo di Viale Mazzini. E questa non è una riflessione originale, mentre è più interessante registrare da quella scelta una conseguenza gravissima e cioè la chiusura di un circuito virtuoso di collaborazione che alimentava la nostra tv: la complicità nella fattura dei programmi di testimoni, di sceneggiatori e di registi provenienti dal cinema, dal teatro leggero, dalla musica e dal mondo della danza; personaggi che hanno arricchito, e di tanto, lo scenario della televisione fino agli anni ’80.

Ho lavorato con alcuni di loro e vi garantisco che la «visione altra» dello spettacolo è stata preziosa, di grande utilità, prima di tutto e non solo, nella scrittura dello show, fase che oggi purtroppo pare non esserci più. Questo spazio strategico è stato occupato da un autore televisivo, il cui profilo è più tecnico (la scaletta e l’adattamento del format al gusto italiano) che artistico (il tema, il filo rosso della scaletta sulla pelle del conduttore; la scelta critica di contributi spettacolari provenienti da diverse esperienze artistiche). Oggi la crisi è veramente complessa. Per la prima volta ho letto (su Prima Comunicazione di ottobre) che l’attuale responsabile dello spettacolo avverte il pericolo: «Alla Rai da 10 anni sperimentiamo e inventiamo poco. È diventata molto corta la panchina degli autori e soprattutto dei conduttori (vedi al confronto l’elenco degli artisti di Fantastico o quello della squadra di Mediaset ndr)…». Un’analisi seria e scomoda, quella di Giancarlo Leone, abbastanza inusuale per un Top Manager di Viale Mazzini. Vale la pena allora di analizzarla, anche se il Direttore non arriva alla logica conseguenza: denunciare al CdA che lo spettacolo Rai meriterebbe l’allarme rosso, la dichiarazione di un’emergenza vera e propria (come si fa in occasione dei disastri naturali) e quindi pretendere risorse adeguate all’importanza strategica dell’area (penso ai telespettatori, alla loro fedeltà d’ascolto, alla qualità che dovrebbe avere il pubblico e alla fiducia che i pubblicitari dovrebbero avere nella fabbrica).

 

Mario Maffucci

 

(Nella foto, da sinistra, Loretta Goggi, Beppe Grillo e Heather Parisi in Fantastico 1979)