Pubblicato il 10/09/2012, 10:36 | Scritto da La Redazione

ECCO CHI È ELEONORA ANDREATTA, NUOVA DIRETTRICE DI RAI FICTION

ECCO CHI È ELEONORA ANDREATTA, NUOVA DIRETTRICE DI RAI FICTION
L’allegato de “La Repubblica”, “Affari&Finanza”, redige un profilo della figlia dello statista, a capo della struttura produttiva di Viale Mazzini al posto di Del Noce, con un budget da 250 milioni di euro. Rassegna stampa: Affari&Finanza, pagina 6, di Eugenio Occorsio. “Tinny” Andreatta la manager cinefila che governerà la fiction della Rai La figlia dello […]

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L’allegato de “La Repubblica”, “Affari&Finanza”, redige un profilo della figlia dello statista, a capo della struttura produttiva di Viale Mazzini al posto di Del Noce, con un budget da 250 milioni di euro.

Rassegna stampa: Affari&Finanza, pagina 6, di Eugenio Occorsio.

“Tinny” Andreatta la manager cinefila che governerà la fiction della Rai

La figlia dello statista scomparso nominata direttore della struttura produttiva di Viale Mazzini, 250 milioni di budget: una serie di titoli di successo, ma anche una posizione esposta alle mire di politici di ogni colore.

Gli amici di famiglia amano raccontare l’origine del soprannome “Tinny”. Era il 1961 quando il giovane economista Nino Andreatta andò in India per una consulenza con il governo di New Delhi. La moglie Giana lo raggiunse e andarono a vedere una commedia di Rabindranath Tagore, il grande poeta bengalese premio Nobel 1913 per la letteratura. Si intitolava (ma questo non tutti se lo ricordano bene) Raktakarabi (“Oleandri rossi”) e nella migliore tradizione tagoriana i protagonisti erano un re cattivo e una principessa minuta mabuona e umanissima (Tinny, appunto, un addolcimento di “tiny”), che alla fine diventa un’eroina popolare. Su suggerimento della moglie, «la prima figlia femmina che avremo la chiameremo. Tinny», esclamò il futuro senatore, ministro del Tesoro, degli Esteri, della Difesa, gran sodale di Romano Prodi nella costruzione dell’Ulivo vittorioso alle elezioni nel 1996, ma soprattutto economista di provata fama e straordinaria chiarezza intellettuale ed onestà comportamentale.

Così, come in una favola di Tagore, nel 1964 nacque Tinny, alias Eleonora Andreatta, che a sua volta ha intrapreso una carriera silenziosa e lineare culminata la settimana scorsa con la nomina a direttore di Rai Fiction, una delle direzioni più strategiche di viale Mazzini, qualcosa come 250 milioni di budget da amministrare e un patrimonio culturale da gestire che fa parte dell’iconografia popolare di questo Paese, da Montalbano a Don Matteo. Nessuno nei corridoi della Rai la chiama con il suo nome “ufficiale”, anzi quando la nomina è uscita sui giornali in più d’uno hanno detto: «Eleonora, chi? Ah già, Tinny». Ma soprattutto nessuno, in quel nido di vipere che è la Rai dove il costume diffuso è il “taglia e cuci” addosso a chiunque, si è espresso in termini neanche minimamente negativi. Anche Luca Milano, l’altro nome in ballo per la successione a Fabrizio Del Noce, il figlio di Emanuele Milano che è stato uno dei dirigenti storici della Rai, alla fine ha concesso alla collega l’onore delle armi e tutta la sua stima. E perfino lo stesso Del Noce, che magari poteva adombrarsi per essere stato un po’ forzatamente prepensionato (solo di pochi mesi, però) non ha mancato di dire che «la direzione di Rai Fiction passa nelle migliori mani possibili».

Colpisce la differenza con le polemiche furibonde che nelle stesse ore hanno accompagnato la designazione di Lorenza Lei al vertice della Sipra. Tutta un’altra accoglienza per Tinny, la cui carriera parte da lontano, da quando si laurea nel 1987 in letteratura italiana all’Università di Bologna con Ezio Raimondi, classe 1924, a sua volta una bella figura di intellettuale, tuttora uno degli autori di punta del Mulino di cui ha anche presieduto il comitato editoriale. Allora, Raimondi era anche visiting professor alla Ucla, l’università di Los Angeles. Vista la location, la giovane Tinny da sempre appassionata di cinema e fervente autrice di recensioni per tanti giornali locali pensa bene di andare a fargli visita. A quel punto, l’attrazione fatale con il mondo dei film, dei media, della fiction, comincia a diventare competenza professionale. La Andreatta frequenta alcuni corsi al dipartimento di italianistica della stessa Ucla, in letteratura applicata alle arti cinematografiche, e prende anche diversi contatti. Finché, appena tornata in Italia viene ingaggiata dalla Academy Pictures, un’azienda europea con sede a Roma specializzata nella distribuzione cinematografica di film d’autore: dagli struggenti lavori di Eric Rohmer al primo film di Baz Luhrmann (il futuro regista di Moulin Rouge, Romeo and Juliette, Australia), dalla trilogia di Krzysztof Kieslowski (Film bianco, rosso e blu) fino alle produzioni indipendenti americane.

Siamo alla fine degli anni ’80: con la Academy Pictures, “Tinny” si occupa della selezione dei film, delle campagne di lancio, della partecipazione ai festival, della distribuzione sui mercati internazionali delle opere di autori italiani, e infine tiene i rapporti con i progetti del piano comunitario Media et Eurimages. Nel frattempo collabora con l’Emam (European Master in Audiovisual Management) , insomma acquisisce una competenza mista manageriale e artistica che le sarà fondamentale negli anni successivi. Nel 1995 entra nell’universo Rai, senza un contratto fisso ma con una collaborazione rinnovata di anno in anno. È consulente della struttura di Rai 1 che si occupa della produzione di fiction e quando poco dopo nasce la divisione Rai Cinemafiction diventa anche consulente editoriale del direttore Sergio Silva. Sono gli anni in cui la Rai comincia seriamente a investire nelle fiction (non a caso nasce la direzione apposita), settore in cui realizza sorprendenti successi di pubblico, dal “Medico in famiglia” al primo Montalbano (che era allora coprodotto con le tv svedese e tedesca e oggi è passato interamente sotto la Rai), fino a progetti internazionali come La Bibbia (coprodotto con la LuxVide di Ettore e Luca Bernabei) e La Piovra, tutte produzioni alle quali Tinny collabora attivamente. Intanto però aspetta ancora la regolarizzazione del contratto. Che arriva finalmente nel 1998, quando il direttore generale Pier Luigi Celli la assume per occuparsi stabilmente delle fiction di rete, a Rai 1. Appena in tempo: proprio negli stessi giorni anche Mediaset le aveva fatto un’offerta, pure vantaggiosa, sempre nello stesso settore.

Lei sceglie mamma Rai, dove fa rapidamente carriera: prima dirigente, poi capostruttura responsabile (sempre per Rai 1) della programmazione di cinema e fiction. Lavora con Agostino Saccà, poi con Maurizio Beretta. Infine nel 2006, all’ennesima riorganizzazione dell’arcipelago della tv pubblica, viene nominata responsabile ella struttura “coproduzioni e serie” di Rai Fiction, di cui è direttore Fabrizio Del Noce. E arriviamo all’oggi. Probabilmente il maggior merito di Tinny è stato quello, oltre ovviamente alla conoscenza specifica dei meccanismi produttivi dall’ideazione alla realizzazione di una serie televisiva, di essersi conservata un’immagine di professionalità modesta, sobria, poco appariscente, non schierata, in un contesto attraversato da scandali, da personaggi flamboyant e sicuramente ingombranti, da cambiamenti di vertice e d’orientamento, da sprechi e disfunzioni. Il tutto sotto il costante tiro delle ambizioni dei politici che credono di poter gestire la Rai come un business-di palazzo. Va detto che in quest’ambiente così spinoso quasi miracolosamente, e proprio questa è l’unica affermazione pubblica che si attribuisce a Tinny, si è sviluppata una factoty di fiction e sceneggiati d’eccellenza, costruiti con impegno, maestria e premiati dal pubblico e dalle vendite all’estero: oltre agnelli già ricordati una fitta serie di altri titoli come “Borsellino: i 57 giorni”, “Un passo dal cielo”, “Coco Chanel” e tantissimi altri fino al “Commissario Nardone”, tratto anch’esso da una storia vera in programmazione in questi giorni. Con altrettanto meticoloso impegno, in tutti questi anni Tinny e la sua famiglia si sono dedicati a custodire gelosamente la figura del padre, scomparso nel 2007 dopo uno straziante periodo di coma iniziato il 15 dicembre 1999 nell’aula di Montecitorio durante una discussione della Finanziaria. Un paio d’anni fa si sono ritrovati tutti (ovviamente all’università di Bologna): oltre alla mamma il primogenito Tomaso che fa l’economista e il promoter di imprese italiane in Oriente, l’altro fratello Filippo che è un politologo internazionale, l’ultimogenita Erika che nel 2000 si è laureata in architettura a Ferrara, ha lavorato alla Oikos e adesso si occupa di promozione culturale.

Si celebrava la creazione della Fondazione Andreatta promossa da Romano Prodi e Giovanni Bazoli (compagno di studi di Nino) e rivolta a riportare in Italia i talenti emigrati. Anche in quell’occasione Tinny ha detto poche parole e conservato un profilo basso. Ma di sicuro ha ripensato al suo stage a Los Angeles e dev’essersi detta: meno male che sono tornata.