Pubblicato il 02/07/2012, 13:03 | Scritto da La Redazione

UNA NUOVA OFFERTA DELLA RAI PER NON ESSERE RICATTATA DALL’ASCOLTO

Seconda puntata, delle cinque previste, dell’analisi di Mario Maffucci sulla tv di Stato. Il nostro editorialista evidenzia debolezze e punti di forza, per un possibile rilancio di Viale Mazzini.

Seconda puntata, delle cinque previste, dell’analisi di Mario Maffucci sulla tv di Stato. Il nostro editorialista evidenzia debolezze e punti di forza, per un possibile rilancio di Viale Mazzini.

I nuovi Amministratori hanno in verità un primo problema che è quello di convertire il Gruppo Rai in un’azienda virtuosa cioè in una struttura industriale competitiva e compatibile con le risorse (canone e pubblicità tutte e due calanti). Vicenda non poco complessa, ma non impossibile: in particolare le esperienze di Anna Maria Tarantola, di Luigi Gubitosi e di Marco Pinto potrebbero essere preziose. Su questo punto dobbiamo essere chiari: oggi la Rai non è più vissuta dalla gente comune come televisione di servizio pubblico. Per fare un esempio spicciolo, se così non fosse, Michele Santoro non avrebbe polemicamente scelto questo titolo per la sua testata.

La perdurante evasione dal canone (per altro in aumento) testimonia, al di là delle politiche contro il centralismo di Roma, una disaffezione che trova spesso riferimenti nell’esperienza quotidiana di ciascuno di noi. Tre reti e tre Tg generalisti non si giustificano più. Caduto il riferimento a DC, PSI e PCI, sulla quale lottizzazione ha vissuto il pluralismo della Prima Repubblica, è stato Silvio Berlusconi a canonizzare il numero delle tre strutture che, soltanto, gli avrebbero permesso di essere competitivo sul mercato per rastrellare la sua pubblicità. Mi sembra che sia arrivato il momento di mettere seriamente in discussione e di smantellare questo caposaldo del sistema televisivo italiano.

Quindi, o si è capaci di dare tre “mission” veramente diverse (scelta fuori misura per la quale mi sembra innanzi tutto che non ci siano le risorse), oppure per il Servizio Pubblico ne sono sufficienti due: una rete popolare forte, competitiva con le commerciali e una seconda con una buona dimensione culturale.

Rai Due si può mettere sul mercato, cioè si può vendere, dando tra l’altro un colpo al duopolio (Mediaset e Rai) che certamente non ha fatto il bene del Paese. Il modello è quello della BBC che con due reti e quattro testate tematiche fa fronte all’offerta commerciale e offre un buon servizio al Regno Unito. Per i Tg il discorso è più complesso; lo abbiamo già affrontato in un articolo, ma, in sintesi vale quello che si è detto per le reti. Ne bastano due, uno generalista con la capacità di avere uno sguardo serio sull’Italia e sul mondo e uno più specializzato. La novità del Tg Bau e Miao lasciamola a Mediaset. Basta però con i giornalisti di riferimento titolari di talk show politici di approfondimento. Si affermi con forza che un buon giornalista deve essere in grado di raccontare bene il pensiero di tutte le parti politiche. Si potrà discutere come e perché… le scelte a disposizione sono più d’una, ma tre Tg (più o meno tutti uguali) sono uno spreco nei riguardi della nostra realtà che invece, a fatica, viene rappresentata nell’attuale assetto.

A questo discorso di un nuovo profilo strutturale, va legato quello dell’ascolto. Se questo valore diventa l’unico, la barra sulla quale si fissa la navigazione, la qualità non si raggiungerà mai, perché le tendenze saranno quelle di obiettivi sempre più allettanti per il pubblico meno colto. Un Servizio Pubblico serio educa e forma i suoi telespettatori, decidendo il profilo del prodotto e cercando di renderlo sempre più spettacolare e attraente. Il contrario è una strategia perdente, un ricatto e un alibi che vale soltanto per le televisioni commerciali. La Rai non può accettare questo percorso.

 

Mario Maffucci

 

(Nella foto la sede Rai di viale Mazzini a Roma)

 

RILEGGI LA PRIMA PUNTATA: E dopo gli ascolti stellari dell’Europeo di Calcio e delle Olimpiadi di Londra, cosa rimarrà della programmazione Rai? L’autore propone al nuovo CdA che l’Azienda di Viale Mazzini riconquisti la sua “mission” culturale e sociale, smarrita da troppi anni.