Pubblicato il 01/07/2012, 14:18 | Scritto da La Redazione

ALDO GRASSO FURIOSO

Il critico televisivo del “Corriere della sera” ha perso le staffe in un articolo, minacciando querele. Il nostro cattivissimo blogger Peter Parker ne analizza la “sfuriata”

Stavolta s’è arrabbiato. Per ben due volte nel giro di una settimana Aldo Grasso ha scritto su due delle sue rubriche lasciando trasparire una certa seccatura. Non che generalmente i suoi interventi facciano immaginare joie de vivre, però in questo caso era proprio arrabbiato. Non ce l’aveva certo con Nullitzer, che proprio nella puntata precedente lo aveva criticato, perché Nullitzer, lo dice la parola stessa, è nullo. Ma con qualcuno ce l’aveva.

In un articolo pubblicato sul Sette del Corriere della Sera, Grasso si è dedicato alla vicenda della Rai, tra nomine di presidenti, direttori generali e consiglieri. Dieci suggerimenti cui ci si dovrebbe attenere per salvare la Rai sintetizzati dal titolo «Basta giornalisti tra i manager della Rai». Ma l’aspetto più interessante dell’articolo è il finale. Una «nota personale» scritta in corsivo, in cui il critico del Corriere torna a parlare del periodo tra il 1993 e il 1994 in cui fu chiamato a ricoprire il ruolo di direttore delle tre reti radiofoniche Rai. Esperienza tanto breve quanto poi criticata dagli avversari di Grasso che, di tanto in tanto, non perdono occasione per rimproverarlo per il (presunto) non brillante esito del lavoro svolto.

Oggi, a quasi 20 anni di distanza, Grasso definisce una «leggenda, mai dimostrata» quella della perdita di audience di RadioRai e del suo conseguente fallimento. «Se qualcuno continua ancora, dopo quasi vent’anni, con queste denigrazioni, ora ne risponderà», è il tono minaccioso della chiusa dell’articolo. Pochi giorni dopo, sulla sua rubrica quotidiana sul Corriere A fil di rete, Grasso verga un altro scritto intitolato «Quelle dispute sui critici televisivi». Ricorda un famoso articolo dello scomparso giornalista di Repubblica Sandro Viola in cui irrideva i critici televisivi descrivendo l’inferno della loro esistenza, costretta a trascorrere tra visioni di Biscardi e Bongiorno, di Dinasty e Beautiful, ed esaltandone sarcasticamente lo spirito di servizio e il senso della missione per provare a «nobilitare abissi di stupidità con riferimenti continui alla grande cultura». Opinione peraltro condivisa da molti che mai come oggi, in epoca di Internet, degrado televisivo e contiguità infernale tra interessi economici ed editoriali, ritengono sia totalmente inutile il ruolo del critico tv di un quotidiano.

Tant’è: la rubrica di Grasso si concludeva ricordando la risposta che a Viola diede Beniamino Placido (straordinario critico letterario e televisivo di Repubblica, scomparso un anno e mezzo fa) e lamentandosi perché i critici di oggi sono oggetto di insulti personali. Di insulti ai critici, per la verità, ne vedo sempre pochissimi, c’è sempre una fila di gente pronta a inginocchiarsi pur di essere trattata bene. Ma, vista la citazione, penso che, se Beniamino Placido aveva una credibilità e un rispetto cento volte maggiori di quelli che riscuotono gli attuali critici televisivi, è semplicemente perché faceva il suo lavoro in un modo decisamente migliore.

 

Peter Parker

 

(Nella foto Aldo Grasso)