Pubblicato il 05/06/2012, 18:01 | Scritto da La Redazione

DIOMEDE, PRESIDENTE REA: «AUDIRADIO ERA MANIPOLATA E QUEST’INDAGINE DI EURISKO È PARZIALE»

DIOMEDE, PRESIDENTE REA: «AUDIRADIO ERA MANIPOLATA E QUEST’INDAGINE DI EURISKO È PARZIALE»
Il presidente del sindacato Radiotelevisioni Europee Associate spara a zero sulle indagini radiofoniche di ieri e di oggi. Dopo due anni di silenzio arrivano i primi dati sugli ascolti radiofonici in Italia. Ci ha pensato Eurisko con l’indagine Radiomonitor a sciogliere l’empasse che durava dal 2009, quando Audiradio – la vecchia società preposta alle rilevazione […]

Il presidente del sindacato Radiotelevisioni Europee Associate spara a zero sulle indagini radiofoniche di ieri e di oggi.

Dopo due anni di silenzio arrivano i primi dati sugli ascolti radiofonici in Italia. Ci ha pensato Eurisko con l’indagine Radiomonitor a sciogliere l’empasse che durava dal 2009, quando Audiradio – la vecchia società preposta alle rilevazione – è andata in liquidazione. «Dal punto di vista della metodologia di misurazione» specifica Eurisko in una nota ufficiale è stato mantenuto «l’approccio CATI su 120.000 casi, perché solo con questa dimensione campionaria è possibile rilevare in modo affidabile gli ascolti nel giorno medio delle Radio sia Nazionali che Locali». La grande novità, tuttavia, è stata l’ingresso del Meter, dispositivo elettronico in grado di captare l’ascolto sia attivo che passivo – largamente utilizzato nel resto del mondo per questo tipo di indagini.

A uscire vincitore da questa prima tornata di dati – parziali, poiché riflettono 60.00 rilevazioni Cati e 10.000 meter – è RTL 102.5 (6.654 milioni di ascoltatori nel giorno medio), seguita da Radio Deejay (5.356 milioni) e da 105 (5.026 milioni), quarta si posiziona RDS (4.719 milioni) e solo quinta Radio1 (4.585 milioni).

«Dopo anni di primato della Rai, RTL 102.5 entra nella storia, diventando, senza alcun dubbio, la Radio degli  italiani» dichiara Lorenzo Suraci, editore di RTL, ma c’è chi smorza gli entusiasmi. Flavio Mucciante, direttore di Radio2, afferma infatti che questi numeri e posizioni «non sono sovrapponibili a quelli dell’ultima indagine Audiradio del 2009, in quanto sono stati modificati  alcuni  parametri della ricerca».

C’è chi plaude a Eurisko dunque, e chi rimpiange le vecchie rilevazioni di Audiradio. Noi di TVZOOM abbiamo fatto due chiacchere con Antonio Diomede, presidente della REA (sindacato per le radio e le televisioni locali europee), che ha molto da dire sia sulle vecchie che sulle nuove indagini.

Partiamo da lontano, cos’è che non andava con Audiradio?

Semplice e brutale al tempo stesso: la vecchia Audiradio faceva discriminazioni sui dati d’ascolto: assegnavano punteggi inesistenti, favorivano una radio piuttosto che un’altra. Una pura manipolazione di dati, truffaldina, in aggiunta, perché si spostavano ingenti investimenti pubblicitari.

Secondo voi della Rea, dunque, non era un problema di strumenti d’indagine, ma di vera e propria falsificazione?

Certo, e questo lo sapevano tutti. Audiradio si era screditata al punto che le iscrizioni diminuivano di anno in anno. Il paradosso di questo sistema era alla base. Audiradio era un’azienda in mano alle reti nazionali e alla Rai, che faceva le indagini sia per conto loro che per le emittenti locali. Un mio concorrente, per farla semplice, che viene a fare le indagini su di me. Non ha senso se si considera che i dati d’ascolto spostano investimenti importanti. Ma adesso mettiamoci una pietra sopra. Il passato è passato.

La Rea ha anche ufficialmente preso posizione contro Radiomonitor. Perché ritenete questi dati non veritieri?

Beh, innanzitutto Eurisko spunta fuori alla fine del 2011, mostrando l’intento di voler fare le indagini per le radio a partire dal primo gennaio. Questa cosa ci ha sorpresi sin da subito, poiché la disciplina di legge vuole che la vigilanza e la cura delle indagini spettino all’Agcom, che però non ne sapeva nulla. Già da allora s’intuiva che fosse un’iniziativa delle vecchie reti per ricostruire il vecchio sistema.

Non tutte però hanno aderito.

Già, Rai, il Sole 24 ore e Monradio si sono rifiutate, per fortuna. Il vero problema non sono loro però, ma tutte quelle realtà locali che sono state lasciate fuori dalla rilevazione. È vero che hanno aderito circa 250 emittenti locali, ma su un totale di 1200. Possono mai essere rappresentative delle indagini eseguite in questo modo?

E qual è stato il motivo per cui alcune radio hanno aderito e altre no?

La comunicazione, direi. La legge stabilisce che le società che vogliono fare rilevamento radiofonico devono presentare in primis il loro progetto, da condividere insieme a tutti i soggetti in campo: pubblici e privati, rappresentati dalle varie associazioni. Eurisko, per esempio, non ha avuto la delicatezza – non so per quale motivo, non voglio dipingere dei retroscena – di interpellare la Rea. Il nostro sindacato ha circa 400 emittenti iscritte, perché non siamo stati interpellati? Questa è la prima infrazione grave, ma poi c’era anche l’obbligo di pubblicare sul sito dell’Agcom attraverso una nota informativa ufficiale l’intenzione di fare indagini, in modo da far aderire chiunque in modo chiaro e trasparente. Questo non è stato fatto: per fare un’analogia è come se una legge del parlamento non venisse pubblicata in gazzetta ufficiale. Dovrebbe essere poi considerata valida?

Mi sembra di capire che per voi resta un problema formale: se le informative fossero state pubblicate sul sito non ci sarebbe stato alcun problema.

Se il problema fosse stato solo questo, avremmo chiuso un occhio per il bene del settore, che ha un bisogno estremo di dati d’ascolto. Ma l’esclusione di centinaia reti non è accettabile. Con tutte queste imperfezioni l’indagine non sta in piedi, neanche da un punto di vista legislativo.

 

Dario De Liberis