Pubblicato il 09/05/2012, 15:03 | Scritto da La Redazione

PINO MANIACI: «TELEJATO NON CHIUDERÀ MAI»

alt

TVZOOM torna a occuaprsi della tv siciliana, voce importante dell’antimafia. Abbiamo incontrato l’editore, che si è sfogato con noi sulle problematiche del passaggio al digitale terrestre e sulla legge che impone requisiti impossibili per le piccole reltà: «Se mi tolgono la spina io la rimetto».

Dicono che sia la più piccola tv italiana, anche se ha 180 mila telespettatori quotidiani. Dicono che sia anche l’unica tv antimafia e l’unica che sbatta in faccia i nomi dei mafiosi al suo pubblico. Telejato è una realtà familiare, che trasmette da Partinico, paesino siciliano collocato tra i 25 comuni che vengono spesso nominati per alta densità mafiosa. Pino Maniaci,proprietario dell’emittente, è diventato front-man di una vera e propria battaglia, a cui si sono affezionati associazioni e personaggi pubblici, tra cui Sabina Guzzanti. Noi di TVZOOM qualche tempo fa ce ne eravamo occupati alle prime voci di pericolo chiusura. Per legge, come tante altre piccole realtà territoriali e “comunitarie” (senza fini di lucro), con il passaggio al digitale terrestre Telejato rischia di scomparire: «Queste norme sono incostituzionali si basano solo su criteri economici e favoriscono le emittenti commerciali e non quelle comunitarie che fanno dei benefici sociali», dice Miniaci, che ha resistito a boicottaggi, attentati e aggressioni, pur di esistere e denunciare fatti di mafia.

A gennaio Tommaso Dragotto, leader del Movimento Impresa Palermo e candidato sindaco per le elezioni amministrative nel capoluogo siciliano si era proposto per aiutarvi a non chiudere. Cosa è successo da allora?

«Che non abbiamo accettato, perché non mi vendo a nessuno per la campagna elettorale».

E quindi cosa accadrà con il passaggio al digitale terrestre?

«Allo stato attuale la domanda è scaduta il 20 aprile. La legge dice di presentare la domanda dicendo: quanti dipendenti hai, il capitale sociale, il bilancio degli ultimi 5 anni, la copertura, insomma tutta una serie di cose che le televisioni comunitarie, essendo Onlus, non hanno».

E quindi?

«La politica si era preposta, dopo le nostre sollecitazioni (la lettera a Monti, la lettera al Presidente della Repubblica, la raccolta delle firme, ecc…), PD, Terzo Polo, Italia dei Valori e addirittura in maniera trasversale anche la Lega si erano impegnati a fare un emendamento alla legge sull’assegnazione di queste frequenze alle televisioni locali. È scaduto il termine della presentazione delle domande, il primo giugno si passa al digitale terrestre e di questo emendamento non se ne sa nulla».

Cosa farete?

«Noi abbiamo presentato ugualmente la domanda, pur non avendo i requisiti e siamo in attesa di risposta. Se loro seguono i parametri di legge, non ci siamo, quindi il primo giugno Canale 5 e la Rai accenderanno direttamente sul digitale terrestre spegnendo l’analogico. Già siamo pronti».

A cosa?

«Ho dichiarato io direttamente a Passera che andrò sul digitale terrestre comunque e vediamo chi la vince tra loro che mi tolgono la spina e io che la rimetto. Sarà un bel gioco».

Quindi continuerà comunque?

«Mi serviranno soldi per comprare le apparecchiature. E quindi in questo momento sto cercando di raccogliere tutto il raccoglibile per comprare questi benedetti quattro ferri, come li chiamo io, per accedere al digitale. Sempre che non arrivi nel frattempo l’autorizzazione. Perché io il primo giugno, il primo numero libero che trovo mi ci infilo. Vediamo quello che succede».

Che proponete nei vostri palinsesti?

«Il nostro telegiornale è stato definito quello più lungo del mondo. Quasi due ore. Consigli Comunali, abbiamo anche un programma radiofonico, ma anche televisivo musicale, che ci fornisce una radio e poi abbiamo approfondimenti a ruota libera».

Che tipo di attività antimafia fate all’interno della tv?

«Noi parliamo di mafia nel nostro comprensorio, facciamo nome e cognome delle famiglie mafiose del nostro territorio, li affidiamo alla pubblica gogna, li chiamiamo “pdm”, che non è un partito, sono “pezzi di merda”. Abbiamo un motto: loro si sentono uomini d’onore, per noi denigrarli è una questione d’onore. Ci attiriamo un po’ le loro ire, quindi negli anni abbiamo avuto attentati, la macchina bruciata, la minaccia fisica, l’aggressione fisica, insomma ne abbiamo passate di tutti i colori».

Vi hanno mai offerto i beni sequestrati alla mafia da dedicare a Telejato, per entrare nel digitale?

«Tra le altre cose ci avevano proposto come sede un bene sequestrato alla mafia, ma noi lo vogliamo solo se partecipiamo a un bando pubblico, come tutti gli altri e se lo vinciamo ce lo assegnano. Le cose le vogliamo regolari. Magari subito dopo queste elezioni amministrative, incominceranno a capire se siamo vivi o siamo morti. E quindi poi si vedrà quello che c’è da fare, come alzare gli scudi. Per esempio Libera è pronta a una manifestazione davanti al Parlamento».

 

Franscesco Franchi

 

(Nella foto il titolare di Telejato, Pino Maniaci)