Pubblicato il 02/05/2012, 12:54 | Scritto da La Redazione

MASSIMO POLIDORO, ACCHIAPPAFANTASMI PER “EVA”

Giornalista, scrittore, esperto di mistero, fondatore del CICAP, Polidoro ha raccontato a TVZOOM i dettagli della sua esperienza nella trasmissione della prima serata del lunedì di Rai Due.

Diciamocela tutta, sebbene la televisione, tra oroscopi, sedicenti veggenti e trasmissioni sensazionalistiche para scientifiche, si riveli terreno fertile per illusioni a perdere su cui germoglia l’erbaccia dell’irrazionalità, esistono anche eccezioni che non confermano la regola, ma la smontano. Eva è una di queste. Condotta da Eva Riccobono, a suo agio nel suo essere ironico pesce fuor d’acqua, ma pronta a cogliere la mela della conoscenza, la trasmissione si propone di fare divulgazione scientifica leggera ma circostanziata. Il merito è soprattutto degli ospiti, tra cui spicca quel Massimo Polidoro, allievo dell’illusionista James Randi, fondatore (assieme a Piero Angela e Margherita Hack), del CICAP (Centro italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale), da sempre in trincea forte di un motto utilissimo: prima di limitarsi a credere, è necessario capire.

Massimo, “Eva” è trasmessa da Rai Due, così come Voyager: eppure tra le due trasmissioni sembra esserci un abisso…
«Lo scopo dei due programmi è molto diverso: Eva è un esperimento interessante, si propone di raccontare la scienza in modo avvincente e divertente, senza inseguire facili sensazionalismi».
La tv concede spazio a un serio approccio scientifico?
«Questo dipende molto dalle scelte che vengono fatte a monte. Piero Angela, grazie al quale, da giovane, ho avuto una borsa di studio per andare in America a studiare con James Randi, assieme a suo figlio Alberto, rappresenta l’esempio di come si possa fare divulgazione scientifica in modo serio». 
Di che cosa parlerà nella prossima puntata di Eva?
«Affronterò il tema della pareidolia, ovvero la tendenza umana a ricondurre a forme note oggetti o profili (naturali o artificiali) dalla forma casuale».
Voi del CICAP siete sempre in prima linea nello smascherare le illusioni della sfera irrazionale?
«In realtà noi non ci proponiamo di smascherare nulla. Partendo dal metodo scientifico galileiano, ovvero il sottoporre un fenomeno all’evidenza sperimentale, verifichiamo la dimostrabilità e l’attendibilità dei presunti fenomeni oggetto delle nostre indagini. L’idea iniziale era quella di fare una verifica delle notizie che avevano qualcosa a che fare con il paranormale, l’argomento che riceveva più attenzione sui media all’epoca in cui il CICAP fu fondato. Con il tempo abbiamo allargato le nostre indagini, dai misteri storici a certi aspetti dell’ufologia, dalle leggende metropolitane alla psicologia dell’insolito». 
Esiste ancora il premio di un milione di dollari da assegnare a chiunque si dichiarasse dotato di poteri paranormali e fosse disposto a sottoporsi all’evidenza scientifica per dimostrarlo?
«Il premio è stato messo in palio da James Randi ed è tutt’ora a disposizione. In tanti anni, nessuno lo ha mai ottenuto, neanche chi, in buona fede, era convinto di avere facoltà paranormali».
La creduloneria e la tendenza a riporre la propria fiducia su maghi, ciarlatani e, più in generale, nei fenomeni irrazionali, è una questione culturale? Vi sono latitudini del mondo in cui questa tendenza è più sviluppata?
«È un discorso che prescinde dalla cultura di un individuo. Vi sono fior di laureati che cadono nelle trappole ben congegnate di abili imbroglioni. A tutti i livelli. Poi, subentra anche l’abitudine, la superstizione. Per esempio, è noto che Ronald Reagan consultasse sempre un’astrologa prima di fissare i propri appuntamenti politici. Proprio negli Stati Uniti, che dovrebbero essere la culla del razionale e del pragmatismo, si nascondono superstizioni e sono avallate teorie che di scientifico non hanno proprio nulla. Basti pensare al creazionismo, insegnato in alcune scuole con pari dignità del Darwinismo. In Italia siamo messi meglio di quanto si possa pensare. Persino la Chiesa procede con i piedi di piombo dinanzi a qualunque presunto fenomeno paranormale religioso, ed evita ogni sensazionalismo, scegliendo la strada delle ricerche approfondite».
Mi viene in mente un suo esperimento di qualche anno fa: in accordo con Telelombardia, avete diffuso, tramite un fotomontaggio, la falsa notizia di un avvistamento ufo nei cieli di Milano: in pochi minuti i centralini dell’emittente furono sommersi di telefonate di persone disposte a confermare l’avvistamento.
«Quello è stato un esperimento psicologico: abbiamo dimostrato che è sufficiente lanciare un amo per verificare come possano abboccare centinaia di persone. In casi del genere, c’è chi in buon fede legge qualcosa che ha vissuto e che pensa possa riguardarlo, o chi è disposto anche a inventarsi delle storie di sana pianta».
Qual è il segreto per non cadere nelle trappole irrazionali?
«Nutrirsi sempre di dubbi. Chi lo fa è spinto a farsi sempre tante domande, a capire prima di credere. E, se necessario, a rivedere le proprie posizioni. Certo, esisteranno sempre anche i creduloni fanatici, una fetta di persone in cui subentra una dissonanza cognitiva, un meccanismo di autodifesa, sui cui ci si incaponisce per difendere propria tesi anche a dispetto della dimostrazione del contrario».
Lei è anche scrittore di narrativa: in occasione dell’anniversario del naufragio del Titanic è uscito il suo “Titanic. Un viaggio che non dimenticherete” (Piemme).
«Mi ha sempre affascinato la narrativa. In particolare, ero attratto dalla vicenda del Titanic per i suoi contenuti fortemente simbolici. Per l’anniversario dei cento anni dal naufragio ho lavorato a una storia in cui l’intreccio narrativo si mescolasse con l’analisi dei fatti. Mi sono divertito anche a smontare alcune superstizioni legate al naufragio. Una di queste, insinuava il sospetto della frode assicurativa e che la nave affondata fosse in realtà un’altra: tesi confutata ovviamente durante le indagini e le ricerche».
Conversando con Polidoro, una certezza la si sviluppa davvero: non c’è bisogno di scomodare spiriti e maghi per accettare le meravigliose sfide proposte dalla natura.
 

Gabriele Gambini
 
(Nella foto Massimo Polidoro)