Pubblicato il 01/05/2012, 09:33 | Scritto da La Redazione

LORENZA LEI: «IN RAI TAGLIO ANCHE AI COMPENSI DELLE STAR»

LORENZA LEI: «IN RAI TAGLIO ANCHE AI COMPENSI DELLE STAR»
Il Direttore generale di Viale Mazzini, in un’intervista a “La Stampa”, spiega la sua strategia di rilancio della tv di Stato. La Stampa, pagina 11, di Paolo Festuccia «In Rai basta megacompensi per le star» Il Dg Lei: la qualità riuscirà a salvarci. «II rigore? Ce lo impongono i tempi». Ma (forse) non proprio tutti […]

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Il Direttore generale di Viale Mazzini, in un’intervista a “La Stampa”, spiega la sua strategia di rilancio della tv di Stato.

La Stampa, pagina 11, di Paolo Festuccia

«In Rai basta megacompensi per le star»

Il Dg Lei: la qualità riuscirà a salvarci.

«II rigore? Ce lo impongono i tempi». Ma (forse) non proprio tutti i mali vengono per nuocere. «Se della crisi consideriamo gli aspetti che colpiscono l’azienda, tra questi i ricavi pubblicitari, forse capiamo che è necessario ricollocare la Rai sulla rotta del servizio pubblico». Lorenza Lei guida da un anno la Tv pubblica, (fu assunta come dirigente il 1 maggio di 18 anni fa) «dodici mesi spiega – con l’obiettivo principale di ripianare le sofferenze di bilancio. Dopo cinque esercizi negativi è arrivato un utile di 4 milioni».

Lei pare ottimista ma ha presentato al Cda una manovra da 50 milioni di euro?

«La Rai negli ultimi vent’anni si è “conformata”, anche se non è il termine più giusto, a un sistema televisivo dominato da due grandi operatori. Ne è nato così un ibrido editoriale che conteneva insieme le ragioni del servizio pubblico e le esigenze della Tv commerciale. Ora che siamo di fronte a un’offerta di 14 canali con l’avvento del digitale, che per la Rai, da sola, ha significato, un investimento complessivo di 500 milioni di euro, l’azienda deve riorganizzare la sua missione. Il servizio pubblico radiotelevisivo, se opportunamente rinnovato, può diventare un fattore di riequilibrio delle dinamiche di mutamento sociale in atto nel paese. E la manovra prepara il terreno per il cambiamento, taglia dove è giusto tagliare, ottimizza le risorse per gli anni successivi consolidando l’obiettivo di pareggio di bilancio anche per il 2012».

Ma i tagli non producono tesoretti, anzi…

«Sì, ma nel 2013 non peseranno i diritti sportivi, come accade negli anni pari. E le risorse a maggior ragione devono essere meglio utilizzate. La prospettiva è quella dei grandi operatori televisivi internazionali con investimenti mirati e la ricollocazione all’interno delle produzioni anche per valorizzare le professionalità di un gruppo che ha circa 12mila dipendenti».

E così pensa di salvare la Rai dalla crisi?

«La Rai non ha bisogno di essere salvata. Ha solo la necessità di rinnovare la sua missione. Pensi a quello che fa nella fiction, nell’informazione regionale, nel cinema dove quest’anno ha conquistato premi e riconoscimenti… E poi, in controtendenza, le dico che la Tv generalista non è per niente morta. Semmai è mutata la platea televisiva, si è rinnovata, ma in gran parte è lì. Il pubblico si è distribuito e va cercato dove si trova. Lo dimostrano i dati di ascolto. Se poi parliamo di grandi eventi, come lo show di Fiorello con il suo 50%, si capisce che è necessario costruire anche degli eventi, e noi sappiamo farlo».

Ma non è un evento, seppur di successo, a caratterizzare una stagione. I tagli che lei propone rischiano di minare un palinsesto credibile…

«Non si tagliano né idee, né qualità. Bensì si ridurranno i costi delle star. Da noi i grandi artisti sono premiati da grandi ascolti, altrove da risultati di nicchia. La verità è che non esiste oggi, vista la crisi e i consumi, un’equazione che più spendi e più ricavi. Inoltre, le risorse arriveranno pure dalla valorizzazione immobiliare: penso alla sede di via Cernaia a Torino: solo 358 dipendenti in diciassette piani».

E in questa maniera crede di aumentare share e ricavi?

«La crisi che vive l’Europa, con tutte le sue angosce, la contrazione dei consumi riporterà il pubblico davanti alla Tv e su tutte le piattaforme multimediali. In quel momento la Rai sarà lì, pronta a rifondare un patto con il suo pubblico, agendo da mediatore culturale».

Insomma, vuoi dirci che si archivia l’era Raiset?

«La Tv pubblica deve tornare a essere centrale all’interno del sistema multimediale. Soprattutto nel momento in cui il mercato cambia e si ristruttura. L’ottimizzazione della spesa servirà a generare risorse per i canali tematici e il web: è lì che investiremo per armonizzare l’offerta complessiva. La Rai deve avere una propria cifra editoriale e stilistica nettamente distinguibile da quella degli altri operatori del mercato. Rispettiamo tutti ma noi siamo un’altra cosa dalla Tv commerciale. Per anni si sono rincorsi modelli di sviluppo complementari, ma invece di aumentare la qualità dei prodotti, in molti casi, è stata diminuita».

Il 4 maggio si riunirà l’Assemblea degli azionisti. Da più parti si chiede un cambio di governance aziendale cosa pensa?

«Quando sono stata chiamata a guidare l’Azienda sapevo benissimo i meccanismi di funzionamento della Rai. Ogni Direttore Generale ha l’obbligo di governare con gli strumenti che ha a disposizione. Con questi strumenti ho governato in questi mesi con l’obiettivo primario di risanare i conti. Altre valutazioni non spetta a me farle».