Pubblicato il 18/04/2012, 17:40 | Scritto da La Redazione

MARINA ROCCO, DAL DOCUMENTARIO SULLO STALKING AI RUOLI BRILLANTI

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Entusiasta e determinata, l’attrice, protagonista delle tre edizioni di “Tutti pazzi per amore”, ha raccontato a TVZOOM i dettagli di “Una su tre”, documentario trasmesso da Diva Universal il 7 maggio, sul fenomeno dello stalking, da qualche tempo trattato in numerose produzioni tv.

Il ciclo Mai per amore, su RaiUno, si è concluso con buon riscontro di share, eppure la battaglia televisiva contro lo stalking non finisce qui. Il canale Diva Universal (Sky canale 128) il 7 maggio trasmetterà il documentario Una su tre: attrici famose leggeranno brani tratti da esperienze reali di donne vittime di violenza. Marina Rocco – Stefania in Tutti pazzi per amore, ruolo per il quale ha vinto il premio LARA Fiction 2010 – sarà una delle protagoniste. A TVZOOM ha raccontato i dettagli del progetto, oltre alle personali prospettive di carriera. In Marina convive un mix di timidezza e di carica che destabilizzano l’interlocutore di turno, inducendolo a pensare che vita e arte riescano in lei a coesistere senza farsi dispetti.

Marina, il documentario di Sky si allinea al filone iniziato da RaiUno?
«In parte sì, ma sono due cose diverse. In questo caso non si tratta di fiction: leggeremo lettere di donne che hanno vissuto il fenomeno dello stalking e della violenza, dando corpo e anima a fatti realmente accaduti. Si tratta di un’analisi che scava nel profondo».
La maggior difficoltà nel cimentarsi in questo progetto?
«L’essermi confrontata con cifre impressionanti. Il sapere che ci sono migliaia di donne che mentono sulle proprie condizioni di vita, rimanendo nell’ombra per anni senza denunciare i fatti. Sono in difficoltà anche solo a parlarne, spero che la tv possa sensibilizzare davvero le persone sull’argomento».
Quelle sono le vere “pazzie” dell’amore. Qualcosa di molto diverso dalla sua lunga esperienza in Tutti pazzi per amore, la fiction brillante che l’ha resa popolare al grande pubblico…
«Le tre edizioni di Tutti pazzi per amore sono la mia esperienza televisiva più gratificante. Milani, il regista della serie, mi ha dato fiducia per un ruolo importante, lo devo ringraziare. È l’esempio di ciò che considero una fiction “moderna”. Ritmo, divertimento, tanto divertimento, persino sul set. Una storia coinvolgente e soprattutto la capacità di rischiare. Per me, se una produzione non sa rischiare, non è di qualità».
Che intende per “saper rischiare”?
«Rinnovarsi, raccontare qualcosa di nuovo. Come mi piace dire spesso: saper svegliare lo spettatore. Ecco, Tutti pazzi per amore ha dimostrato come la fiction italiana lo sappia fare. Forse è per questo che, nel panorama televisivo, le fiction riscuotono sempre un buon successo».
Lei ha spesso interpretato ruoli brillanti al cinema e in tv: che cosa le manca, nella sua carriera?
«Forse un ruolo da outsider. Magari la parte di un’assassina! Oppure, una dark lady, non necessariamente cattiva. Una dark lady in una commedia. Insomma, qualcosa che mostri un lato oscuro in cui io possa tirar fuori lati complessi di una personalità. Nella mia ultima stagione di Tutti pazzi per amore, in parte, l’ho fatto. Stefania era quasi impazzita, sperperava soldi nello shopping, se ne fregava del marito. Era un po’ borderline. Mi sono divertita».
Si sarà divertita anche in From Rome with love, il film di Woody Allen con Roberto Benigni…
«Ah, su quello, devo raccontare un aneddoto: mio padre è sempre stato un fan di Allen. Da piccola sono cresciuta con i suoi film. Essere selezionata in una parte, pur piccola, di un suo film è un sogno che si avvera. Nel film, io sono una donna che tenta di circuire Roberto Benigni, perché è affascinata dai suoi poteri».
Le donne, le attrici in particolare, devono circuire gli uomini per ottenere grandi ruoli in tv? O il mondo dello spettacolo è meritocratico?
«Ma no, se credi a qualcosa nella tua mente, sono convinta che quel qualcosa si realizzi nel reale. Io voglio fortemente credere che la nostra sia una società meritocratica, mi piace pensare che ciascuno di noi sia più forte delle avversità. In Italia ci sono tanti attori bravi, capaci di conquistarsi il successo con merito».
Dunque lei crede nel destino?
«Credo nella possibilità di intercettare la corrente giusta da seguire. Io penso di essere sulla buona strada. Ma talvolta, quando le cose non vanno per il verso giusto, mi capita di rigirarmi nel letto e pensare: “Oddio, ma io se non faccio l’attrice, nella vita che faccio?”».
Che farebbe?
«Non ne ho idea. Ho iniziato a 14 anni, a Milano quando ho conosciuto il grande Piero Mazzarella in uno stage di recitazione. Anni dopo sono giunti i primi ruoli televisivi. Ugo, serie Mediaset con Columbro. Ricordo il giorno in cui abbiamo iniziato a girare. Era l’11 settembre 2001. Un’era stava cambiando in modo drammatico. Poi mi sono trasferita a Roma. Da milanese doc, sono diventata romana a tutti gli effetti. Quando mi capita di venire a Milano, dove c’è la mia famiglia, non vedo l’ora di tornare nella Città Eterna. Mi dà una carica incredibile».
Incontri che cambiano la vita?
«Penso all’incontro con Filippo Timi, che mi ha voluta nella sua versione teatrale dell’Amleto (La gente non ha il pane? Diamogli le brioche nda). Ho riscoperto l’amore per il teatro. E pensare, che alle prime selezioni per un’accademia teatrale, da giovane, ero stata scartata. Ora ho riscoperto l’amore anche per quel lato della recitazione».
Sarà al cinema anche nel nuovo film di Fabio Volo. Ha guardato la sua trasmissione su Rai Tre?
«Sono riuscita a guardare una puntata, quando sono a casa vado a letto prestissimo, sono una super-mattiniera. Mi è piaciuta molto. Fabio è un grande comunicatore, sa essere vero, genuino, quella è la sua forza».
La rivedremo in tv in qualche altra fiction?
«Chissà, sto valutando alcune proposte. Mi piacerebbe lavorare a qualcosa di simile a C’era una volta la città dei matti, miniserie di Marco Turco. Me la riguardo sempre in dvd. C’è energia, ritmo. Recitazione vissuta, ma non naturalistica. La mia dimensione ideale. Non chiedermi però con chi mi piacerebbe lavorare: o ti dico una lista infinita di nomi o non dico niente».
 
Gabriele Gambini

 

(Nella foto Marina Rocco)