Pubblicato il 26/03/2012, 17:02 | Scritto da La Redazione

RAI, DALLE FICTION AI VARIETÀ LA TENDENZA È ESSERE RAPIDI ED ECONOMICI. E LA QUALITÀ?

Due, tre, massimo quattro puntate per programma: la nuova moda dell’intrattenimento. Anche le fiction diventano sempre più film tv (2 puntate al massimo). Ma è davvero così conveniente per il telespettatore e per la qualità?

Ma come mai la tv dà sempre meno spazio alla lunga serialità? I programmi di oggi sono come piccoli flash. Varietà e fiction. Stessa cosa. Due o tre o quattro puntate al massimo, poi, si cambia. Si prova, si vede lo share, si attesta il gradimento, s’ipotizza l’introito pubblicitario, si decide il periodo e si sa quale programma rivedremo in autunno e quale non rivedremo mai più. Bene, se si pensa che in base a questo si può valutare velocemente se il pubblico approva o meno quell’idea (inutile pensare a 12 puntate di un programma che poi sin dalla prima arranca, ma come si è fatto fino ad ora?), però, quanti soldi si spendono e costi che si ammortizzano ancor meno?

Penso anche alle fiction, ormai di moda il film tv. Sempre meno i Don Matteo e un Medico in famiglia (tra l’altro già confermati). Super cachet per gli attori, super produzioni, e poi il tutto svanisce in una, al massimo due puntate. Più varietà per lo spettatore, certo, ma meno fidelizzazione (pensiamo invece a Italia’s Got Talent diventato di successo, arrivato solo alla sua terza edizione) e tanti soldi spesi in più. Pensiamo innanzitutto alla Rai, servizio pubblico che a volte si è trovata a fare i conti con cachet dell’attore di punta, che per due puntate vanno in media dai 400 ai 600 mila euro. Parliamo di numeri uno, certo. Ma gli stessi o quelli dello stesso “range”, serie A, ovviamente, per una lunga serialità (12 puntate da 24 episodi), prendono più o meno il doppio. E tutti vogliono fare i tv movie, ovviamente, che sono diventati cool, più prestigiosi, oltre che economicamente più vantaggiosi.

Stesso discorso per le tempistiche lavorative, sempre ridotte al massimo due mesi e non un anno intero, che permette di portare avanti altri progetti. E questo comporta super costi per le produzioni, nuovi set, nuove location, costi per veri e propri film che durano uno al massimo due mesi, diversi da quelli che sono, ovviamente, per le serie di un anno. E allora, per “tagliare” qualche costo, ci si rifugia all’estero, dove la manodopera meno esperta, ovviamente, costa meno e quindi si crea altra disoccupazione.

E ora anche per i programmi tv, stessa formula, seppur con motivazioni assai differenti. Appena quattro puntate di Non sparate sul pianista, tre di Ballando con te, due o tre di Punto su di te, due o tre di È stato solo un flirt e quattro della rivisitazione italiana di Tu cara me suena e così via. Ma è davvero così conveniente per il telespettatore e per il budget Rai? Fa davvero bene alla qualità televisiva o è l’ennesimo spreco o l’ennesimo “accordo” tra i soliti? Pensiamoci.  

 

Francesco Franchi


(Nella foto Fabrizio Frizzi)