Pubblicato il 22/03/2012, 14:33 | Scritto da La Redazione

“ISTITUZIONI”, IL PROGRAMMA DI RAI TRE PER L’OPERAZIONE SIMPATIA DELLA POLITICA

{Summary}Con il programma “Istituzioni” la Rai racconta la politica ai giovani, nella speranza di raffreddare il clima antipolitico del nostro Paese. All’incontro stampa di Viale Mazzini partecipano Fini, Schifani, Paolo Garimberti e Lorenza Lei.{/Summary}

Ne escono addirittura simpatici, capaci di scherzare e stare al gioco. Chi? I nostri politici, dal presidente della Camera Gianfranco Fini a quello del Senato Renato Schifani, passando per il premier Mario Monti, fin su al Colle con il Presidente Giorgio Napolitano. Il programma Istituzioni, su Rai Tre da sabato prossimo alle 17 e su Rai Storia alle 23, propone un viaggio all’interno delle nostre istituzioni, con visite nei palazzi del potere, storie, curiosità, retroscena e interviste, realizzate da ragazzini, alle più alte cariche dello Stato.  

C’è chi chiede a Fini «scusi Presidè, ma lei che ne pensa della Lazio», chi addita Monti come «un marziano sceso in terra» e chi chiede a Napolitano perché la maggior parte dei Presidenti della Repubblica siano di origini napoletane. E giù sorrisi e pacche sulle spalle, uomini, non i politici imbalsamati alla Vespa.

Per presentare questo pezzo di educazione civica messo in piedi dalla tv di Stato a Viale Mazzini ci sono tutti, Fini, Schifani, il Presidente della Rai, Paolo Garimberti, il direttore generale, Lorenza Lei. È una giornata di festa per le “istituzioni”, tutti a scambiarsi complimenti reciproci, «ma che bel programma, questo è servizio pubblico», «la Rai con i suoi 11.738 dipendenti ringrazia», «non è un programma da Auditel, ma di servizio». Evviva. Poi finita la conferenza tutti, ciascuno con il proprio codazzo, si dileguano. In primis Lorenza Lei. Non è aria di farsi vedere troppo in giro a parlottare con i Palazzi. Lei d’altronde con questo programma il suo passo avanti l’ha fatto. «Il compito del servizio pubblico è quello di far conoscere le istituzioni – ricorda Fini, seduto accanto a Lei – L’antipolitica è dilagante anche per nostra responsabilità, ma è anche vero che bisogna far conoscere al cittadino come funzionano le nostre istituzioni, dove c’è una netta separazione dei poteri, ciascuno con le proprie responsabilità». Di sicuro questo programma rende un grande favore alla politica. Ora la politica dovrebbe fare altrettanto verso una Rai in scadenza. E se la Lei freme per rimanere al suo posto, Garimberti sa che di chance ne avrà ben poche.

È l’unico che, al termine di questo incontro, pieno di autorità, uffici stampa, addetti al servizio di sicurezza, guardie giurate e dipendenti Rai scesi tanto per dare un’occhiata, si ferma a parlare con i giornalisti. «La Rai fa servizio pubblico con questo tipo di programmi, ma i media sono più attenti a iniziative grandi come per esempio lo show di Fiorello, che pure è di altissimo livello. Che io sia ancora qui o che non lo sia mi auguro che la tv di Stato prosegua su questa strada».

Il 28 marzo il Cda scade. Ormai ci siamo. «Sbagliato, il Cda non scade, ma concluderà il suo mandato quando l’assemblea degli azionisti approverà il bilancio. Poi non è che il giorno dopo si va tutti a casa, il Cda deve restare in carica per l’ordinaria amministrazione, è nostro dovere. Se io me ne dovessi andare verrei meno ai miei compiti».  Va bene, e poi? «Fino all’approvazione del bilancio sarà roba nostra, da quel momento sarà roba della commissione di vigilanza e del Governo. Per quanto mi riguarda resto in attesa che qualcuno mi dica se devo togliere le tende o piantare dei nuovi picchetti a quelle vecchie». Da sempre il Presidente della Rai dice però che con questo sistema di governance la Rai non andrà da nessuna parte. «Auspico una riforma perché è tutto troppo lento – continua Garimberti – Se ogni volta che devo approvare un progetto superiore ai due milioni e mezzo di euro devo convocare il Cda è ovvio che rallento le decisioni. Occorre che il Parlamento faccia la riforma». 

 

Tiziana Leone

 

(Nella foto, da sinistra, Renato Schifani, Giorgio Napolitano e Gianfranco Fini)