Pubblicato il 20/03/2012, 11:01 | Scritto da La Redazione

LA RICETTA DI MINOLI PER LA RAI: «IL DIRETTORE GENERALE SCELTO CON UN CONCORSO E POI UN TG A SANTORO»

LA RICETTA DI MINOLI PER LA RAI: «IL DIRETTORE GENERALE SCELTO CON UN CONCORSO E POI UN TG A SANTORO»
Giovanni Minoli racconta a “La Repubblica” le sue proposte per la riforma di Viale Mazzini e per riportare la tv di Stato al centro del dibattito culturale. La Repubblica, pagina 15, di Antonello Caporale Minoli: «Direttore generale per concorso e diamo un telegiornale a Santoro» Bisogna mettere il canone nella bolletta e fare una tv […]

comunicati stampa2

Giovanni Minoli racconta a “La Repubblica” le sue proposte per la riforma di Viale Mazzini e per riportare la tv di Stato al centro del dibattito culturale.

La Repubblica, pagina 15, di Antonello Caporale

Minoli: «Direttore generale per concorso e diamo un telegiornale a Santoro»

Bisogna mettere il canone nella bolletta e fare una tv di qualità.

«Metti il canone Rai nella bolletta della luce, troverai i 400 milioni di euro che oggi sono evasi per fare a meno della pubblicità».

Qui iniziano i dolori.

«Ai partiti lascia il tg, d’altronde nel mondo nuovo dei canali all news conterà sempre di meno. Se hai un potere forte che guida, comanda e controlla nulla è impossibile. Puoi anche far condurre a Michele Santoro il telegiornale. Sapendo che l’identità nazionale la costruisci e la narri non solo attraverso le notizie, le inchieste, i racconti, ma anche nei sabato sera».

Siamo alla rieducazione seriale.

«Invece gli italiani sarebbero felici di avere un sabato sera condotto da Roberto Benigni. Gli farei raccontare la storia del mondo. Persino le soap sono strumenti culturali innovativi, utili alla pacificazione nazionale. Una soap ha fatto riconciliare turchi e musulmani».

Giovanni Minoli, reduce dall’Oscar degli History Markers, saprebbe cosa fare.

«Le grandi opere si progettano con concorsi internazionali. La guida della Rai non è una grande opera culturale? E il progetto editoriale meriterebbe un concorso aperto, pubblico, trasparente. Vedrebbe quante energie liberate e la forza inclusiva di un’idea simile».

Lei si candiderebbe?

«In Italia siamo in duemila a occuparci di televisione e in duecento a conoscere il prodotto fin nelle sue intimità. Credo che si candiderebbe per prima Lorenza Lei: ha diritto di dire cosa farebbe e come se non la si obbligasse a convivere con nove amministratori delegati».

Vuole lasciare i partiti in Rai e toglierli dal consiglio di amministrazione. L’uno e il suo opposto.

«Anziché sbattere il muso contro la legge Gasparri, correggerei e perfezionerei singole norme della legge. Con nove amministratori delegati non si va da nessuna parte, è evidente. Aumenterei il potere di decisione e il budget in carico esclusivo al direttore generale. Non deve condividere nulla, se non il progetto nelle linee fondamentali».

La Rai con il canone ma senza null’altro.

«Basta con l’alibi di usare il canone per fare una televisione commerciale».

Senza pubblicità la Rai diverrebbe assai più magrolina.

«No la pubblicità resta ma con una quota diversa. Dieci punti di share in meno, forse. Senza l’assillo dello share hai modo di sperimentare e tempo per promuovere in prima serata nuovi talenti e modo per forgiare una nuova classe dirigente televisiva».

E dipendenti a spasso, Usigrai a fare barricate.

«Immagini alla parete i tre palinsesti rai e li illumini con tanti puntini. Tolga Endemol e vedrà quante luci si spegneranno. Tolga Ballandi e si accorgerà che il buio incomberà ancora di più. Stacchi Magnolia e troverà più nulla su quel tabellone».

Siamo alla teoria dei fannulloni.

«No, qui siamo all’idea che le garanzie debbano avere la precedenza sulla passione e sulla competenza. Ma un ceto professionale così fragile non resiste al cambiamento. Tra 1800 giornalisti vuole che non se ne trovino cento che hanno piacere di scrivere sceneggiature? E altrettanti che hanno piacere nelle inchieste, nei racconti?».

A Gasparri e ai suoi amici cosa lascia?

«I partiti ci sono e ci saranno. Ridurre la loro capacità d‘interferenza, affievolirne il potere di sbarramento, fargli capire che non esiste al mondo un’azienda che possa reggersi con l’organigramma che oggi ha».

E la pubblicità la regala a Mediaset?

«No, la pubblicità che si libererebbe si spalmerebbe sul complesso sistema multimediale e avrebbe una caduta significativa anche sulla carta stampata».

Una soap libererà l’Italia da Berlusconi.

«Lei non ci crede, ma anche le soap fanno la storia».