Pubblicato il 18/03/2012, 10:15 | Scritto da La Redazione

PIPPO BAUDO: «ALLA RAI SERVIREBBE UNO COME MARCHIONNE»

PIPPO BAUDO: «ALLA RAI SERVIREBBE UNO COME MARCHIONNE»
  In un’intervista al “Corriere della sera”, il conduttore siciliano racconta la sua ricetta per rivoluzionare la tv di Stato. Corriere della sera, pagina 13, di Fabrizio Roncone Baudo: la tv di Stato è moribonda. Ci vorrebbe uno come Marchionne II conduttore: ci vuole un manager. Giusto trasformare il direttore generale in una sorta di […]

 

In un’intervista al “Corriere della sera”,comunicati stampa2 il conduttore siciliano racconta la sua ricetta per rivoluzionare la tv di Stato.

Corriere della sera, pagina 13, di Fabrizio Roncone

Baudo: la tv di Stato è moribonda. Ci vorrebbe uno come Marchionne

II conduttore: ci vuole un manager. Giusto trasformare il direttore generale in una sorta di commissario straordinario. «Azienda farcita di incapaci. La Lei? Con libertà d’azione farebbe bene».

ROMA – Pippo Baudo, parliamo della Rai.

«È un’azienda moribonda, senza più uno straccio di progetto culturale, seviziata dalla politica…».

Continui.

«Leggo che il governo avrebbe intenzione di enfatizzare il ruolo del direttore generale, così da farlo diventare, nei fatti, una sorta di commissario straordinario: beh, a me sembra un’idea ottima. La legge Gasparri, quello schifo di legge, per ora non si può toccare: perciò davvero la soluzione potrebbe essere quella di un direttore generale forte, capace di intervenire con decisione, per poter raschiare via tutte le incompetente, per tappare i buchi del bilancio e restituire all’azienda un profilo da servizio pubblico».

Lei ha in mente qualcuno.

«Guardi, ora le faccio il nome di un manager che a me non piace granché per come si comporta nei confronti dell’Italia… E però è un manager che penso avrebbe la testa giusta per intervenire sulla Rai…».

Baudo, a chi sta pensando?

«Penso a Sergio Marchionne. Uno così servirebbe».

Marchionne, per adesso, non si muove dalla Fiat.

«E certo, lo so. L’ho citato solo per far capire il genere di managerialità che sarebbe necessaria… In Italia, di figure così, ce ne sono però pochine… Quindi l’ideale sarebbe qualcuno che conosca bene la Rai dal di dentro».

Hanno proposto Piero Angela.

«E Piero, giustamente, ha rifiutato. Lo capisco: proponessero un ruolo del genere a me, scapperei all’estero. Noi siamo uomini da telecamera. No, serve un manager…».

Chi altro le viene in mente?

«Beh, anche un tipo come Claudio Cappon, andrebbe benissimo. E già stato direttore generale della Rai per due volte, è ancora un nostro dirigente. Ha esperienza, saprebbe dove mettere le mani. E comunque penso che si potrebbe anche confermare Lorenza Lei: se le conferissero libertà di azione, sono certo che farebbe bene».

Non pochi osservatori sono critici nei confronti della Lei.

«Sbagliano. La Lei non solo è lì da pochi mesi, ma ha pure ereditato un’azienda, letteralmente, a pezzi. Il suo predecessore, Mauro Masi, è stato il peggior direttore generale nella storia della Rai… Tutta l’azienda, però, è ormai farcita ad ogni livello di personaggi incapaci, messi lì dalla politica».

La politica c’è sempre stata dentro la Rai.

«Sono 53 anni che ci lavoro. E so, ho visto. E perciò le dico che la Democrazia cristiana, la tanto deprecata dicci aveva messo al comando dell’azienda un uomo come Ettore Bernabei, un personaggio di altissimo livello, che portò l’azienda all’interno di un modello culturale ancora adesso rimpianto. Aggiungo che quando poi toccò al Pci prendersi una rete, la terza, la mise nelle mani di un intellettuale straordinario come Angelo Guglielmi, che certo non stava lì ad ascoltare eventuali ordini urlati da Botteghe Oscure. Furono i socialisti a degenerare, a piegare l’azienda al volere della politica. Poi, tempo dopo, arrivò il colpo di grazia dei berlusconiani».

La Rai è piena di berlusconiani.

«Miserabili scherani che, pensando di fare un favore al loro padrone, hanno trasformato la Rai in una televisione commerciale, rendendola in tutto simile a Mediaset, che così ne è rimasta, per beffa, danneggiata. Il loro capo, Berlusconi, il più grande intenditore di televisione che io abbia mai incontrato, beh lui aveva invece non casualmente fatto una scelta diversa: c’è una tivù che già fa servizio pubblico? Perfetto, io allora invento la televisione commerciale, e ci metto dentro un po’ di tette, di leggerezza. Ma capisco che per molti dei suoi questo ragionamento era un po’ troppo sofisticato».

Lei, Baudo, ha lavorato poco, in questo ultimo periodo.

«A ottobre partirò con le prime quattro puntate di un progetto per Rai3, “Il viaggio”, che è appunto un viaggio nelle regioni d’Italia per capire come sono cambiate. Certo l’ultimo periodo in Rai è stato buio. Il direttore di Rai Uno, Mauro Mazza, un bravo giornalista del Tg2 che non sa nulla, tecnicamente nulla di spettacolo, mi propose di fare quattro puntate di “Serata d’onore”, mio storico format, dicendomi che la prima sarebbe andata in onda di sicuro, le altre sarebbero state invece usate per coprire qualche buco del palinsesto… A me, questi discorsi? A me? Il vero capolavoro è stato però un altro, che spiega bene come la politica controlli ormai l’azienda».

Racconti.

«Allora, propongo un programma di intrattenimento. Titolo: “Mister giallo”. Mazza, messo in Rai da Fini, mi dice okay, va bene, però le parti filmate dobbiamo appaltarle alla Goodtime. Rispondo che non c’è problema. Lavoriamo tre mesi, scriviamo sei puntate: ad un certo punto, però, viene fuori che la Goodtime è di proprietà di Gabriella Buontempo, moglie di Italo Bocchino. Che, intanto, con Fini se ne è uscito dal Pdl. Così, quando il progetto arriva a Mauro Masi, berlusconiano, Masi dice no, escluso, il programma non si fa».

E Mauro Mazza, a quel punto?

«Abbozza. Perché intanto, da finiano che era, pure Mazza è diventato filo berlusconiano».