Pubblicato il 14/03/2012, 11:30 | Scritto da La Redazione

ALBERTO ANGELA: «I CANALI TEMATICI SULLA SCIENZA CI COLPISCONO, MA NON CI AFFONDANO»

{Summary}In un’intervista a TVZOOM Alberto Angela, tornato alla guida del suo programma “Ulisse, il piacere della scoperta”, il sabato sera su Rai Tre, ripercorre la sua carriera. E svela che il primo in famiglia a fare divulgazione scientifica non è stato Piero, suo padre, ma il nonno.{/Summary}

Ha dodici anni di onorata carriera alle spalle, con oltre 150 puntate a tema unico, eppure Ulisse, il piacere della scoperta, in onda il sabato nella prima serata di Rai Tre non sembra dare cenni di decadenza. Così come non sembra averne il conduttore, un uomo che nella sua carriera ha realizzato servizi in tutti i sette continenti, girato documentari a settanta gradi sotto zero, galleggiato in aria in condizioni si assenza di gravità simulata, è scampato alle pallottole delle tribù bellicose mentre era in Etiopia ed è uscito indenne da un sequestro mentre era nel deserto del Sahara tra l’Algeria e il Niger. Non è Superman, è semplicemente Alberto Angela, paleontologo, naturalista, divulgatore scientifico, padre di tre figli e riuscitissima imitazione di Neri Marcorè, di cui, tra l’altro, è un grande amico.

Scusi Angela, ma dopo 150 puntate, come si fa a trovare ancora argomenti nuovi?

«La sfida è sempre quella di trovare argomenti in grado di tenere fermo il pubblico per un’ora e mezza, il tempo di una partita di calcio. Parlare della stessa cosa per tanto tempo non è facile. La nostra ricetta è riuscire a portare il pubblico con noi, spiegando cose interessanti con parole di uso quotidiano».

Nel corso di questi dodici anni si è dovuto adattare a una tv che cambia o la divulgazione è un’isola felice che non impone troppe modifiche?

«In questi anni sono cambiati i ritmi, anche i Tg ormai sono diventati più rapidi, così come i telefilm. Noi invece non siamo cambiati, il nostro segreto è confezionare un programma con attenzione sui dettagli. Avere e proporre sempre la stessa formula è la cosa vincente. Bisogna sempre essere in grado di accendere la curiosità della gente, con temi che affascinano, cercando di mettersi sempre dalla parte dello spettatore. E’ chiaro che stiamo attenti ai tempi che passano, ma non seguiamo le mode o altro, cerchiamo di essere noi stessi. Per questo il pubblico ci riconosce».

Però rispetto a dodici anni fa la concorrenza è aumentata, allora non esistevano la tv satellitare o quella digitale, piene di canali tematici proprio sulla natura, sulla storia o sulla scienza.

«Queste nuove tv vanno a colpire proprio noi, non i programmi di intrattenimento. Ma è importante comunque che la Rai continui a trasmettere in prima serata trasmissioni di divulgazione, all’estero le tv pubbliche li mandano in onda nel  pomeriggio o in seconda serata».

E questi programmi della concorrenza li guarda?

«Li guardo, devo dire che quando vai all’estero e accendi la tv trovi gli stessi reality, si critica tanto la nostra tv, ma poi nel mondo sono tutti gli stessi. Noi abbiamo un’ottima fiction, per esempio. Ricordo un aneddoto: anni fa ero in Mongolia, era il ’91, i mongoli non è che avessero presente dove fosse l’Italia, ma una parola gli accendeva gli occhi: “Cattani” il commissario della Piovra. La trasmettevano anche in Mongolia».

In tanti anni di esperienze, ce n’è una che le è rimasta nel cuore?

«Parto da quella più negativa, visto che sono passati dieci anni esatti da quando siamo stati rapiti. E’ stata dura, ma per fortuna siamo qui a parlarne.  Tra le più belle sicuramente le popolazioni incontrate sulle Ande o i boscimani in Namibia. Ricordo che in Africa mi sono trovato di fronte a un cacciatore, aveva l’arco e frecce, ci capivamo a gesti, la situazione si era capovolta, era lui a studiare me. Queste cose ti insegnano come tutto sia relativo. Certi sorrisi non te li scordi più».

Ormai ha già fatto tanto, quasi tutto, cosa le manca ancora?

«Siamo solo agli inizi, c’è ancora molto da fare. Mi piacerebbe per esempio esplorare a fondo la Siberia».

Una curiosità, lei ha tre figli, seguiranno le orme del padre e del nonno?

«Faranno quello che vorranno. Non bisogna instradare nessuno e poi chissà come sarà la tv tra 20 anni. Comunque io non sono la seconda generazione di divulgazione, ma la terza. Mio nonno che era medico a Torino e curava una rubrica di divulgazione scientifica alla radio».

 

Tiziana Leone 

 

(Nella foto Alberto Angela)