Pubblicato il 13/03/2012, 15:19 | Scritto da La Redazione

MICHELA ZUCCA: «IN “LIFE SHOCK” AFFRONTO IL TEMA DELLA DIVERSITÀ»

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L’antropologa, conduttrice di “Life Shock”, ogni sabato alle 23.05 su Real Time (Digitale Terrestre free Canale 31, Sky canali 124, 125 e HD, Tivù Sat Canale 31), racconta a TVZOOM i segreti della trasmissione e li analizza sul piano sociale e culturale.

Il 17enne Calvino Inman quando piange versa lacrime di sangue, ed è additato da molti come il figlio di Satana. Il fenomeno si chiama “emolacria”, è rarissimo, nell’ordine di uno su un milioni, i medici non ne conoscono le cause e non esiste una cura. La piccola Supatra è una bambina thailandese nata con la sindrome di Ambras, detta anche sindrome del lupo mannaro, una specie di pelliccia animale che ricopre il corpo sin dalla nascita. Le conseguenze della diversità, quando la diversità non è solo affrancarsi dall’omologazione sociale, ma porta con sé i tratti distintivi di anomalie fisiche evidenti: urgenze scientifiche e nel contempo sfide antropologiche. Questo il tema portante di Life Shock, in onda tutti i sabati alle 23.05 a partire dal 10 marzo su Real Time (Digitale Terrestre Free Canale 31, Sky canali 124, 125 e in HD, TivùSat Canale 31). Alla conduzione, la professoressa Michela Zucca, antropologa, accademica, specializzata in cultura popolare, storia delle donne, analisi dell’immaginario.

Professoressa Zucca, come è nata l’idea di Life Shock?
«L’idea portante è analizzare determinati fenomeni: io mi occupo di percezione della diversità all’interno delle comunità culturali, mostrare come la diversità viene percepita è un valido riferimento per comprendere i tratti della società. Dall’antichità fino a oggi».
Ci sono differenze sostanziali nella percezione della diversità fisica nell’evoluzione delle civiltà, dai secoli scorsi a oggi…
«La differenza maggiore sta nella sua attribuzione: in passato, segni evidenti di diversità fisica erano considerati manifestazioni sensibili del divino. Lei sa, per esempio, che si raccontava di come re Artù alla nascita fosse considerato ipertricotico, ovvero dotato di una sovrabbondanza di peluria sul corpo? Anche ad alcuni santi cristiani era stata attribuita una simile caratteristica, anche a Maria Maddalena. Si trattava di un modo per definire l’imperfezione e inserirla in un contesto comunitario, normalizzandola».
Oggi però non è più così…
«Oggi c’è la consapevolezza che le ragioni sono di natura umana, fisica. Alcuni casi che mostreremo hanno una spiegazione scientifica: per esempio, il famoso “uomo albero” della Thailandia è affetto da una forma non curata di creste di gallo, per intenderci. Mostreremo però anche casi definiti “misteriosi”, come la nascita di due gemelli, uno dei quali è attaccato all’addome del fratello. Oppure un bimbo pietrificato, mai partorito, portato dalla madre nel grembo per 50 anni».
Che cosa hanno in comune episodi del genere?
«Casi come questi sono osservabili o nei paesi del Terzo Mondo o, talvolta, nel Stati Uniti d’America. Per ragioni diverse, si tratta di luoghi dove può non essere garantita la totale assistenza medica. Nei paesi del Terzo Mondo a causa del contesto economico degradato, negli USA perché la copertura sanitaria è garantita solo a chi può permettersi di pagare un’assicurazione».
Quanto sono importanti i media nel garantire informazione e prevenzione?
«La tv, internet e la diffusione a larga scala dei mass media svolgono un ruolo fondamentale. Ma la vera prevenzione inizia a casa, grazie al proprio medico curante». 
La moderna chirurgia plastica svolge un ruolo fondamentale nella correzioni di alcune malformazioni. Mi ha colpito però l’episodio di alcuni ragazzi, perfettamente in salute, desiderosi di cambiare i tratti somatici dell’etnia di appartenenza.
«Documenteremo tre episodi di questo tipo. Si tratta di due ragazzi asiatici e una ragazza di colore, desiderosi di assumere tratti più simili ai bianchi, ai caucasici. Parlo di persone bellissime, si figuri che la ragazza di professione fa la modella. Tutti vivono a Londra. La spiegazione è di natura psicologico-sociale: il desiderio di appartenere a quella che è considerata, per modello estetico, la razza dominante. Il loro è un ragionamento scellerato, privo di senso, ma non è nuovo. Nei secoli scorsi, quando si diffuse l’idea che gli angeli fossero tutti dotati di chioma bionda e fluente, ci fu la gara tra le donne a tingersi i capelli di biondo, anche a costo di rimetterci la salute. La rappresentatività sociale svolge un peso alle volte decisivo, più dell’attrazione sessuale. Ma solo nel breve periodo».
Intende dire che la biologia poi ha sempre la meglio?
«Certo. Specie perché etnie diverse, da sempre, si attraggono. Unioni tra appartenenti a etnie differenti consentono un’evoluzione della specie in meglio. Superando l’omologazione di un modello unico, che ci sarà sempre ma è destinato a mutare progressivamente col tempo. Mi viene in mente il caso di Denny Mendez, miss Italia di colore alla fine degli anni’90. La sua incoronazione è un esempio positivo, in questo senso».
Eppure la chirurgia estetica, specie tra le donne in tv, è assai diffusa…
«La tv è conseguenza della società che la produce: la donna, da sempre, è stata sottorappresentata nei contesti culturali, non c’è niente di nuovo in questo. Chi è più fragile, si fa influenzare dai modelli massmediatici. Nelle società dove la donna gode di una maggiore autodeterminazione, questi fenomeni sono più limitati. Confesso che a me fa ridere vedere in tv questi conduttori grassocci, pelati, che affiancano fanciulle giovani e discinte. Ma la tv italiana non mostra solamente donne che puntano sull’immagine. Penso a programmi come Report della Gabanelli, a Lucia Annunziata, a giornaliste e conduttrici capaci di valorizzare la propria femminilità consapevole prescindendo dalla sola estetica».
A proposito di tv e della sua trasmissione: c’è spazio in Italia per una seria divulgazione scientifica o prevale solo il sensazionalismo e la spettacolarizzazione legati a episodi come i miracoli, le apparizioni mistiche etc.?
«Io sono un’antropologa. In questo senso non mi pongo il problema di spiegare un fenomeno misterioso dal punto di vista scientifico, ma di analizzarne le conseguenze culturali. Per me, ciò che la gente ritiene vero rimane vero, è il punto di partenza. Studio il fenomeno. Mi piacerebbe ci fosse più spazio all’analisi antropologica e meno alla sola spettacolarizzazione».
Life Shock si propone un intento preciso, oltre a quello di informare?
«Spero che la gente realizzi quanto il nostro sistema sanitario sia efficace e quanto sia importante, a livello di stato sociale, che rimanga così com’è».
Il suo sogno, come conduttrice e come studiosa, abbinato a un programma tv?
«Mi piacerebbe condurre una trasmissione che raccontasse la storia dei popoli dal punto di vista delle persone comuni. Non i grandi condottieri, gli statisti. Intendo la quotidianità, la gente che in quelle società viveva una vita normale. Mostrare come la vivesse, nei suoi aspetti peculiari e meno noti».
 
Gabriele Gambini
 
(Nella foto Michela Zucca)