Pubblicato il 13/03/2012, 11:46 | Scritto da La Redazione

BERSANI NON MOLLA SUL CDA RAI E COSÌ BLOCCA LE NUOVE NOMINE

BERSANI NON MOLLA SUL CDA RAI E COSÌ BLOCCA LE NUOVE NOMINE
Il segretario del Pd per il momento non prevede di rinnovare i vertici di Viale Mazzini con la legge Gasparri e di fatto si andrà a una proroga del consiglio attuale. Il Sole 24 Ore, pagina 23, di Marco Mele Cda Rai, senza accordo spunta la prorogatio Viale Mazzini, il rinnovo con le regole della […]

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Il segretario del Pd per il momento non prevede di rinnovare i vertici di Viale Mazzini con la legge Gasparri e di fatto si andrà a una proroga del consiglio attuale.

Il Sole 24 Ore, pagina 23, di Marco Mele

Cda Rai, senza accordo spunta la prorogatio

Viale Mazzini, il rinnovo con le regole della Gasparri annunciato da Passera.

ROMA – Dietro l’angolo del rinnovo dei vertici Rai spunta l’ipotesi della prorogatio di quello attuale. Quanto ai poteri interni al vertice Rai, è possibile una delega al presidente o a un consigliere, ma non a entrambi. I poteri del direttore generale, invece, si possono modificare solo per legge.

Un risultato che nessuno chiede o auspica, almeno ad alta voce, quello della prorogatio, ma che rischia di essere la classica soluzione “di ripiego” in caso di mancato accordo politico. Corrado Passera, ministro dello Sviluppo, dal quale dipendono le Comunicazioni e il contratto di servizio con la Rai, ha parlato chiaro (in un’intervista al Sole 24 Ore): «Alle nomine del nuovo consiglio, tra un mese, si arriverà per definizione con la governance attuale. Dopodiché sarà il premier a decidere». Governance attuale significa applicare quanto prevede la legge Gasparri. La quale richiede la nomina di nove consiglieri, sette dei quali designati dalla Vigilanza. L’azionista della Rai, il Tesoro designa l’ottavo consigliere e il presidente, il quale, però, per diventare tale deve ricevere i due terzi della Vigilanza.

Pierluigi Bersani, segretario del Pd, continua a ripetere, ancora ieri, di non aver intenzione di partecipare alla nomina di un nuovo Cda con le regole della Gasparri, «anche se non faremo cadere il Governo per questo». Senza Pd, Idv e Terzo Polo, peraltro, non ci sarebbe numero legale nelle riunioni della Vigilanza che dovessero essere convocate, dopo il 28 marzo, dal suo presidente Sergio Zavoli. Anche se il Terzo Polo assicurasse il numero legale, senza Pd e Idv non ci sarebbero i due terzi necessari a nominare il presidente. Appare poco verosimile, nell’attuale scenario politico, che un partito di maggioranza resti, anche temporaneamente magari nominando cinque o sei consiglieri su nove fuori da un Cda nel quale sono presenti gli altri partiti di maggioranza. O il Pd cambia posizione e accetta di partecipare al voto, magari in cambio di determinate garanzie sui nomi del presidente, del consigliere del Tesoro e del direttore generale: il problema diventerà la spartizione dei sette consiglieri della Vigilanza. O Bersani tiene duro e appare del tutto intenzionato a farlo. L’attuale vertice, allora, resta al suo posto sino alla nomina dei successori, con pieni poteri. Per lo statuto Rai il Cda uscente resta comunque in carica sino all’approvazione del bilancio 2011, che avrà un utile di qualche milione di euro. Il commissariamento dell’azienda appare impraticabile alla luce della parità di bilancio nel 2011 e del fatto di non essere previsto dalle leggi speciali sul servizio pubblico.

A meno che non sia il Governo, anziché il Pd, a cambiare idea: a fronte di un’impasse nella procedura di nomina, e, magari, di un “richiamo” istituzionale decida di modificare in extremis la governance, in ogni caso dovendo passare da un Parlamento che appare, sulla Rai, diviso più che su ogni altra questione. Il Governo, piuttosto, potrebbe decidere di andare avanti per le sue competenze, nominando il consigliere del Tesoro, da cooptare in Cda durante l’assemblea dei soci e designando il presidente, in attesa che si trovi un’intesa che sblocchi la Vigilanza.

Quanto ai poteri interni al vertice, quelli del direttore generale sono fissati per legge e possono cambiare solo con una nuova normativa. All’interno del Cda, un solo consigliere, presidente incluso, può ricevere dal Cda, ad esempio, la delega a firmare contratti oltre una certa cifra. Non più di uno, com’era previsto in passato dallo Statuto Rai, perché tale possibilità è stata esclusa per legge. Se si dà una delega al presidente, non si può darla al consigliere del Tesoro. Resta l’inadeguatezza dell’attuale ripartizione tra Cda e direttore generale: il Cda non può decidere senza la proposta del dg, quest’ultimo non può decidere nulla né firmare contratti oltre i 2,4 milioni di euro.