Pubblicato il 07/03/2012, 17:04 | Scritto da La Redazione

SUSY LAUDE: «PER RECITARE OCCORRONO TALENTO E FORTUNA»

SUSY LAUDE: «PER RECITARE OCCORRONO TALENTO E FORTUNA»
L’attrice, da venerdì al cinema con “Ti stimo fratello”, ripercorre con TVZOOM le tappe significative della sua carriera televisiva, dalle fiction con Tavarelli e Proietti a “Distretto di polizia”, raccontando aneddoti divertenti avvenuti dietro le quinte Susy Laude e Dino Abbrescia: due cuori e una capanna? Macché. Piuttosto, due cuori, un set cinematografico e un […]

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L’attrice, da venerdì al cinema con “Ti stimo fratello”, ripercorre con TVZOOM le tappe significative della sua carriera televisiva, dalle fiction con Tavarelli e Proietti a “Distretto di polizia”, raccontando aneddoti divertenti avvenuti dietro le quinte

Susy Laude e Dino Abbrescia: due cuori e una capanna? Macché. Piuttosto, due cuori, un set cinematografico e un figlio. Si sono conosciuti sul set di La scelta di Laura, fiction “medical” Mediaset trasmessa nel 2009 da Canale 5 in dodici puntate, sfatando il mito che chi si somiglia sul lavoro, non si piglia nel sentimento. Venerdì Susy sarà al cinema con Ti stimo fratello, commedia scritta e interpretata (con Paolo Uzzi) da quel Giovanni Vernia reso popolare da Zelig. «Dopo tante parti drammatiche in tv, avevo voglia di un ruolo brillante: Vernia è un talento eccezionale, la riprova che Zelig sa forgiare comici capaci di sviluppare idee vincenti anche nei film, come accadeva ai cabarettisti del passato», dice lei a TVZOOM, giocando con il figlioletto Nico e ripercorrendo le tappe della sua carriera televisiva.

Susy, è soddisfatta del ruolo nel film? Si sottolinea alle volte come i comici di Zelig siano incapaci di sviluppare un personaggio al di fuori degli schemi ultrarapidi dello sketch televisivo…
«Accadeva anche nel passato, però. I grandi comici che negli anni ’70 e ’80 sono emersi al cinema e in tv hanno iniziato con gli sketch da cabaret, dimostrando poi di avere le capacità per reggere parti articolate. Ti stimo fratello è una bella scommessa, Giovanni Vernia è eclettico, ha fatto tutto: ha recitato, ha scritto la sceneggiatura, ha curato la regia. Sono andata a vedere Zelig la scorsa settimana per la prima volta, mi sono accorta di quanto possa essere incredibilmente dura reggere 7 minuti davanti a una platea immensa. Una palestra incredibile. Per quanto mi riguarda, avevo voglia di un ruolo brillante: far ridere è difficilissimo, molto più che fare una parte drammatica».
Lei ha iniziato a teatro, poi sono arrivati cinema e tv…
«La tv è arrivata come un fulmine a ciel sereno. Di questi tempi, noi attori riusciamo a esprimerci su tutti i fronti, un tempo esistevano i compartimenti stagni: se facevi teatro difficilmente facevi tv. Colpa anche dei critici, non sempre in sintonia con i giudizi del pubblico. Oggi c’è maggior contaminazione di generi, il merito è anche delle nuove tecnologie e della tv digitale. Si creano più opportunità, il pubblico ha la possibilità di commentare e di avere voce in capitolo nell’apprezzamento degli attori. Quando ero sul set di Tutti pazzi per amore, contemporaneamente mi stavo preparando per La scelta di Laura. In pochi mesi, mi sono ritrovata a gestire due ruoli completamente diversi, a lavorare su personalità complesse».
Ne La scelta di Laura si è cimentata con una lunga serialità. È così diverso dal lavorare su una fiction pensata per una sola serata?
«Ci si deve concentrare su aspetti diversi, a seconda del tempo a disposizione. Sono due sfide complementari, così come fare teatro e poter migliorare di sera in sera la stessa parte. Ne La scelta di Laura interpretavo un personaggio di età maggiore della mia. Mi dovevo concentrare sulle movenze, sullo stare ferma, sull’assumere pose più controllate. L’esatto opposto di Tutti pazzi per amore! Ci ho lavorato molto. Interpretavo una donna in crisi coniugale».
La legge del contrappasso: interpretava una donna in crisi coniugale con marito, che era Dino Abbrescia: nella vita, poi, vi siete messi assieme!
«E pensare che io, sul set, all’inizio pensavo solo a lavorare. Dino mi aveva invitata a cena dopo il set, non avevo accettato. Mi aveva anche detto, scherzosamente: “Sai che io con te ci farei anche un figlio?”. Poi, a riprese concluse, mi sono accorta che mi mancava. Allora l’ho cercato io. Morale: ora conviviamo e abbiamo un figlio, Nico. Facendo lo stesso mestiere, ci capita di andare assieme sul set, a turno ci prendiamo cura di Nico. Lui è più un “mammo”: è apprensivo, cucina, si occupa della casa. Io sono un maschiaccio».
Avete lavorato assieme anche in Distretto di polizia e in Henry (da poco al cinema). Mai pensato ad altri ruoli?
«Io vorrei fare qualcosa di brillante, di comico con lui, ma lui non mi da retta! (ride)»
Distretto di polizia era un cult: come ha reagito alla sua chiusura?
«Mi è dispiaciuto moltissimo. Si poteva tentare di tenerlo in vita, magari con nuove storie, nuovi personaggi. D’altra parte, se esiste ancora Beautiful, perché non può esistere ancora Distretto
A proposito: è stato grazie a un provino per Distretto che ha lavorato con il regista Tavarelli…
«Stavo facendo un provino per Distretto, per una parte che poi andò a Giulia Bevilacqua. Gianluca era presente e mi ha proposto una parte in Non prendere impegni stasera.  Poi è arrivata la miniserie dedicata a Maria Montessori. È un regista attentissimo ai particolari, è bravissimo. Ho avuto la fortuna di lavorare con ottimi registi, penso anche a Luis Prieto, con cui ho girato Ho voglia di te e la miniserie I signori della truffa, con il grandissimo Gigi Proietti».
A proposito di Tavarelli: ha guardato Il Giovane Montalbano?
«Mi piace moltissimo, d’altra parte era un successo annunciato: ero compagna di Michele Riondino all’Accademia d’arte di Roma, si merita i riconoscimenti che sta ottenendo».
Lei, all’Accademia, come ci è giunta?
«Io volevo diventare campionessa olimpica di nuoto. Poi di sci. Un giorno, la mia insegnante di lettere del liceo ci ha portati a vedere Sei personaggi in cerca d’autore a teatro, messo in scena da Strehler. La passione per la recitazione è nata così. Ho sostituito un’attrice in maternità al Teatro delle Briciole, a Parma. Da lì non ho più smesso». 
Casualità e talento?
«Nella vita ci vuole culo e, certo, anche applicazione e talento. Ma soprattutto culo, diciamolo. Poi, non scordiamolo, conta anche la preparazione e lo studio, ma senza le basi non si va da nessuna parte».
Mi faccia un esempio, del suddetto muscolo posteriore identificato con la fortuna…
«Quando ho fatto il provino per Ho voglia di te, cercavano un’attrice di 24 anni. Io ne avevo 30, ma l’assistente di produzione aveva scritto sulla mia scheda che ero ventiquattrenne. Mi hanno presa. Chissà, se non fosse stato scritto così, all’inizio, forse non mi avrebbero nemmeno fatto fare il casting. Con Laura Chiatti mi capita di scherzare ancora su questo».
Aiutati che la Musa della recitazione ti aiuta?
«Mi viene in mente un aneddoto divertente: dovevo presentarmi a un casting per uno spot pubblicitario di una marca di CornFlakes. Vestita in modo semplice, con scarpe basse, mi sono ritrovata in una saletta assieme a una serie infinita di stangone fighissime, tirate da serata fashion. Ho pensato: “Ma io che ci faccio qui?”. Sono andata in bagno e, con la carta igienica, ho rinforzato il mio seno aumentando le mie misure. Hanno scelto me».
Niente interventi di chirurgia estetica, dunque!
«Io non li farei mai, ho troppa paura. Per noi donne, l’estetica sarà sempre croce e delizia. Nel ‘700 si usavano i bustini, negli anni ’50 ci si metteva le parrucche per nascondere gli elastici che tiravano la pelle del viso. Oggi, però, il botulino rende tutte uguali, non trovi?»
Un esempio di donna tv che le piace?
«La mia amica Victoria Cabello. Sa essere bella, spiritosa, intelligente, senza orpelli o troppe sovrastrutture».
E un esempio di tv di suo gradimento?
«Ho apprezzato molto Il tredicesimo apostolo. Bravissimo Claudio Gioè, con cui ho lavorato in Henry. In questo periodo, la fiction italiana funziona, così come i film. Per rilassarmi poi, mi guardo Vado a vivere in campagna e La tata, su Sky». 
Nessun pregiudizio verso i reality?
«Io ogni tanto il Grande Fratello lo guardo, è lo specchio di una realtà quotidiana e popolare che puoi trovare per le strade. Ci vuole molto coraggio, a essere se stessi davanti alle telecamere. Mi diverte anche l’Isola dei Famosi ma non ci andrei mai, non saprei resistere digiunando, finirei per impazzire e litigare con tutti».
E, potendo scegliere, una prospettiva di carriera da attrice?
«Lavorare in una produzione internazionale potrebbe essere formativo e interessante. Per esempio, mio cugino Stefano Cassetti fa l’attore, lavora in Francia e sta imparando molto. O essere diretta dal mio regista preferito, Tim Burton. O, se non lui, da un Tim Burton italiano, perché no!».
 
Gabriele Gambini
 
(Nella foto Susy Laude)