Pubblicato il 05/03/2012, 15:21 | Scritto da La Redazione

CINZIA TH. TORRINI: «LA MIA CERTOSA È UN PUNTO DI VISTA FEMMINILE»

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La regista de “La Certosa di Parma”, in onda questa sera alle 21 su Rai Uno, racconta a TVZOOM la sua esperienza alla guida della fiction e dice:«Vivere il passato è un modo efficace di raccontare il presente».

Sentite qua: La Certosa di Parma è girata proprio a Parma. Sebbene sulle prime possa sembrare una tautologia geografica scontata, un po’ come dire che il Milan gioca a San Siro, in tempi di complicati arzigogoli di budget e di delocalizzazione delle produzioni verso l’est Europa, si tratta di un successo italiano. «Lo scorso weekend sono stata a Parma per ringraziare quanti hanno reso possibile l’apertura dei castelli e la scelta dei luoghi in cui girare», dice la regista della miniserie Rai Cinzia Th Torrini, maestra nell’aver reso moderna la fiction in costume con Elisa di Rivombrosa. In questo caso, Stendhal, il feuilleton, risultano attuali sul piccolo schermo adattandosi al pensiero e alla velocità contemporanei, garantendo il successo di un genere catalizzatore dell’attenzione. Lo si chiamava affettuosamente “polpettone”, una volta, di quelli però che non si piazzano mai sullo stomaco.

Signora Torrini, essere riusciti a tenere la produzione in Italia è stato un successo…
«Si tratta di una grande vittoria, il budget a disposizione ce lo ha consentito. Non abbiamo dovuto reinventarci l’Italia fuori dai confini nazionali. La programmazione de La Certosa di Parma garantirà anche un buon riscontro turistico alla città. Non è poco, di questi tempi».
Non è facile adattare Stendhal alla tv di oggi: ci ha pensato, prima di accettare di girare?
«Mi sono andata a rileggere La Certosa di Parma e l’ho trovato molto diverso rispetto a quando l’avevo letto in gioventù. La rilettura di un romanzo dopo anni, come spesso accade, porta con sé nuove scoperte. Di una cosa sono certa: il passato è sempre un’ottima cartina di tornasole per raccontare il presente. Il modo di vivere i sentimenti rimane invariato, si rimane colpiti da quanto certe tematiche possano risultare attuali».
Pensando a una versione televisiva de La certosa di Parma, mi viene in mente quella del 1982, con un grande Gian Maria Volontè: il regista però era un uomo (Mauro Bolognini). Il suo sarà invece un punto di vista femminile…
«Sul piano puramente tecnico, un regista rimane un regista, a prescindere dal sesso. L’occhio di una donna però sa valorizzare certe emozioni in modo diverso. Come dire, forse è come se le vivesse in prima persona, senza il filtro del raziocinino. Penso anche alle scene d’amore, all’interno della fiction: è emersa una maggior attenzione per la passione femminile, vissuta in modo attivo e totalizzante».
E sul piano tecnico, che cosa caratterizza la sua regia?
«A detta di molti, i miei film si riconoscono dall’utilizzo delle luci nelle inquadrature e dal modo in cui vengono valorizzati occhi ed espressioni dei protagonisti. Le mie esperienze con i documentari mi hanno insegnato a osservare molto la realtà: la strada ideale per ricrearla sullo schermo».
Alessandra Mastronardi, Rodrigo Diaz: perché la scelta è caduta su di loro?
«Essendo una co-produzione, il cast è stato selezionato in Francia. Il destino però ha voluto che i due protagonisti fossero italiani. Alessandra è perfetta per il ruolo, Rodrigo, pur essendo di origini argentine, è ormai un italiano a tutti gli effetti. In generale, sono contenta di aver lavorato con tutti gli attori, penso anche a Hyppolite Girardot, François Berleand».
Galeotto fu il set di Elisa di Rivombrosa per Alessandro Preziosi e Vittoria Puccini: è stato così anche per la Mastronardi e Diaz?
«Alessandro e Vittoria si sono messi assieme a riprese concluse. Alessandra e Rodrigo sono ancora in tempo, dunque».
A quale personaggio si è sentita più vicina, nella rappresentazione?
«In genere, i personaggi in cui mi identifico non necessariamente mi rappresentano, ma hanno tratti distintivi forti. Mi ha colpito la figura di Gina: è una donna sensuale, carismatica, coraggiosa». 
La fiction in costume è tornata alla ribalta: in questo, lei ha contribuito più di altri con Elisa di Rivombrosa, Terra Ribelle…
«Ricordo quando, nel 2000, girai Piccolo Mondo Antico. Da diversi anni la fiction in costume non veniva proposta. Eppure in produzioni come queste c’è tutto: una storia coinvolgente, tante emozioni, grande forza descrittiva. Nel 2003 è arrivata Elisa di Rivombrosa. All’inizio si era pensato di girarla in Inghilterra, dove era ambientato il romanzo di Richardson a cui era ispirata, poi ho scelto di ripensarla e girarla in Piemonte. Terra Ribelle è stato girato in Maremma, mi piaceva mixare le ambientazioni italiane con l’idea di un western vecchia maniera».
C’è qualche genere di fiction che le piacerebbe affrontare?
«Magari il fantasy, perché no?»
Ultima cosa: il segreto circa il TH nel suo nome non lo svelerà neanche sotto tortura, giusto?
«È un segreto, manteniamolo tale».
Cercare di carpirle quel segreto, sarebbe come cercare di attaccare bottone con una sarta: riconoscerebbe ogni trucco.
 
Gabriele Gambini
 
(Nella foto Cinzia Th Torrini sul set de La Certosa di Parma)