Pubblicato il 28/02/2012, 11:42 | Scritto da La Redazione

BENIAMINO MARCONE: DA “IL GIOVANE MONTALBANO” A “I CESARONI 5”

TVZOOM ha intervistato il giovane attore che darà il volto a l’ispettore Fazio ne “Il giovane Montalbano” e che, a partire da settembre, sarà la più importante new entry nella nuova serie de “I Cesaroni”

Dire che Beniamino Marcone potrebbe diventare un… beniamino dei telespettatori sarebbe un giochino scontato. Però, dicendolo, si darebbe a Cesare quel che è di Cesare. Anzi, ai Cesaroni quel che è dei Cesaroni. Sarà proprio il giovane Marcone la new entry di rilievo nella quinta edizione della fiction Mediaset con Claudio Amendola, trasmessa da settembre. Nel frattempo, potremo vedere Beniamino su Rai Uno nel ruolo dell’ispettore Fazio, impegnato ad affiancare Michele Riondino nelle indagini de Il giovane Montalbano. «Da giovanissimo volevo fare il panettiere, un mestiere che, se ci si pensa, non è così diverso dall’attore: entrambi sono artigiani, entrambi plasmano un’essenza e la trasformano in materia fruibile», afferma lui, aggiungendo lievito alle personali prospettive di carriera (sarà presto anche al cinema con un film su Pasolini, di cui dice: «Pasolini è parte fondamentale della formazione di noi giovani, perché stimola il pensiero: spesso, però, a scuola non si arriva nemmeno a parlare di lui. Spero che dove non arriva la scuola arrivi la vita, l’amore per la conoscenza»).

Beniamino, tra l’ispettore Fazio ne Il giovane Montalbano e I cesaroni 5, in quale ruolo si rispecchia di più?
«Per quanto riguarda I Cesaroni, non posso dire molto: stiamo girando in questo periodo, il mio sarà un ruolo importante, destinato a portare novità nella nuova serie. Andrà in onda da settembre su Canale 5 e credo piacerà molto ai fan storici della fiction, ma saprà conquistare nuovo pubblico. Quanto a Il Giovane Montalbano, interpreterò il giovane ispettore Fazio: per farlo, ho lavorato molto su alcune caratteristiche tipiche della giovinezza. Fazio è irrequieto, ha una gran voglia di mettersi in luce, è testardo, non vuole cedere dinanzi alle difficoltà. Non mi identifico con lui in tutto e per tutto, ma mi sono divertito davvero, sul set».
Un punto di forza del Giovane Montalbano, rispetto alla serie con Zingaretti?
«Forse questa è la serie più vicina ai romanzi di Camilleri, per caratterizzazione e valorizzazione dei particolari. Il regista, Gianlunca Tavarelli, ha curato al meglio i dettagli, è stato molto attento alla coesione tra i ruoli di tutti, rispettandone le peculiarità. Posso affermare senza riserve che si tratta di un prodotto collettivo, ciascuno svolge la propria parte ed è un tassello di un mosaico completo e armonioso. Il gioco di squadra ha prevalso sui singoli. Questa fiction potrebbe gettare le basi per altri progetti simili».
Lei, Michele Riondino, Alessio Vassallo, Sarah Felberbaum, Katia Greco: tutti interpreti giovani, siete il presente e il futuro della fiction italiana…
«Si possono gettare le basi per progetti futuri: la fiction, in Italia, ha bisogno di osare, di tentare nuove strade, allargare lo spettro delle possibilità sperimentando intrecci narrativi interessanti, magari seguendo il modello delle produzioni internazionali».
Lei era un fan di Montalbano?
«Al liceo ho letto i romanzi di Camilleri. Non ero un fan della serie, però mi piaceva il ruolo dell’ispettore Fazio e sapere, a distanza di anni, di doverlo interpretare è stato emozionante. Fazio ha un’esperienza di vita particolare: è andato via dalla Sicilia, ha vissuto per lungo tempo a Roma. Torna sull’isola e viene subito coinvolto dai suoi tratti distintivi, dai suoi suoni: nel girare, si è dato molto spazio all’impostazione linguistica, alla gestualità peculiare della Sicilia».
Quanto è importante la gestualità, per un attore?
«È determinante, forse più dell’impostazione vocale. Io sono un grande fan del cinema muto. Buster Keaton, Charlie Chaplin. Mi guardo spesso i loro film, da attori come loro si può imparare moltissimo. Dovendo fare affidamento solo sulla gestualità, sul movimento, erano costretti a lavorare di fantasia, elemento fondamentale per calarsi al meglio in una parte. Il mestiere dell’attore non è facile. Gli aspiranti si dividono in due categorie, di solito: chi vuole arrivare ed è consapevole di quanto si debba studiare, impegnarsi, scegliendo prodotti qualitativi senza trascurare un pizzico di fortuna, e chi invece cerca scorciatoie, è interessato solo ad apparire».
Che cosa l’ha aiutata a emergere?
«Il teatro è fondamentale per mettersi in gioco all’inizio, avendo un rapporto diretto con il pubblico. Io ho iniziato con l’esperienza del Centro Sperimentale, ho fatto del cinema e poi televisione. Ho scelto di recitare per vincere la mia timidezza. Da piccolo, la mia massima esperienza di recitazione erano le poesie natalizie davanti ai parenti. E poi, io adoro viaggiare: fare l’attore consente di viaggiare molto, di visitare località sempre nuove, traendone nuovi spunti».
Il suo sogno come attore?
«Lavorare in una produzione internazionale interpretando un personaggio dalla personalità simile alla mia».
A proposito di produzioni internazionali: le piacciono le serie americane, che si dice stiano influenzando anche il nostro modo di fare fiction?
«Mi sono piaciute Alcatraz e Lost, le ho viste di recente, hanno un’incredibile forza d’intreccio narrativo. Mi piacciono anche i documentari di ogni genere, me li guardo su youtube».
Lei è molto attento alla sceneggiatura, all’intreccio, alla qualità della narrazione…
«Scrivo anche soggetti e sceneggiature. È una passione personale: di recente, ho scritto un soggetto per un film d’animazione. Mi piace l’animazione perché consente l’utilizzo dell’espediente surreale per analizzare la realtà».
E da dove attinge le sue idee per scrivere?
«Correndo. Pratico gli sport di resistenza sul lungo periodo. Corro negli spazi aperti, in mezzo alla natura, e intanto rifletto, penso, ho modo di fantasticare. E di sviluppare nuove idee».
 
Gabriele Gambini
 
(Nella foto Beniamino Marcone)