Pubblicato il 07/12/2011, 14:13 | Scritto da La Redazione

ASTRID MELONI: «VI RACCONTO LA MIA SIMONETTA CESARONI»

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tvzoomscoop L'attrice protagonista de "Il delitto di via Poma", a TVZOOM spegne le polemiche e difende l'opera di Roberto Faenza: «È un lavoro rispettoso e qualitativo, l'accanimento dei detrattori è inutile».

ESCLUSIVA TVZOOM: spigliata e sincera, nell'intento di assecondare la propria vocazione: recitare. Una vocazione che è assieme autoanalisi e volontà di rappresentare il reale. Indispensabile per lei, Astrid Meloni, 29 anni, una laurea in psicologia, un curriculum da attrice sulla rampa di lancio. 
Poco importa se la fiction in cui è protagonista, Il delitto di via Poma, ha destato polemiche. «È stato affrontato un tema di attualità con rispetto e delicatezza, senza intento morboso e, soprattutto, senza proporsi di fornire risposte», ha detto a TVZOOM. Lei, che ama il teatro e che confessa «Da anni non ho in casa una televisione», ha esordito ieri sera in prima serata su Canale 5 in una grande produzione tv, ottenendo il 15% di share. 
La cronaca nera è qualcosa di comune e, al tempo stesso, di raro.Come un compleanno alla rovescia: un evento in cui è utile ricacciare lo spumante nelle bottiglie per far sì che, se non la vita, per lo meno la morte, trovi una spiegazione. 
Astrid, che effetto le ha fatto rivedersi nei panni di Simonetta Cesaroni?
«Una sensazione particolare. Fermo restando che la figura di Simonetta, nella fiction, è presente solo all'inizio e in un flashback. Sono convinta che un attore, per calarsi al meglio in una parte, debba vivere tre stadi di interpretazione: dapprima la comprensione razionale del ruolo, poi una sorta di abbandono, fondendo la propria personalità con quella del personaggio, fino a un'illuminazione, la spinta per recitare. Alle volte, basta poco per essere scelti da un regista: un tratto comune, un punto di raccordo iniziale con chi si va a interpretare».
Su Il delitto di via Poma, non sono mancate le polemiche per quella che viene definita "spettacolarizzazione della tragedia".
«Non c'è alcun intento morboso in questa fiction. Tanto meno è stata girata cercando sensazionalismi. Per intenderci, non ha niente in comune con i salotti televisivi dove, un giorno sì e l'altro pure, imperversano le discussioni sui delitti recenti, giocando, lì sì, sul morboso. Rispettando la famiglia Cesaroni, con grande attenzione a un immaginario così delicato, si è cercato di documentare un fatto di cronaca e, in qualche modo, di malagiustizia, senza proporsi di fornire risposte».
Il punto di forza della fiction?
«La sua qualità, grazie a grandi attori come Silvio Orlando e Massimo Popolizio, oltre a una splendida Giulia Bevilacqua, nel ruolo della sorella di Simonetta. Una sceneggiatura e una regia sobrie ed efficaci. Capisco il timore nel trattare tematiche simili, ma non giustifico l'accanimento nel condannare un film tv prima ancora di vederlo».
C'è sufficiente spazio per le giovani attrici in Italia?
«In linea di massima sì, anche se i ruoli maschili sono sempre preponderanti. Non ho mai riscontrato episodi di sessismo, però mi piacerebbe che le storie raccontate offrissero un punto di vista più femminile».
Vale sia per la tv, sia per il cinema?
«Parlo soprattutto del cinema, la mia grande passione assieme al teatro. Confesso di non possedere da anni la tv in casa. Non è snobismo, è per abitudine. Scrivete però che la comprerò presto».
Mi par di capire che non rinuncerebbe mai a fare teatro.
«Più che altro, sto iniziando ora a farlo davvero, ma vorrei farne di più. Ho lavorato in Closer di Patrick Marber e in Dopo la prova di Ingmar Bergman. In tv ho affiancato Pino Strabioli in Cominciamo bene prima. Sto facendo tanta sperimentazione, tanti laboratori teatrali. Il teatro è nato per il popolo, deve tornare a essere per tutti, specie per l'empatia che si crea con il pubblico. Mi piace anche il cinema d'autore: Sorrentino, Garrone. L'Italia dovrebbe dare più spazio alle opere prime, come accade in Francia. Ci sono tanti progetti interessanti, anche per la televisione, meritevoli di essere portati avanti con coraggio».
La crisi economica costringe a una diminuzione dei fondi per le produzioni.
«La crisi può anche essere stimolante, sul piano artistico: consente ai talenti di venir fuori per quello che sono, dando spazio alla qualità»
Che cos'è per lei la recitazione?
«Una forma di analisi del reale. Ciascuno di noi, nella propria mente, possiede tanti file, come un computer, che corrispondono a tante possibili reazioni dinanzi a un avvenimento. Quando l'avvenimento accade, scaturisce la reazione: si è portati a commentare in modo soggettivo ciò che un tempo si era oggettivato: "Ecco, è così che ci si sente quando succede", si tende ad affermare. Anche nelle piccole cose quotidiane.Recitare consente di padroneggiare al meglio quei file, ma solo dopo aver acquisito gli strumenti, che si possono ottenere solo studiando a lungo».

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto Astrid Meloni)