Pubblicato il 17/11/2011, 14:52 | Scritto da La Redazione

RINGO: ODIO TUTTI I TALENT

alt

Il popolare dj, direttore artistico di Virgin Radio Italia e conduttore di “Virgin Television”, critica la televisione generalista, specchio deformato di una società a disagio e profetizza a TVZOOM: «I canali tematici ci salveranno».

 

 

«Lo dico chiaro e tondo: se mai mi chiedessero di fare il giudice a X Factor, rifiuterei in modo netto. Non solo, registrerei la telefonata scandendo bene il mio rifiuto, e la manderei in onda su Virgin Radio». Non ha peli sulla lingua Ringo, pioniere della musica rock in Italia, direttore artistico di Virgin Radio Italia, conduttore su Virgin Tv, con un passato da conduttore anche su Mediaset. Non ha peli sulla lingua perché, a suo dire, in troppi ce li hanno sullo stomaco. E fanno del male alla tivù contemporanea, in balìa di contenitori generalisti espressione del disagio creativo della società. Interpellato da TVZOOM, ammette: «Spero che mia figlia Swami, avuta con Elenoire Casalegno, non decida da grande di fare quel tipo di televisione. Per ora non c’è pericolo, è orientata verso altre strade», presentandosi all’intervista con un telefonino a forma di Jolly Roger piratesco, quasi a sottolinearne l’indole corsara.
 
Ringo, c’è chi dice che i talent show siano un buon modo di veicolare la musica tra i giovani aspiranti artisti, lei è d’accordo?
 
«Io ne prendo le distanze. Guardo sempre con sospetto chi propone scorciatoie troppo veloci, praticabili attraverso casting che, spesso, non tengono conto del talento, hanno altre prerogative. I giovani devono tornare a rendersi conto che solo il duro lavoro paga, non il desiderio di apparire a tutti i costi».
 
Un programma come X Factor, però, annovera musicisti di primo piano come Elio e Morgan.
 
«Proprio Elio che, fino a qualche anno fa, faceva il paladino della musica underground, libera da influenze economiche. Anche Morgan stesso è cambiato rispetto al Morgan dei Bluvertigo. Sia chiaro, io non mi ritengo giudice di nessuno, però prendo le distanze da determinate scelte di altri. X Factor non promuove nuovi talenti, sappiamo bene che molti dei partecipanti vengono selezionati su indicazioni di discografici».
 
Non è che, sotto sotto, ci vuol riproporre il cliché del «Si stava meglio quando si stava peggio»?
 
«Mettiamola così. La televisione di oggi, i reality show in particolare o la spettacolarizzazione delle tragedie propugnata da altre trasmissioni, sono lo specchio di una società che sostituisce l’estro creativo con il voyeurismo. Non ho difficoltà a sottolineare come, negli anni ’80, negli anni ’90, ci fosse maggior voglia di osare. Imbastendo prodotti sì commerciali, ma anche innovativi. Penso, per esempio, anche al Drive In del primo Ezio Greggio. Non c’è paragone con l’odierno Colorado, che a me non fa ridere».
 
Della televisione attuale non salva proprio nulla?
 
«Mi piacciono le televisioni tematiche, sul modello americano. Documentari, inchieste giudiziarie. Anche le fiction, ovviamente. Soprattutto quelle USA. Vado pazzo per CSI. La televisione americana è avanti anni luce rispetto alla nostra perché non costringe a scelte obbligate, garantisce un margine di scelta, e quindi di esposizione, assai più ampio. Dunque maggior qualità».
 
Qualità anche in termini di musica, intende?
 
«Certo. Una sfida che stiamo vincendo con Virgin Radio e Virgin TV Italia. La prima esiste da tre anni e ci sta dando grandi soddisfazioni in termini di ascolti. La seconda, creata un anno fa, è stata vista come una benedizione dai fans che ci hanno detto: “Per fortuna sono tornati i videoclip, ormai non li proponeva più nessuno”. La discografia come la intendevamo una volta è morta con l’avvento di Internet. Tuttavia si può fare ancora un uso coraggioso di radio e televisione, meno scontato».
 
Progetti personali per il futuro?
 
«Il prossimo step sarà coniugare moda e arte con la musica. Virgin TV sta già proponendo una serie di interviste a fotografi, designer e creativi che possano servire anche da ispirazione per i musicisti. La contaminazione delle arti salverà un’epoca che ha bisogno di nuova, sincera creatività».
 
I riti di passaggio sono adorabili. Specie quando il passaggio non è obbligato, ma scelto, e quando il rito va a braccetto con il ritmo. Il ritmo di Ringo è scandito da rock con  pochi compromessi. Una scommessa che potrebbe anche vincere.
 
Gabriele Gambini
 

 

(Nella foto Ringo)