Pubblicato il 28/06/2015, 15:02 | Scritto da Peter Parker

Confessione di un blogger: “Siamo tutti venduti”

Confessione di un blogger: “Siamo tutti venduti”
Il nostro blogger mascherato vuota il sacco e confessa di non essere spinto dal sacro fuoco del giornalismo, ma da spirito di sopravvivenza.

Volevo dire una cosa, nel caso in cui non si sapesse. I blogger sono venduti. Io lo sono. Cioè prendo soldi per scrivere le cose che leggete sui social e che poi rimbalzano sui giornali o nelle tv e che spesso fanno incazzare artisti, produttori, direttori di rete, ecc… Tutti i blogger considerati più famosi sono come me, sono venduti e scrivono le loro opinioni a pagamento. È un mestiere da disperati della digital economy, ma nel contesto attuale funziona. Comunque non avevo trovato un lavoro migliore. E se riesci a fare il blogger di vero successo, alla fine guadagni anche bene. Io ci campo molto dignitosamente, più del pony express o del service telefonico per cui lavoravo. Anche i giornalisti blogger sono venduti: scrivono su Twitter e vengono pagati da qualcuno, direttamente o indirettamente. Quelli che conosco io scrivono le loro opinioni o per soldi o per scambi di favori o per scambio merci. Arrotondano stipendi spesso da fame che prendono nelle redazioni. Quelli più anziani dicono che se non fossero costretti non  farebbero i blogger. Perché questo è un mestiere da marciapiede, io ne sono consapevole. O da casa chiusa che si sta più comodi e la connessione funziona anche meglio.

Non so dirvi se sia più dignitoso il vecchio mestiere da marciapiede o il blogger. Me lo chiedo spesso. L’aspetto più divertente dal mio punto di vista è che a questo giochino da prostitute della parola credono tutti, come se noi blogger esprimessimo idee autonome. In top trend, tra gli argomenti più discussi, ci facciamo finire trasmissioni, concerti, film in cui ci sono pesanti investimenti pubblicitari: soldi investiti per coinvolgerci e farci parlare, per animare, per chiacchierare, per attaccare il programma o la casa di produzione che non ci ha pagato. È un bel mestiere? No. Ma non lo erano neanche quelli che facevo prima. Siamo persone generalmente prive di grande cultura, coscienza civica e etica. Non proviamo vergogna, alla fine è come fare l’impiegato. Ci sono colleghi più famosi di me che hanno collaboratori che scrivono a loro nome, sempre per conto di qualcuno. Sono aziende vere e proprie. Il mio senso dell’umorismo farebbe piangere Macario, ma nel nulla della rete ho visto che funziona. Gli utenti di Twitter e Facebook hanno il palato facile, sono abituati al peggio. Non siamo idioti, come dice Umberto Eco, generalmente siamo venduti con la licenza media. Questo non vuol dire essere idioti. Se poi nelle cose che scrivo inserisco qualche volgarità, i contatti salgono sempre del 30-40%. È triste e deplorevole tutto questo? Forse. In definitiva sarebbe meglio fare il bagnino, ma per me ormai non è facile imparare a nuotare.

 

Peter Parker