Pubblicato il 12/01/2018, 12:03 | Scritto da Andrea Amato

Contratto servizio pubblico: l’ennesima supercazzola della Rai

Contratto servizio pubblico: l’ennesima supercazzola della Rai
Ieri il Consiglio di Amministrazione di viale Mazzini ha approvato il Contratto Nazionale di servizio, ma è scandaloso che non venga ridistribuito tra tutti i broadcaster italiani.

Approvato dal Cda Rai il Contratto Nazionale di servizio pubblico

Ieri il Consiglio di Amministrazione della Rai ha approvato definitivamente il Contratto nazionale di Servizio, che disciplinerà le attività della tv di Stato nei prossimi 5 anni, fino al 2022. La presidente Monica Maggioni e il direttore generale Mario Orfeo hanno presentato al Cda il documento che «impegna il servizio pubblico radiotelevisivo ad accompagnare e a potenziare il più possibile l’alfabetizzazione digitale del Paese: il Gruppo Rai sarà sempre più presente nelle nuove piattaforme di distribuzione, con contenuti e modalità adeguati sia al pubblico consolidato negli anni, sia ai giovani e ai target più attratti dall’innovazione audiovisiva e multimediale», recita il comunicato stampa di viale Mazzini.

Maggioni e Orfeo hanno aggiunto: «Al centro di questo impegno c’è la missione di accrescere, fortificare e innovare il racconto del Paese. La Rai garantirà la qualità dell’offerta in maniera plurale e attenta alle esigenze di tutti gli italiani, nessuno escluso. Il Servizio pubblico da oggi è più forte e più sicuro».

Per citare il conte Mascetti di Amici Miei: una supercazzola! È evidente che prima di alfabetizzare il Paese al digitale, la Rai dovrebbe passare nel secolo attuale e abbandonare il caro Novecento. Per quanto riguarda i contenuti, poi, qui c’è il vero anello debole dell’adempimento al ruolo di servizio pubblico della Rai. Non possono essere Alberto Angela o Roberto Bolle le foglie di fico di una televisione che, in tutta evidenza, non adempie al suo ruolo.

Il problema, però, è la politica: miope ed egoista. È ormai sotto gli occhi di tutti che il reale servizio pubblico è frammentato tra tutti i broadcaster che operano in Italia: Mediaset, La7, Sky, Discovery, Netflix, DeAgostini. Non ha quindi davvero senso mantenere un’esclusiva di contratto di servizio alla Rai, soprattutto allo stato attuale delle cose. O si riforma profondamente viale Mazzini, per linea editoriale e per gestione strutturale, oppure è una follia parlare di servizio pubblico esclusivo. Tanto sappiamo tutti come andrà a finire: il 4 marzo ci sono le elezioni e dal giorno dopo è previsto l’assalto alla diligenza, carica di soldi del canone, estorti coattivamente dalle nostre bollette elettriche.

 

Twitter@AndreaAAmato

 

(Nella foto la sede Rai di Viale Mazzini)