Pubblicato il 07/10/2017, 15:05 | Scritto da Gabriele Gambini

Francesco Mazza: I trentenni, generazione perduta in cerca di Estremi Rimedi

Francesco Mazza: I trentenni, generazione perduta in cerca di Estremi Rimedi
Spietata, comica, iperrealista: Estremi Rimedi, webserie in 4 puntate disponibile su Youtube dal 10 ottobre, fotografa la situazione di una generazione irrisolta. Ne parliamo con Francesco Mazza, autore e protagonista assieme a Daniele Balestrino.

Francesco Mazza: “Estremi Rimedi racconta la contraddizione vissuta da chi è nato negli anni ’80”

I trentenni di oggi? Hanno tre scelte di vita possibili. Togliersi di mezzo fisicamente, sopravvivere imbottiti di Xanax, applicare una futile resilienza alla sfiga. Provocazione (o constatazione) di Francesco Mazza, autore e sceneggiatore prolifico, sodale di Federico Buffa, trasferitosi a New York dopo una lunga militanza nella redazione di Striscia la notizia. Il concetto è chiaro: i trentenni sono la generazione perduta, sminuzzata nel tritacarne del tempo. Troppo giovani per appartenere alla sapiente categoria degli antesignani, troppo vecchi per quella spavalda degli inventori. In soldoni, dei millennials di bassa lega – niente a che vedere con i millennials nati dieci anni dopo – abbastanza scafati per opporsi alle battaglie di retroguardia degli analogici over 45, ma incapaci di vedere il mondo come lo vedono i ragazzetti cresciuti a pane e YouTube.

Ma a mali estremi, estremi rimedi. E Estremi Rimedi è il titolo della webserie (4 puntate, su YouTube a partire da martedì 10 ottobre) che Mazza ha scritto e interpretato con Daniele Balestrino, usando la satira, il paradosso e molti luoghi comuni spassosi e riconoscibilissimi, per raccontare le contraddizioni esistenziali della generazione di mezzo. Inventandosi due protagonisti, “Francio” e “Silvio”, che, tra lauree alla Bocconi, mostruosi apericena, crisi economiche, progetti creativi destinati ad arenarsi, feticci calcistici come la pelata di Attilio Lombardo (non lo ricordate? Vergogna!), combattono una battaglia stralunata già persa in partenza. «Perché l’ottimismo contagioso degli anni ’80 è stato solo il sogno di un cane ubriaco».

Tutto parte da lì, dal raccontare la vita di chi è nato in un’epoca in cui si sognava troppo e si è svegliato ai giorni nostri?

Il tema portante di Estremi Rimedi è chiaro: la mancanza di opportunità lavorative e esistenziali per i trentenni di oggi. Una generazione che sta assaporando un evento inedito. Dal ‘900 in poi, i trent’anni erano tradizionalmente gli anni della massima efficienza fisica, dell’attività prolifica, dei risultati. È la prima volta nella storia dell’Occidente che la fascia dei trentenni si scopre penalizzata.

La colpa sarebbe del decennio placcato oro degli anni ’80? Ha plasmato false illusioni?

Non è una colpa, ma un dato di fatto supportato da prove. Negli anni ’80, ma anche nel ’90, l’economia andava benissimo, i conflitti mondiali si erano disinnescati con la dissoluzione del colosso sovietico. La Guerra Fredda volgeva al termine, si aveva la sensazione di imboccare una strada dorata. Dunque la società si è strutturata drogando il welfare, inventando mestieri appannaggio delle sole facoltà intellettuali, credendo che esse, pur differenti da individuo a individuo, potessero bastare per realizzare i sogni di carriera di ciascuno.

Poi che è successo?

Poi il sogno è finito. Dopo il 2000, sotto forme differenti, i conflitti nel mondo sono tornati. Ma noi abbiamo allestito strutture, anche mentali, basate su un ottimismo oggi disperso. E mi tornano alla mente i racconti dei miei genitori, che hanno vissuto gli anni ’70, un periodo di incertezze e instabilità, ma molto fecondo: a quell’epoca, era pericoloso persino andare in piazza San Babila, a Milano, calzando le Clarks. L’equilibrio era delicato, l’ottimismo successivo, una chimera.

Quanto hanno influito in lei gli anni ’80, riferendosi a un personale immaginario?

Sul piano artistico, per me, gli anni ’80 sono rappresentati da due simboli: gli eroi dell’edonismo reaganiano, per esempio Rocky. E i cartoni giapponesi, per esempio Holly e Benji, citati tra l’altro in una puntata di Estremi Rimedi. Questi titoli avevano un denominatore narrativo comune: l’eroe che, da solo, combatte le avversità, all’inizio ne è quasi soverchiato, poi, tra mille batoste, realizza il suo sogno. Un percorso di espiazione e redenzione a lieto fine.

Con quali conseguenze, sull’inconscio dei fruitori?

La costruzione di un pensiero individualista che ha portato ognuno di noi a credere che bastasse investire nei propri talenti per veder realizzati i propri progetti. Senza porsi il problema che, magari, il determinato settore in cui vuoi metterti in gioco non ha bisogno del plusvalore rappresentato dal tuo talento.

Quale chiave espressiva avete utilizzato per rendere chiara quest’idea?

La chiave della serie è l’iperrealismo, come spesso accade per i prodotti destinati al web. Con riferimenti chiari alla cultura americana: Louie, Master Of None, High Maintenance.

Mi ha divertito il riferimento al protagonista bocconiano, ricco di archetipi riconoscibili.

La Bocconi è stata il simbolo del rampantismo, ben rappresentato da Sergio Vastano ai tempi del Drive In. Quello degli Yuppies. Oggi c’è un sacco di gente laureata alla Bocconi che ha accumulato fior di competenze e si ritrova a svolgere mansioni sottoqualificate.

Estremi Rimedi dà l’impressione di fotografare con comicità e satira gli aspetti grotteschi di una situazione. Ma non indica possibili vie d’uscita.

Una via d’uscita è lo Xanax (ride, ndr). Sembra una battuta, ma è la droga del decennio, così come l’eroina lo è stata nel passato. Non è un caso. Un trentenne, ai tempi del liceo, non aveva le possibilità di condivisione di un pensiero offerte oggi agli youtuber, tanto meno aveva cospicue possibilità di viaggiare per il mondo a basso prezzo. Certo, può adattarsi al nuovo mondo digital e spesso ci riesce. Ma il paradigma è mutato.

Però, riferendosi ai trentenni, si parla di “generazione di mezzo”. Da una parte ci sono i nativi digitali. Dall’altra?

Gli over 45, analogici nel pensiero e nell’azione. Quelli che, in Italia, guardano le fiction con i preti, i carabinieri, i medici, sempre con la stessa retorica, e le trovano consolatorie. Quelli per cui il mondo finisce o in Sicilia o vicino alle Alpi. E sono quelli che molto spesso presiedono i colloqui di lavoro, per questo si parla di incomunicabilità tra generazioni. Se ci si pensa, è la prima volta che una rivoluzione tecnologica non è totalizzante. Ai tempi della radio o delle prime televisioni, il coinvolgimento fu molto più ampio rispetto all’avvento del web.

E voi, pensando alla serie, a che pubblico vi riferite?

Facciamo un atto di giocosa resistenza senza ambire a diventare mainstream. Estremi Rimedi, per come è strutturata, ha più potenzialità per diventare un film, piuttosto che una serie tv.

Nella serie si sente molto l’influenza della stand up e di un certo modo di intendere la satira, affrancato dalla commedia dell’arte italiana, e più vicino all’internazionalità.

La stand up è un mare da cui abbiamo attinto volentieri. Anche in Italia si sta conquistando una fetta di pubblico, penso a Saverio Raimondo. Forse non diventerà mainstream per i motivi di cui sopra, ma è destinata a crescere.

Estremi Rimedi parla di una realtà italiana. Il discorso potrebbe essere esteso e reso riconoscibile anche a un trentenne americano?

Vivo negli USA, secondo me sì, potrebbe. Gli Stati Uniti stanno vivendo un corto circuito generazionale, ma anche geopolitico, che molti Paesi d’Europa conoscono. L’area progressista, collocata spesso nelle grandi città, rappresenta la parte privilegiata della nazione. L’area populista, spesso emarginata perché collocata nelle periferie rurali, per reazione conquista i meno fortunati. L’elezione di Trump è specchio di ciò e non è certo un bene.

Con Estremi Rimedi ambisce a continuare nella scrittura per la fiction?

Vorrei lavorare nella fiction, fermo restando che, per me, la fiction non è quella di Gianni Morandi. È Game of Thrones, niente affatto retorica nei contenuti e molto spettacolare nella forma.

A che cosa lavorerà, ora?

Tornerò ad affiancare Federico Buffa, il 25 marzo 2018 andrà in onda su Sky uno speciale sulla scomparsa del fisico Ettore Majorana, a ottant’anni dal fatto. Andrò in Venezuela a raccogliere materiale, si dice che si fosse rifugiato lì. Daremo spazio a tutti i “ragazzi di via Paninsperna”, ricostruiremo puntualmente la loro vicenda.

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto, da sinistra, Francesco Mazza e Daniele Balestrino durante Estremi Rimedi)