Pubblicato il 16/05/2017, 19:32 | Scritto da Gabriele Gambini

Domenico Diele: In 1993 gli occhi di Luca Pastore raccontano il Pool

Domenico Diele: “L’ingresso di Eva nella vita di Luca Pastore lo aiuterà a convivere con la sua malattia”

In 1993 Domenico Diele torna a indossare i panni di Luca Pastore, personaggio chiave della fiction prodotta da Wildside, in onda da martedì 16 maggio alle 21.15 su Sky Atlantic. Poliziotto sieropositivo, ha contratto l’HIV a causa di una trasfusione infetta nel periodo dello scandalo sugli emoderivati, danno collaterale delle tangenti alla sanità che videro il ministro di allora, Francesco De Lorenzo, e Duilio Poggiolini, direttore generale del Servizio Farmaceutico Nazionale, indagati dal Pool di Mani Pulite.

Proprio la figura di Pastore, a cui gli sceneggiatori hanno affidato per licenza poetica il ruolo di deus ex machina delle indagini su quel filone di Tangentopoli, diventa il filtro per raccontare l’operato di Antonio Di Pietro (Antonio Gerardi). Con una prospettiva diversa rispetto al precedente capitolo, 1992. Minor desiderio di rivalsa monolitica nei confronti di chi lo ha destinato a una morte prematura, maggior consapevolezza che far giustizia può essere l’ultimo slancio vitale di un’esistenza da condannato. Senza rassegnazione, però. Merito dell’ingresso nella sua vita di Eva (Camilla Semino Favro), ragazza sieropositiva che gli insegnerà a convivere con la malattia senza smarrire la forza della leggerezza.

Domenico Diele, 1993 consegna un Luca Pastore in evoluzione, rispetto al precedente capitolo?

In 1993 Luca continuerà a occuparsi delle indagini sulle tangenti al Ministero della Sanità. Arriverà al ministro di allora, De Lorenzo, e a Duilio Poggiolini, diventato famoso all’epoca perché custodiva un tesoro nascosto, frutto della corruzione, nei mobili di casa. L’ingresso nella sua vita di una figura femminile affetta dalla sua stessa malattia, però, cambierà il suo rapporto con la malattia stessa. Imparerà una nuova maniera di convivere col suo stato di salute.

In una precedente intervista, a proposito del sacerdote in crisi di vocazione, figura che ha interpretato in In Treatment, disse che il segreto per immedesimarsi in un ruolo è prenderne le difese, intercettare le corde emotive che spingono un personaggio ad agire. Con Pastore è accaduta la stessa cosa?

Luca Pastore è vittima di un cortocircuito creatosi a causa del cattivo governo di una parte politica nel periodo raccontato dalla serie. Chi governava avrebbe avuto il dovere di vigilare affinché certe storture nella sanità non accadessero, invece ci ha lucrato sopra, a scapito della salute di molti cittadini. Prendere le sue parti, intercettarne le ragioni che lo spingono ad agire, in questo caso, è stato più immediato rispetto al sacerdote di In Treatment. Il suo ruolo di vittima in cerca di giustizia rende facile avvicinarsi a lui, comprenderlo e rappresentarlo.

Pastore però non è solo una vittima in cerca di giustizia. È la lente con cui la serie racconta l’operato del Pool di Mani Pulite.

La linea narrativa di Pastore è importante perché attraverso i suoi occhi si vive da vicino tutta la vicenda di Tangentopoli. Il meccanismo investigativo, il ruolo di Antonio Di Pietro, interpretato da Antonio Gerardi. Si racconta un periodo delicato e complesso della storia d’Italia. Lo spartiacque tra Prima e Seconda Repubblica. Un momento di vuoto di potere costellato di attentati da parte della criminalità organizzata che pare stesse intavolando una trattativa con lo Stato. Ma il 1993 è anche l’anno in cui arriva in Tribunale il processo Enimont, la madre di tutte le tangenti. È l’anno in cui vengono incriminati personaggi di spicco nell’ambito della sanità nazionale. Luca diventa il motore di tutto questo. Per licenza poetica degli sceneggiatori, le indagini approdano a frutti concreti grazie al suo agire.

Che cosa significa, per il suo personaggio, fare giustizia?

Il tratto distintivo di Pastore è la malattia che ne condiziona l’esistenza fin da 1992. Si ritiene spacciato, ha poco da vivere, sa perché e per colpa di chi. Ho cercato di caratterizzare il personaggio partendo da questo. Per lui, fare giustizia significa dare l’ultimo colpo di coda vitale alla sua esistenza, conferendole uno scopo.

 

Gabriele Gambini
(Nella foto Domenico Diele)