Pubblicato il 28/01/2017, 16:01 | Scritto da La Redazione
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Accordo tra Berlusconi e Bolloré per il modus Vivendi su Telecom e Mediaset

Accordo tra Berlusconi e Bolloré per il modus Vivendi su Telecom e Mediaset
La battaglia per il controllo di Mediaset verso la soluzione: i contendenti porteranno i pacchetti del Biscione e di Telecom in una cassaforte comune. Così sul Fatto Quotidiano.

Cavo e Tv, La nuova holding

 

 

Rassegna Stampa: Il Fatto Quotidiano, pagina 2 e 3, di Giorgio Meletti e Carlo Tecce

 

CAVO E TV La nuova holding

Berlusconi-Bolloré, la pace nell’intesa con Orange e Cdp

TRATTATIVE Disgelo La battaglia per il controllo di Mediaset verso la soluzione: i contendenti porteranno i pacchetti del Biscione e di Telecom in una cassaforte comune

Dialogo tra governi Gentiloni tratterà con il prossimo presidente francese l’integrazione tra i colossi telefonici

II ruolo di Cdp Cassa depositi e prestiti potrebbe entrare nell’operazione per garantire italianità»

 

La strada dell’accordo tra Silvio Berlusconi e Vincent Bolloré è stata á imboccata. E la soluzione che trapela da indiscrezioni frammentarie ma convergenti, gira attorno alla costituzione di una nuova holding. Nella cassaforte dovrebbero confluire le azioni di Telecom Italia oggi possedute dalla francese Vivendi, guidata dal finanziere bretone, e le azioni Mediaset in portafoglio alla Fininvest. Una sorta di stanza di compensazione dove si potrebbero risolvere tutti i conflitti, reali e potenziali: la contesa tra Fininvest e Vivendi per il controllo di Mediaset; i dissapori tra Italia e Francia sul controllo dei “campioni nazionali”; il futuro di Telecom nella partita della convergenza tra rete telefonica e contenuti televisivi. La questione tra Berlusconi e Bolloré si potrebbe risolvere già nella prossime settimane, le altre verranno dipanate dopo il 7 maggio, giorno in cui sarà eletto il nuovo presidente francese. A quel punto in Italiasi saprà già se si vota a giugno o se la partita potrà essere affrontata dal premier Paolo Gentiloni che, tratutti i premier che si sono succeduti negli ultimi anni, è quello che meglio conosce il dossier telecomunicazioni. TUTTO NASCE dal conflitto tra Bolloré e Berlusconi. Il primo sei mesi fa ha stracciato il contratto per l’acquisto dellapiattaforma pay-tv Mediaset Premium. Il secondo gli ha fatto causa. Bolloré allora ha rastrellato azioni Mediaset arrivando al 25,7 per cento del capitale (ufficialmente), e gli avvocati di Berlusconi gli hanno fatto causa. Nel frattempo Fininvest, secondo i dati Con-sob, ha arrotondato al 41,3 per cento il suo controllo su Mediaset. Il pacchetto vale, al prezzo di Borsa, circa 1,9 miliardi. Vivendi possiede il 24,7 per cento di Telecom Italia, un pacchetto che vale 4 miliardi. La prima mossa sarebbe il conferimento dei rispettivi pacchetti di azioni nella nuova holding. Transitando un pacchetto di Mediaset superiore al 30 per cento, scatterebbe l’obbligo di Offerta pubblica di acquisto sul capitale residuo: tolto il 25,7per cento di Vivendi rimane circa un terzo di Mediaset, circa 1,5 miliardi. La trattativa in corso tiene in equilibrio tre fattori. 1) Nella controversia giudiziaria Berlusconi ha più probabilità di vincere. 2) Fininvest mette sulla bilancia la rinuncia al controllo di Mediaset. 3) Bolloré avrebbe due vantaggi da un accordo: uscire dal guado di una causa che può durare anni e ricucire i rapporti con il governo italiano che, su Mediaset, gli ha dichiarato guerra con il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda. Tutto qu esto fa capire come Berlusconi possa spuntare condizioni favorevoli. Il suo pacchetto di azioni Mediaset vale 1,9 miliardi, un terzo del totale della nuova holding se si calcolano i 4 miliardi del pacchettone Telecom. Se la nuova holding acquisisse il 41 per cento di Mediaset riconoscendo a Fininvestun congruo premio di controllo, arrivando a 2,3-2,5 miliardi, schizzerebbe anche il costo dell’Opa obbligatoria, che deve riconoscere lo stesso prezzo agli azionisti di minoranza. Il costo dell’Opa salirebbe attorno ai due miliardi, e il valore complessivo custodito nella holding supererebbe gli otto miliardi. Sono dettagli non di poco conto su cui ancora si sta studiando. IN OGNI CASO l’obiettivo è una holding in cui inizialmente Berlusconi potrebbe arrivare ad avere anche un 35-40 per cento e Vivendi il 60-65 per cento. Il problema dell’eccessiva concentrazione di quote del mercato delle comunicazioni, già allo studio di Agcom, è superabile dalla constatazione che, giuridicamente , appare arduo dimostrare che quel 24,7 per cento in mano oggi a Vivendi determini il controllo effettivo di Telecom Italia. La seconda parte dell’operazione entrerebbe nel vivo dopo il7maggio, quando Gentiloni potrà affrontare con il nuovo presidente francese il tema delle “partecipazioni incrociate” tra i due Paesi. Il governo italiano ha fatto sapere di non gradire l’incursione di Bolloré su Mediaset, il governo francese si è innervosito per l’offerta di Fincantieri (italiana e pubblica) sul 66 per cento dei cantieri navali Saint Nazaire, di cui lo Stato francese detiene una consistente minoranza azionaria. Poi c’è l’intreccio Intesa-Generali-Unicredit a intricare il robusto dossier dei rapporti bilaterali Roma-Parigi. L’idea su cui si lavora è di far entrare nella holding, con quote importanti, la francese Orange (ex Telecom France, gigante telefonico a controllo pubblico) e l’italiana Cassa Depositi e Prestiti. Interverrebbero rilevando azioni della holding principalmente da Vivendi, che vorrebbe liberarsi almeno di una buona parte dell’investimento in Telecom Italia, estraneo al suo core business, la produzione di contenuti. Ma anche da Fininvest, se Berlusconi preferisse monetizzare in parte la sua attuale quota di Mediaset. ORANGE potrebbe salire fino a un 30 per cento della holding realizzando quell’apparenta-mento con Telecom Italia di cui si parla da anni. Cdp potrebbe rilevare quel 10-15 per cento che insieme alla quota Mediaset costituirebbe la garanzia di “italianità”. Vivendi, tenendo l’attuale 25 per cento in Mediaset fuori dalla holding, potrebbe vedersi garantita la primogenitura sulla società televisiva. Berlusconi garantirebbe ai figli un solido pacchetto di azioni, rinunciando alla gestione di un’azienda che da sola non ha futuro. Convincere i figli a farsene una ragione sarà, come sempre nelle famiglie del capitalismo italiano, lo scoglio più arduo da superare.

 

(Nella foto, i loghi di Vivendi e Mediaset)