Pubblicato il 04/12/2016, 12:01 | Scritto da La Redazione
Argomenti:

Luca Manfredi: «Un lungo abbraccio al mio padre ribelle»

Luca Manfredi: «Un lungo abbraccio al mio padre ribelle»
Regista e figlio dell’attore, parla del film-tv "In arte Nino", con Elio Germano, che ripercorre vent'anni di vita del grande attore. L’intervista di Micaela Urbano su Il Messaggero. La fiction andrà in onda su Rai1

«Lo ammiravo da spettatore, ma il nostro rapporto era difficile».

 

Rassegna Stampa: Il Messaggero, pagina 25, di Micaela Urbano

 

«Un lungo abbraccio al mio padre ribelle»

«DAL SANATORIO A “CANZONISSIMA” LA STORIA DI UN RAGAZZO CIOCIARO CHE SOGNAVA DI FARE IL CINEMA»

 

L’INTERVISTA Un abbraccio lungo un film. In arte Nino è l’omaggio che Luca Manfredi ha reso a suo padre e che mercoledì 7 inaugura il Roma fiction Fest al cinema Moderno. progetto ai limiti dell’impossibile raccontare un gigante come Nino Manfredi. Straordinariamente bravo, così tanto da restituire intatto l’animo dei personaggi che interpretava. Se li lasciava entrare dentro dimenticando se stesso. Non permettendosi, mai. di prevaricarli. Un mostro sacro, Nino Manfredi. Talentuoso in teatro e, all’inizio della carriera, in quella tv che lo rese popolare. Immortale grazie ai suoi memorabili protagonisti in oltre un centinaio di film (da L’impiegato ad Anni ruggenti, da A cavallo della tigre a Nell’anno del Signore, da C’eravamo tanto amati a Pane e cioccolata, a Brutti. sporchi e cattivi). Eterno con la geniale regia di L’avventura di un soldato. •Quando il produttore Federico Scardamaglia mi ha domandato di fare un film su mio padre, sono rimasto perplesso. Era un progetto difficile, ci avevo pensato mille e mille volte, ma rinunciavo. Poi ho trovato la chiave. Raccontare l’uomo. Nell’arco temporale di un ventennio. Da quando era un ragazzo fino al grande successo. nel ’59 con Canzonissima. E per me sarebbe stato un modo affettuoso di chiudere conti con lui» dice Luca, valido regista.

Chiudere i conti?

‘Con lui ho avuto un rapporto bello ma problematico. Lo ammiravo come attore, ma come padre, non lo conoscevo. Se non stava su un set si chiudeva nello studio, a sezionare i copioni, pignolo fino all’esasperazione, nel cinema lo chiamavano l’orologiaio. A me mancava un padre, un amico. Per lui noi eravamo “la famiglia’.  Che non doveva rompere le scatole. Per lui era stata la stessa cosa con suo padre, un maresciallo di paese, di quelli tutto d’un pezzo. D’altronde, la storia si ripete sempre. Suo padre volle che il mio andasse all’università, e mio padre si laureò in Giurisprudenza. Ma disse a mio nonno: “tie’, mo attacca sto pezzo di carta ndo” te pare, ma io, l’avvocato non lo farò mai”. Infatti si era iscritto di nascosto l’Accademia di Arte Drammatica…Io ho chiuso il cerchio. Mi sono iscritto a Medicina, ma al terzo anno ho lasciato. Meglio non ricordare quando glielo dissi».

ll film è sulla prima parte della carriera di Nino Manfredi…

«E la storia di un ragazzo ciociaro, di Castro dei Volsci, che si chiama Saturnino e sogna di fare l’attore. Raccontiamo gli anni della tubercolosi, il sanatoria, l’università, la frequentazione clandestina all’Accademia, l’incontro con il suo grande maestro Orazio Costa, e con amico, Gianni Bonagura, che gli presenta una bellissima mannequin di Capucci, mia madre. Lei, Erminia, sulle prime non ne vuole sapere di lui – lui che aveva conosciuto il sesso con una prostituta – poi se ne innamora, si sposano. Per lui arrivano le prime delusioni nel lavoro, lo scartato perché, dicono, non ha una faccia cinematografica–. Nel ’56 però forma una coppia comica con Bonagura in tv. E tre anni dopo, con Canzonissirna, c’è la svolta».

Perché ha scelto Elio Germano interpretare il protagonista?

«Perché era l’unico che potesse farlo. Altro grande problema del film era trovare il protagonista. Ma quando ho pensato a Germano sapevo di averci visto giusto. Ricorda mio padre nella interpretazione: come lui si annulla nel personaggio. Quando gli ho chiesto se Elio Germano interpreta Manfredi nel film “In arte Nino” si fosse mai ispirato a lui, mi ha risposto: sempre. Ha detto: è un’impresa impensabile, ma voglio tentare per la stima e per l’amore che ho verso di lui».

Lei, suo padre, Io ha anche diretto.

«Già. abbiamo condiviso il tempo, ma per lavoro. E non era semplice da gestire. Spesso ci scontravamo. Ricordo una sera, a Tolosa, durante le riprese di Un commissario a Roma. Ml dice che una scena fa schifo. Che la vuole riscrivere. lo l’assecondo. E il giorno dopo arriva sul set gridando: “chi è quell’imbecille che ha scritto “sta cazzata?”. Tralascio il seguito».

Non c’è nemmeno una giornata fence che ricorda di aver trascorso con lui?

«No. Il nostro rapporto è cambiato prima che cominciasse a stare male. quando lui era vecchio. I ruoli si sono invertiti. E io finalmente mi sono pacificato con lui. Non mi importava pia che mi dicesse bravo a mezzabocca. Mi faceva tenerezza. E continuavo ad ammirarlo. Avevo una stima immensa per quell’attore che, diceva Comencini quando la volle per fare Geppetto nel suo Pinocchio era l’unico che riusciva a parlare con un pezzo di legno”».

 

(Nella foto, Miriam Leone ed Elio Germano in “In arte Nino“)