Pubblicato il 03/12/2016, 14:55 | Scritto da Gabriele Gambini

Joyce Escano, vincitrice di Bake Off: Le mie lacrime una terapia psicanalitica

Joyce Escano, vincitrice di Bake Off: Le mie lacrime una terapia psicanalitica
La vincitrice del talent show per aspiranti pasticceri di Real Time si racconta a TvZoom: il percorso di gara, il rapporto coi giudici, l'avversario più temibile, il libro di ricette in arrivo come premio.

Joyce Escano: “Ho legato molto con Lorenzo, ma l’avversario più temibile era Bartolomeo”

Si chiama Joyce Escano, è originaria delle Filippine, ha trent’anni, un marito e una figlia. Come l’altro Joyce (James), segue un flusso di coscienza ed è sensibile alle epifanie, gli episodi della vita che contengono un significato rivelatore. Queste ultime, l’hanno portata a iscriversi alla quarta edizione di Bake Off Italia su Real Time (canale 31 dtt). E a vincerla. Sbaragliando la concorrenza. «Soprattutto Bartolomeo, l’avversario più temibile», dice lei. «Ieri ho visto la finale assieme alla mia famiglia e ai miei amici, eravamo in 51», continua. «C’era anche Lorenzo, il concorrente ingegnere. Siamo in ottimi rapporti, si è fatto cinque ore di treno dalle Marche per venire da noi. Realizzeremo assieme alcune videoricette natalizie».

Quanto è stato difficile tacere sulla vittoria fino alla messa in onda della puntata?

Quando gli amici mi chiedevano come fosse andata, nicchiavo. Mi trinceravo dietro un classico: “Poteva andare meglio”. Quando hanno saputo della mia vittoria, me ne hanno dette di tutti i colori. In realtà non ho mentito, la ricetta del mio cavallo di battaglia, nel programma, davvero avrei potuto eseguirla meglio.

Quando ha capito che avrebbe potuto vincere?

Quando è uscito Bartolomeo. Temevo lui più di tutti gli altri. Sulla teoria era preparatissimo.

Al cospetto dei giudici ha avuto reazioni differenti a seconda delle situazioni.

All’inizio ero terrorizzata dal maestro Knam. Poi ho scoperto la sua indole affabile. Sa premiare il merito e, nelle ultime puntate, non vedevo l’ora che assaggiasse i miei dolci. Con Antonio Martino, invece, mi sono trovata in difficoltà. Lui non guarda tanto alla tecnica, quanto al cuore. Io di passione ne ho tanta, ma la pasticceria è soprattutto tecnica, perché è una scienza esatta.

Il momento peggiore del suo percorso?

Quando ho preparato la “Torta famiglia”. Usare lo stampo dei Campionati mondiali è stato difficile, mi sono pentita della scelta, sapevo che non sarebbe venuta come avrei voluto. In più, io avevo a disposizione soltanto un normale abbattitore, ai campionati mondiali hanno invece utilizzato il ghiaccio secco. Mi sentivo scoraggiata. Ma alla fine me la sono cavata.

Ha esorcizzato i momenti di scoramento con buone dosi di lacrime.

Piangevo soprattutto nel confessionale. Era quasi una seduta di psicanalisi, potevo allentare la tensione e scaricarmi. A casa, di solito, non piango facilmente. Mio marito è rimasto sorpreso nel vedermi lacrimare. Ma dentro di me c’era una tempesta: l’emozione della gara, la consapevolezza di non poter vedere la mia famiglia, soprattutto mia figlia.

A casa che le hanno detto?

Che ho meritato di vincere. Dedico la vittoria ai miei genitori, senza i loro sacrifici non sarei qui, e agli appassionati di pasticceria che, come me, rinunciano a dormire per svegliarsi all’alba e verificare gli impasti.

Quando è arrivata la folgorazione per la pasticceria?

Quando, una sera a casa di mia suocera, ho visto il programma Peccati di Gola, di Luca Montersino. Da lì è arrivata l’ispirazione. Ho iniziato a studiare come una matta. Poi mi sono licenziata dal lavoro per seguire il mio sogno.

Ora il sogno come si concretizza?

Studiando ancora, perché “chi si forma non si ferma”. Con l’obiettivo di lavorare in un laboratorio professionale di pasticceria.

Gabriele Gambini
(nella foto, Joyce Escano)