Pubblicato il 29/08/2016, 10:35 | Scritto da La Redazione
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La nuova strategia della Rai: non pagare i diritti musicali

La nuova strategia della Rai: non pagare i diritti musicali
Tra gli artisti, i compositori, i musicisti e il Dipartimento guidato da Luca Lotti va avanti un braccio di ferro per il mancato pagamento dei diritti sulle canzoni andate in onda. Così Francesco Bonazzi su “Il Fatto Quotidiano”.

La nuova Rai non paga i diritti musicali

 

Rassegna stampa: Il Fatto Quotidiano, pagina 5, di Francesco Bonazzi.

Tra gli artisti, i compositori, i musicisti e il Dipartimento guidato da Luca Lotti va avanti un braccio di ferro per il mancato pagamento dei diritti sulle canzoni andate in onda.

La nuova strategia della Rai: non pagare i diritti musicali

Ponzio Pilato c’è e abita a Palazzo Chigi, presso il Dipartimento per l’Editoria, guidato dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti. Tra gli artisti, i compositori, i musicisti e il Dipartimento guidato dal fedelissimo di Matteo Renzi sta andando avanti da settimane un braccio di ferro sotterraneo che riguarda il (mancato) pagamento dei diritti sulla musica mandata in onda dalla Rai. Un contenzioso che vale diverse centinaia di migliaia di euro, denari necessari, tra l’altro, ad assicurare l’indipendenza economica a cantanti e musicisti italiani. Una battaglia che in prima battuta si svolge tra il Consorzio Fonografici (Scf) e Mamma (o matrigna?) Rai, con il dg Antonio Campo Dall’Orto che ha eretto un autentico muro di gomma, mentre per ora Palazzo Chigi veste i panni di colui che se ne lava bellamente le mani, come se le inadempienze di Viale Mazzini non fossero affare del governo. La proprietà della Rai, per altro, è formalmente del ministero dell’Economia retto da Pier Carlo Padoan. Insomma, in questa storia il governo c’entra parecchio.

Proprio nei giorni in cui il premier Renzi e il suo braccio armato in Rai Campo Dall’Orto stanno militarizzando l’informazione pubblica e i telegiornali, Palazzo Chigi ha fatto sapere al Consorzio che non è suo compito far sì che la sedicente “maggiore azienda culturale del Paese” paghi il dovuto ai musicisti per la riproduzione dei loro brani nelle sue varie trasmissioni d’intrattenimento. La Rai ha smesso di saldare a Scf le spettanze per il passaggio dei brani musicali sulle proprie reti a partire dal primo gennaio 2016. Il Consorzio, che tutela in modo collettivo gli interessi e i diritti connessi discografici di oltre 400 imprese, tra major e piccole etichette indipendenti, nel giugno del 2013 aveva firmato con la Rai un contratto per l’utilizzazione da parte della tv di Stato del patrimonio musicale e di videoclip amministrato dallo stesso Scf. Il contratto è scaduto il 31 dicembre scorso e le due parti hanno immediatamente iniziato le trattative per un rinnovo della convenzione. In tale occasione il Consorzio aveva chiesto alla Rai di mettersi in regola con le nuove norme di legge del maggio 2014 sulla rendicontazione dei diritti musicali, come da raccomandazione pubblica dello stesso Dipartimento dell’Editoria di Palazzo Chigi. Ma qui è arrivato l’incredibile colpo di scena, come racconta al Fatto Quotidiano Enzo Mazza, presidente del Consorzio: “Con nostro grande stupore, da mesi la Rai ha dichiarato di non poter accogliere la nostra richiesta per non meglio precisate ragioni di carattere tecnico e organizzativo”.

Scf si è quindi rivolta direttamente a Campo Dall’Orto con una lettera garbata, ma piuttosto dura del 2 maggio scorso, con la quale si chiedeva il pagamento delle somme dovute per la musica che la Rai continuava a mandare in onda bellamente, come se nulla fosse dovuto ad autori e case discografiche. Il Consorzio ha inoltre spiegato al nuovo dg di Viale Mazzini, probabilmente a digiuno del problema anche se vanta una carriera importante ai vertici di Videomusic, che il rispetto delle norme sui diritti connessi è fondamentale per il mantenimento dell’industria musicale e per lo stesso Scf, che è a sua volta tenuto a rendicontare e pagare i diritti ai propri associati. Da Viale Mazzini, in un primo tempo, era anche giunta qualche assicurazione informale che il problema sarebbe stato in qualche modo affrontato. Ma poi non è seguito alcun fatto concreto.

Viale Mazzini ha eretto con i musicisti e i discografici il più classico dei muri di gomma, come solo la Pubblica Amministrazione sa fare nonostante le decine di “rivoluzioni” annunciate in due anni di governo da Marianna Madia e Renzi stesso. Un nuovo sollecito scritto del Consorzio, che porta la data del 21 giugno, non ha ottenuto la minima risposta dalla Rai, se non un paio di letterine generiche arrivate proprio questa settimana, e il tutto mentre l’azienda continua a non pagare un centesimo al Consorzio dal primo gennaio scorso. Il 12 luglio scorso, del resto, il presidente Mazza aveva scritto anche al Dipartimento per l’Editoria di Palazzo Chigi per fare il punto sul contenzioso con Viale Mazzini, per lamentare le inadempienze di Campo Dall’Orto e chiedere il versamento delle somme dovute. Questa volta, a differenza della Rai, Palazzo Chigi ha battuto un colpo. Ma per i musicisti italiani è stata una mazzata incomprensibile. Il capo del Dipartimento Roberto Marino, con una missiva del 14 luglio inviata al Consorzio e per conoscenza ai ministeri del Lavoro e dei Beni culturali, ha confermato la validità delle norme del 2014, ma ha scritto che “la normativa vigente non attribuisce al Dipartimento per l’editoria e l’informazione della Presidenza del Consiglio dei ministri alcun potere ispettivo o sanzionatorio nei confronti degli utilizzatori per quanto concerne i rapporti tra questi ultimi e le imprese che svolgono attività di amministrazione e di intermediazione dei diritti connessi”. Insomma, Palazzo Chigi, con una capriola non da poco, ha riconosciuto che la legge dà ragione al Consorzio, ma poi ha sostenuto che non può far nulla contro tv e radio che non pagano il dovuto agli artisti, neppure quando queste sono pubbliche come la Rai. A testimonianza del fatto che per il governo Renzi Viale Mazzini è un’azienda di Stato solo quando si tratta di riscuotere l’odiato canone con i metodi più complicati e vessatori del mondo, oppure quando bisogna scegliere i direttori dei telegiornali tra i giornalisti più sdraiati della nazione. Mentre se si tratta di assicurarsi che la Rai rispetti la legge e non “affami” i fornitori, artisti compresi, allora l’azienda affidata a Campo Dall’Orto è come se battesse bandiera panamense.

Per capire meglio la posta economica in gioco è utile spulciare i dati di bilancio di Scf, i quali mostrano che nel 2015 i diritti connessi hanno raggiunto i 53,2 milioni di euro, con un incremento del 40% rispetto all’anno precedente. L’Italia è il nono mercato mondiale e l’incidenza dei diritti ormai si avvicina al 30% dell’intero giro d’affari dell’industria in Italia e garantisce margini molto elevati. Per Mazza, il contenzioso con Viale Mazzini sposterebbe parecchi soldi: “Nel 2016 Rai varrebbe 1,2 milioni di euro e peserebbe per l’11% sul totale del broadcasting (10,6 milioni di euro). La Rai è un’importante azienda di contenuti e anche gli ultimi annunci sul fronte musicale provano che la musica è centrale nella strategia del broadcaster pubblico. Non è tuttavia tollerabile che l’azienda di Stato non paghi i diritti musicali dovuti a imprese e artisti”.

 

(Nella foto la statua equestre di Viale Mazzini)