Pubblicato il 25/08/2016, 12:01 | Scritto da La Redazione
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Mediaset-Vivendi: è ancora guerra aperta

Mediaset-Vivendi: è ancora guerra aperta
Oggi il cda del gruppo guidato da Bolloré non formulerà nessuna ipotesi di ricucitura dopo la rottura dell'intesa. Diplomazie al lavoro, ma le cause da 2 miliardi vanno avanti. Così Giovanni Pons su “La Repubblica”.

Vivendi-Premium fumata nera, il braccio di ferro continua

 

Rassegna stampa: La Repubblica, pagina 34, di Giovanni Pons.

Oggi il cda del gruppo guidato da Bolloré non formulerà nessuna ipotesi di ricucitura dopo la rottura dell’intesa. Diplomazie al lavoro, ma le cause da 2 miliardi vanno avanti.

Un nuovo accordo tra Vivendi e Mediaset per l’acquisizione della pay tv Premium ancora non c’è e probabilmente bisognerà aspettare tutto settembre per vedere se alla fine si concretizzerà. Ma durante il mese di agosto il dialogo tra i due gruppi è stato vivo e da entrambe le parti sembra vi sia la volontà di arrivare a una soluzione consensuale, senza approdare in tribunale. Anche se formalmente lo scontro appare molto duro, viste le citazioni per danni depositate nei giorni scorsi sia da Mediaset sia da Fininvest, per un risarcimento che potrebbe arrivare fino a 2 miliardi di euro. Intanto oggi si riuniscono i consigli di amministrazione del gruppo francese per esaminare i conti semestrali e inevitabilmente verrà toccato anche il tema di Premium, su cui l’ad Arnaud de Puyfontaine dovrà dare spiegazioni anche agli analisti.

De Puyfontaine potrebbe sostenere che Mediaset sapeva già da qualche mese dei dubbi che Vivendi nutriva rispetto ai conti di Premium, viste le lettere inviate a maggio e a giugno. Ma in tali lettere, a quanto sostiene il fronte Mediaset, non si metteva in alcun modo in discussione l’architettura dell’operazione, tanto è vero che è stata chiesta e ottenuta, da parte dei francesi, l’autorizzazione dell’AgCom. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata invece la lettera inviata il 25 luglio da de Puyfontaine al cda Mediaset in cui ipotizzava l’acquisto di una quota minore di Premium ( 20%) e la salita fino al 15% nel capitale della società televisiva di Cologno Monzese. Una mossa poco ragionata che ha instillato il dubbio nella famiglia Berlusconi e nei manager del gruppo che il vero intento di Vivendi e del suo presidente e maggiore azionista Vincent Bolloré fosse quello di arrivare a controllare le tv in chiaro di Mediaset, attraverso il cavallo di Troia della pay tv. E quel dubbio non è stato ancora superato, tanto è vero che l’ipotesi alternativa di una salita di Vivendi fino al 7% di Mediaset, una volta che la società italiana avrà ottenuto il voto maggiorato sulla quota del 3,5% del gruppo francese, al momento è stata accantonata.

L’oggetto delle discussioni, oggi ancora informali, riguarda la possibilità per entrambi i gruppi di acquisire una quota di Premium che non obblighi al consolidamento dei conti dei rispettivi bilanci. Ecco perché negli ultimi giorni si è pensato alla possibilità di far scendere in campo un fondo internazionale che si metta in portafoglio una quota pari a circa il 20% di Premium (per un controvalore di circa 130 milioni e con una put a 34 anni ), in modo da lasciare Mediaset e Vivendi con una quota del 30% a testa e chiedendo a Telefonica di restare nel capitale con il suo 11%. In questo modo non esisterebbe alcun socio di controllo di Premium e non sarebbe neanche necessaria l’autorizzazione antitrust. Ma prima della fine di settembre sarà difficile arrivare a una soluzione finale e, anzi, il rischio di naufragio delle trattative e di spostamento della vertenza nelle aule dei tribunali è comunque concreto. Secondo i legali di Mediaset vi sono pochi dubbi sulla vittoria finale, vista l’inconsistenza di argomentazioni della controparte ed entro due anni si dovrebbe arrivare a una sentenza di primo grado esecutiva.

 

(Nelle foto le sedi di Mediaset e Vivendi)