Pubblicato il 28/07/2016, 11:32 | Scritto da La Redazione
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I dipendenti Rai costano come quelli di Mediaset e Sky messi insieme

I dipendenti Rai costano come quelli di Mediaset e Sky messi insieme
La tv di Stato spende per il personale il 38% dei ricavi. A Mediaset e Sky meno della metà. Così Gian Maria De Francesco sul quotidiano “Il Giornale”.

Viale Mazzini da record: i dipendenti costano più di tutte le altre tv

 

Rassegna stampa: Il Giornale, pagina 8, di Gian Maria De Francesco.

La tv di Stato spende per il personale il 38% dei ricavi. A Mediaset e Sky meno della metà.

Facciamo un gioco. Sommiamo i 5.484 dipendenti del gruppo Mediaset (inclusi quelli delle attività spagnole e della società di trasmissione Ei Towers) al 31 dicembre 2015, i 773 di Cairo Communication (che oltre a La7 include le varie testate periodiche) sempre a fine 2015 e i 2.703 di Sky Italia al 30 giugno dell’anno scorso (l’esercizio finanziario chiude a metà anno). Il risultato è 8.960 unità tonde tonde, cioè 2.865 persone in meno della sola Rai spa alla fine del 2015. Si comprende bene, quindi, come gli 888,3 milioni di costi del personale abbiano inciso per il 38% sui 2,353 miliardi della tv pubblica. Il dato è superiore al 30,6% di La7 (33,2 milioni su 108,4 di ricavi) che, tuttavia, non deve trarre in inganno giacché buona parte della forza lavoro del gruppo Cairo si concentra nella tv a differenza degli introiti. Tale quota, invece, per il Biscione scende al 14,8% (520,5 milioni su 3,524 miliardi di ricavi) e per Sky Italia addirittura al 7,1% (198 milioni su 2,776 miliardi di fatturato).

Il problema dei 94 dirigenti Rai e dei 20 collaboratori con stipendi sopra i 200mila euro, pertanto, è secondario rispetto alla competitività del gruppo, soprattutto, alla produttività. Secondario perché la maggior parte dei ricavi Rai è rappresentata dal canone che da questo mese stiamo pagando nella bolletta elettrica. Ci si può domandare allora perché Sky Italia che è il secondo player televisivo per ricavi dietro Mediaset riesca a conseguire buoni risultati (il 2015 si è chiuso con 24,2 milioni di utili) con 152 dirigenti, la metà di quelli Rai. Oppure perché Urbano Cairo, diventato da una settimana editore del Corriere della Sera, tenga testa a un rispettato gruppo editoriale con soli 30 manager. Se, invece, vogliamo considerare il cosiddetto «servizio pubblico» di cui la parte preponderante è l’informazione bisogna dire che il gruppo guidato da Fedele Confalonieri e Pier Silvio Berlusconi fornisce un buon prodotto con 337 giornalisti in Italia e 141 in Spagna.

La controllata di News Corp ha alle proprie dipendenze 352 giornalisti, mentre tutto il gruppo Cairo ne conta 222 dei quali un centinaio a La7. A queste annotazioni si possono aggiungere i rilievi formulati da Ricerche & Studi Mediobanca relativi ai bilanci 2014 (2015 per la sola Sky). Il valore aggiunto netto per dipendente in Rai è sceso sotto la soglia dei 70mila euro a quota 69mila. Ben lontani dai 100mila di Sky Italia e dai 139mila di Mediaset. Il costo del lavoro per unità di prodotto (costo del lavoro per dipendente/valore aggiunto) nel 2014 è stato pari al 67,6% per Mediaset, al 74,6% per Sky e al 111,6% per la Rai. Questo significa che chi lavora a Viale Mazzini costa più di quello che produce. Anche a La7 è così, ma Cairo può vantarsi di aver aumentato in soli due anni la produttività dei dipendenti a livelli stratosferici grazie ai tagli sugli altri costi.

Quando si guarda all’«Operazione Trasparenza» della Rai con quei 94 megastipendi non si può non guardare con l’altro occhio all’analisi di Mediobanca che ricorda come la tv pubblica tra il 2010 e il 2014 abbia cumulato perdite nette per 287 milioni di euro e come tra l’altro questo risultato sia stato «drogato» dalla plusvalenza di 236 milioni sull’Ipo di Rai Way. Ora il dg Antonio Campo Dall’Orto avrà pure buon gioco a dire che la Rai ha stipendi più bassi dei suoi competitor e che, se si eccettua la tedesca Ard-Zdf, le performance negative sono in linea con quelle di Bbc e France Télévisions. Ma i numeri raccontano un’altra realtà: quella di un gruppo media che è un enorme «parcheggio pubblico».

 

(Nella foto la statua equestre di Viale Mazzini)