Pubblicato il 26/07/2016, 13:32 | Scritto da La Redazione
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Matteo Renzi non è convinto della nuova Rai

Matteo Renzi non è convinto della nuova Rai
Il premier, ai suoi collaboratori, esprime preoccupazione per la promessa rivoluzione della tv di Stato, che finora non c’è stata. Così Maria Teresa Meli sul “Corriere della sera”.

Il gelo del premier su viale Mazzini: la rifondazione ancora non si vede

 

Rassegna stampa: Corriere della sera, pagina 13, di Maria Teresa Meli.

Raccontano che Matteo Renzi sia piuttosto arrabbiato per la piega che sta prendendo la vicenda della Rai. Il premier non ci sta a essere criticato da Beppe Grillo e dai suoi, come da altri esponenti delle forze di opposizione, per i compensi dei dirigenti e dei giornalisti della Tv di Stato, come se fossero frutto di una sua scelta: «Le decisioni sulla Rai spettano ai vertici dell’azienda». «Questa norma che prevede di mettere tutto online per garantire la trasparenza l’abbiamo voluta noi, non loro e nemmeno Brunetta e con che faccia possono attaccarci?», si è sfogato perciò il premier con i collaboratori. Tra l’altro, quello che il governo non riesce proprio a mandare giù è la decisione dei vertici di viale Mazzini di mettere online gli stipendi proprio adesso, quando gli italiani si troveranno nella bolletta dell’elettricità il sovrappiù del canone Rai. «Così la gente si incavola con noi», commentano a Palazzo Chigi, dove nessuno crede che la coincidenza sia voluta, ma si ritiene che sia stata solo la conseguenza di un’iniziativa «maldestra».

Dal governo, come del resto dal Pd, non arriva certamente una mano in soccorso di Campo Dall’Orto: «Noi abbiamo fatto una legge, gli abbiamo dato dei poteri, ora come amministratore è lui a rispondere delle sue azioni». E Michele Anzaldi, membro della commissione di Vigilanza Rai, lascia intendere che «la Corte dei conti potrebbe interessarsi di questa vicenda». Ma quello che sta succedendo sugli stipendi è solo l’ultimo di una serie di episodi che ha portato Renzi ad allontanarsi da Campo Dall’Orto. Quello che qualche tempo fa il premier definiva «un amico che stimo molto» (e infatti lo aveva voluto in Rai) ora non viene più visto troppo di buon occhio a Palazzo Chigi. Al presidente del Consiglio non sono piaciute molte delle nomine fatte dal direttore generale: «Veramente bellissime», ironizzava ieri il premier con un paio di collaboratori. Anche per questo Renzi mal sopporta che le nomine («Su cui non ho mai messo bocca», ha sempre assicurato) siano state messe in carico a lui. E il governo non ha gradito nemmeno che alle persone chiamate dall’esterno dai nuovi vertici della Rai siano stati dati degli stipendi «così alti», anche nei casi in cui «non si capisce bene quale sia la competenza in materia televisiva».

Ma c’è un altro aspetto dell’attuale gestione della Tv di Stato che lascia perplesso il premier. «Io avevo auspicato una rifondazione del servizio pubblico, però questi non la stanno ancora facendo», è stato il commento amaro che ha affidato a qualche collega di governo. Dopo la riforma, Renzi immaginava la nascita di «una nuova Rai» e adesso scalpita perché non vede profilarsi questo progetto all’orizzonte. E nel governo temono che, semmai questo avverrà, sarà troppo tardi, «perché non c’è ancora né un piano editoriale né un piano industriale». Il premier, però, ufficialmente preferisce il silenzio. Non vuole essere invischiato in queste beghe, lui che ha sempre sostenuto «di non avere e non volere nessun controllo sulla Rai». Su questa polemica si preferisce tenere un profilo basso, anche per rispettare la linea del premier: «Rispettare l’autonomia della Rai». Ciò non significa che il governo resterà con le mani in mano per quello che riguarda le sue competenze in materia. Già un po’ di tempo fa il premier non aveva escluso un ulteriore abbassamento del canone per il 2017: «Credo che sia possibile», aveva detto. Ed è allo studio un progetto per diminuire la pubblicità sulle reti Rai, dal momento che nelle casse della Tv di Stato arriveranno più introiti dal canone, che ormai è impossibile evadere. Di privatizzazione, invece, almeno ufficialmente non si parla. Ma l’ipotesi continua a circolare nei Palazzi della politica. Anche perché gli stessi esponenti M5S non sarebbero contrari a un’operazione del genere.

 

(Nella foto Matteo Renzi)